Con la denominazione di Caraibi inglesi si intende indicare un insieme di Stati indipendenti – ex colonie – e territori dipendenti dal Regno Unito bagnati dal Mar dei Caraibi. In questo gruppo rientrano 10 Stati insulari e 7 Territori d’Oltremare Britannici (British Overseas Territories, ‘BOT’), oltre che il Belize, ovvero l’antica colonia dell’ “Honduras britannico”.
Un elenco veloce. Tra i Territori d’Oltremare Britannici, in ordine alfabetico, ci sono: Anguilla, le Bermuda, le Isole Cayman, le Isole Vergini Britanniche, Montserrat e Turks e Caicos. Gli Stati indipendenti, invece, sono: Antigua e Barbuda, le Bahamas, Barbados, Dominica, Giamaica, Grenada, Saint Kitts e Nevis, Saint Vincent e Grenadine, Saint Lucia e Trinidad e Tobago.
Geologia e Geografia
@Alataristarion – Wikimedia Commons – CC BY SA 4.0
Osservando le placche continentali, si può notare che numerose isole caraibiche (in prevalenza le Piccole Antille) sono collocate in un arco dove si incontrano la placca caraibica e quelle Nord e Sud americane. L’interazione con la placca sudamericana è caratterizzata da un movimento di subduzione che porta la crosta della placca caraibica a innalzarsi sopra quella sudamericana. Questa interazione ha portato alla creazione di un arco di isole basse e pianeggianti, accostate da un altro arco, parallelo, di isole vulcaniche. Tra i tanti vulcani attivi nella zona, il più famoso è la montagna Pelée che nel 1902 scoppiò distruggendo St. Pierre, l’ex capitale di Martinica – all’epoca colonia dell’Impero francese.
Le differenze tra le varie conformazioni geologiche ha condizionato molto lo sfruttamento da parte dei coloni europei, dal momento della conquista fino ai giorni nostri. Le isole più pianeggianti, infatti, non riescono a trattenere le nubi trasportate dai venti Alisei (i ‘trade wind’), e sono quindi più secche e meno predisposte alla coltivazione. Allo stesso tempo, le isole di origine vulcanica fisicamente più montuose si sono rivelate più difficili da conquistare da parte degli europei, nonostante il clima fosse più adatto alla coltivazione di prodotti tropicali. Se il clima cambia a seconda dell’isola, c’è un periodo dell’anno in cui tutta la regione è in subbuglio: da metà agosto fino a metà novembre (fine del periodo più caldo), i Caraibi sono tormentati dalla presenza costante di uragani.
Storia moderna
Se la conformazione geologica ha avuto un ruolo determinante all’epoca della conquista, la posizione geografica è risultata altrettanto importante nei secoli successivi. Già dal XVI secolo, la presenza di questo arcipelago sulla rotta dei velieri spagnoli che riportavano dalle Indie Occidentali immensi tesori divenne un luogo ideale per il prosperare di atti di pirateria. Successivamente, le isole vennero mano a mano conquistate dagli europei e furono istituite le prime colonie. Il processo di stanziamento non fu semplice, dato che i Kalinago si difesero a denti stretti in molte isole.
Con l’inizio dell’Era elisabettiana e la sconfitta dell’Invicibile Armata di Filippo II nel 1588, la Spagna cedette simbolicamente il dominio dei mari occidentali all’Inghilterra. Il XVII e XVIII secolo segnarono, quindi, la schiacciante vittoria dell’Impero britannico su tutti i mari – dopo aver ripetutamente sconfitto l’Olanda sul “mare di battaglia”, aver assistito alla disgregazione della corona spagnola e aver schiacciato i francesi in un conflitto durato 7 anni. Con il susseguirsi di queste guerre si formarono i possedimenti inglesi nei Caraibi come li conosciamo oggi. Solo Napoleone cambierà gli equilibri del gioco, strappando Martinica (territorio occupato durante la Guerra dei Sette Anni) agli Inglesi nel 1802, con il Trattato di Amiens.
Nel 1898, con la guerra tra Spagna e Stati Uniti, scomparve definitivamente la presenza del Paese iberico dallo scacchiere caraibico. Al suo posto, subentrarono gli Stati Uniti, prendendo possesso di Cuba, Puerto Rico e di parte delle Isole Vergini.
Nei Caraibi inglesi la schiavitù fu abolita nel 1833 con lo Slavery Aboliction Act, circa 15 anni prima dei possedimenti francesi, dove – nonostante l’Illuminismo napoleonico – si dovette aspettare fino al 1848.
@Kmusser – Wikimedia Commons – CC BY SA 3.0
Storia contemporanea e conformazione politica
La conformazione politica attuale si è realizzata solo molto di recente. Dal 1958 al 1962, tutte le colonie britanniche nei Caraibi sono converse nella West Indies Federation – un tentativo del Regno Unito di unificare le proprie colonie sotto un’unica federazione, sperando che un giorno avrebbero potuto raggiungere l’indipendenza come unico Stato. Fallito il progetto, dal 1962 in poi ogni comunità ha agito per conto proprio, decidendo (a volte per via referendaria) di rimanere o meno dipendente dal Regno Unito.
Oggi, l’andamento isolazionista sembra aver lasciato il posto a una politica molto più tendente all’unità. Tra i migliori risultati di questa tendenza, va annoverata la Caribbean Community (CARICOM), un’organizzazione che coordina la politica estera di tutti i suoi membri e tende a migliorare la collaborazione tra gli stessi.
Popolazione e lingua
Tutti i Caraibi inglesi hanno una popolazione molto simile: quasi il 90% dei cittadini ha origini africane. Questa maggioranza, in molti casi, detiene anche il potere economico e politico, secondo gerarchie importate dal modello europeo. Le popolazioni indigene degli Arawak e dei Kalinago (anche conosciuti con il termine spagnolo di Caribes) sono, invece, quasi scomparse. Da cosa è dipesa questa sparizione?
Con il termine “Arawak” si usa racchiudere tutti i popoli che parlavano in una delle lingue del ceppo dell’Arawak, al cui interno rientrano anche i Tainos, che fu il popolo contro cui si scontrarono gli europei al loro arrivo nei Caraibi settentrionali. Gli Arawak furono i primi a colonizzare i Caraibi e dovettero subire, successivamente, l’arrivo dei Kalinago, descritti dai cronachisti europei come un popolo molto più violento e battagliero.
Confinati e costretti in schiavitù dagli europei, decimati da guerre e malattie, i Kalinago e gli Arawak sono quasi del tutto scomparsi dalle isole dei Caraibi. Sull’isola di Montserrat, ad esempio, nel 2001 si attestava la presenza di soli 3 discendenti di queste popolazioni. Le uniche comunità che hanno resistito nel tempo si trovano su due delle isole più impervie dell’arcipelago: Dominica e St. Vincent. La peculiare storia di resistenza di queste due isole è emblematica, e ancora oggi segna delle profonde differenze con le altre realtà.
La più grande comunità di Kalinago dei Caraibi si trova a Dominica, dove un nutrito gruppo di “Black Caribs”, ad oggi, cerca di vivere il più lontano possibile da qualsiasi contatto con gli europei. I discendenti sono infelicemente appellati come “black” poiché il loro sangue si è mischiato, nel corso degli anni, con quello degli schiavi africani. Anche a St. Vincent esiste una comunità simile e i suoi membri si fanno chiamare Garinagu.
Caso a sé stante è lo Stato insulare di Trinidad e Tobago, dove quasi la metà della popolazione è di origine indiana. Tra 1874 e 1917, infatti, l’