Leggere tra le righe: “Un posto piccolo” di Jamaica Kincaid e la colonizzazione britannica ad Antigua

Simone D'Ercole | Instagram: @Side_Book

Non puoi capire che rabbia provo dentro di me nel sentir dire dai nordamericani quanto è bella l’Inghilterra. […] Quello che vedo io sono milioni di persone, di cui io faccio parte, rimaste orfane: niente madrepatria, niente dèi, niente cumuli di terra sacra […] e peggio ancora, la cosa più dolorosa di tutte: niente lingua. […] La lingua del criminale può contenere soltanto la bontà delle azioni del criminale.

È “Un posto piccolo” quello che dona il titolo al volume di Jamaica Kincaid: si tratta di Antigua, minuscolo isolotto caraibico appartenente allo Stato di Antigua e Barbuda, ex colonia britannica oggi indipendente. Appartenente al genere della “saggistica creativa” – non è un romanzo, non è un saggio in senso stretto – l’opera largamente autobiografica di Jamaica Kincaid raccoglie, in meno di cento pagine, riflessioni densissime.

La storia coloniale

Tema centrale del volume di Kincaid è la colonizzazione britannica e le sue conseguenze. La storia moderna di Antigua e dell’arcipelago dei cosiddetti Caraibi inglesi è infatti una storia prettamente coloniale. I primi insediamenti britannici risalgono al 1632. A differenza di altre isole caraibiche, ad Antigua la popolazione indigena fu spazzata via dai coloni. Questi avviarono sull’isola un’economia di piantagione – principalmente tabacco e canna da zucchero. A lavorare la terra erano prevalentemente persone provenienti dal continente africano, ridotte in schiavitù dai coloni inglesi all’interno della più ampia tratta degli schiavi. In meno di dieci anni, la popolazione antiguana indigena fu quasi completamente sostituita da persone afrodiscendenti, andando a costituire la “nuova” popolazione locale. Se le forme di governo dell’isola subirono lievi cambiamenti lungo il XVIII e il XIX secolo, l’amministrazione locale rimase sostanzialmente gestita dai coloni, facendo capo a un governatore britannico.

Nei Caraibi inglesi, e dunque anche ad Antigua, la schiavitù fu abolita nel 1838 con lo Slavery Abolition Act. Questo provvedimento mandò in crisi l’economia locale, basata sulla manodopera di schiavi, che non seppe rinnovarsi. Oltre a ciò, a mettere in ginocchio l’economia e a impoverire ulteriormente la regione contribuirono un terremoto e un uragano nel decennio successivo.

Fra il XIX e il XX secolo, le spinte indipendentiste della popolazione si rafforzarono fino a concretizzarsi nel Partito laburista antiguano, che vinse le prime elezioni a suffragio universale, tenutesi nel 1951. La colonia ottenne l’indipendenza formale nel 1956, ed entrò nella Federazione delle Indie Occidentali nel 1958. La Federazione aveva l’obiettivo di creare un’unità politica in grado di emanciparsi dal Regno Unito in quanto singolo Stato. Tuttavia, la Federazione collassò a causa di conflitti politici interni prima di raggiungere questo obiettivo, nel 1962. Proseguirono comunque le discussioni volte a creare un’indipendenza di fatto. Con l’Atto delle Indie Occidentali (West Indies Act) Antigua ottenne il controllo degli affari interni, mentre questioni legate agli affari esteri e alla difesa erano amministrate direttamente dalla corona inglese. 

Il fronte indipendentista si rafforzò durante gli anni Settanta, in particolare grazie al Primo ministro George Walter, che tuttavia perse le elezioni del 1976. Al suo posto fu eletto Vere Bird, che al contrario propendeva per l’integrazione secondo il progetto federale britannico delle Indie occidentali. Nel 1981, Antigua e Barbuda ottennero finalmente la piena autonomia e furono riconosciute come Stato indipendente dalle Nazioni Unite e dalle organizzazioni internazionali. Lo Stato di Antigua e Barbuda entrò così nel Commonwealth britannico. La nuova Costituzione ne definì lo status di monarchia costituzionale bicamerale – a cui fa capo un Primo ministro – e riconobbe la Regina Elisabetta II come capo dello Stato.

Anche dopo l’indipendenza, l’economia di Antigua rimase molto povera. A peggiorare la situazione vi fu il violento terremoto del 1974, che devastò le deboli infrastrutture dell’isola, che per molti anni non furono ricostruite, lasciando gli isolani sprovvisti di molti servizi di base. 

Oggi, l’economia di Antigua si regge su due pilastri. Il primo è il settore finanziario e degli investimenti bancari (Antigua è stata inserita dall’OCSE nella lista nera dei paradisi fiscali per via della scarsa trasparenza che offre in merito alle transazioni finanziarie). Il secondo è il settore del turismo, tema centrale dell’opera di Kincaid.

La turistificazione come struttura neocoloniale

Per turistificazione si intende l’insieme di processi che contribuiscono all’alienazione del patrimonio immobiliare e dello spazio pubblico e al cambio di destinazione d’uso di quello privato. Poiché il turismo (specialmente quello di lusso) rappresenta una grande fonte di rendita, beni e spazi pubblici vengono sottratti alla popolazione e riconvertiti in strutture turistiche per trarne guadagno. Allo stesso modo, beni e spazi privati non vengono più dedicati ad attività rivolte alla popolazione locale, bensì ai turisti. Ciò significa, ad esempio, che terreni che prima ospitavano ricchi ecosistemi, indispensabili per mantenere l’equilibrio ambientale dell’isola, vengono ora utilizzati per erigere strutture di accoglienza turistica. In modo simile, non vengono fatti investimenti per potenziare infrastrutture e servizi pubblici. Al contrario, vengono privilegiati investimenti nel settore dell’accoglienza turistica e del lusso, togliendo spazi, risorse e servizi alla popolazione locale.

Nel volume, Kincaid sottolinea anche la dimensione della “turistificazione culturale” di Antigua, ossia il fatto che i processi di turistificazione siano stati il secondo stadio di cancellazione dei saperi autoctoni dell’isola, dopo il primo stadio attribuibile alla lunga colonizzazione inglese. Il turismo diventa così una struttura neocoloniale, caratterizzata dallo sfruttamento delle risorse e della forza lavoro locali, volto ad arricchire i pochi investitori privati esteri, a discapito della popolazione. 

Il caso di Antigua presenta poi una stratificazione di problematiche ancora più complessa, strettamente relativa all’identità dei suoi abitanti. Infatti, mentre in altre parti del mondo il processo di decolonizzazione e le difficoltà causate dall’eredità coloniale coinvolgono una riscoperta del passato, dei saperi e delle pratiche delle popolazioni indigene, ciò non è possibile ad Antigua. Come accennato, le popolazioni autoctone caraibiche furono velocemente sostituite dalla popolazione afrodiscendente schiavizzata. Pertanto, l’identità della popolazione isolana è legata a doppio filo con il proprio trascorso coloniale. L’emancipazione da quest’ultimo è resa ancora più difficile dal fatto che alle popolazioni non è possibile recuperare il proprio passato culturale, non avendo più legami con il loro luogo d’origine (l’Africa occidentale) né con il loro luogo di nascita e provenienza (Antigua), al di fuori dell’esperienza coloniale. In questo quadro, il processo di turistificazione neocoloniale rende ancora più difficile la creazione di un nuovo spazio identitario.

Infine, da un punto di vista istituzionale, Antigua ha mantenuto un modello di governance dello Stato che ricalca le istituzioni occidentali che l’hanno colonizzata. Pertanto, non solo l’identità, ma anche i rapporti sociali e di potere nell’isola di Antigua sono saldamente intrecciati alle strutture gerarchiche importate dai coloni. 

In meno di cento pagine, Kincaid offre questi e altri spunti per approdare a riflessioni più ampie su colonialismo ed economia, sul rapporto tra coloni e colonizzati e sull’eredità coloniale di un territorio impoverito da secoli di dominio occidentale.

 

Fonti e approfondimenti

Caribbean Elections, “Independence in Antigua and Barbuda”, KnowledgeWalk Institute, 2021.

Handy, Gemma, “Unearthing Antigua’s slave past”, BBC, 27/02/2016.

Sorlin, Sandrine, “Ideological crossing: ‘you’ and the pragmatics of negation in Jamaica Kincaid’s A Small Place”, Études de stylistique anglaise, 7 | 2014, 11-25.

Zito, Giacomo, “L’altra America: i Caraibi inglesi”, Lo Spiegone, 16/02/2019.

 

Editing a cura di Cecilia Coletti

Copertina a cura di Simone D’Ercole

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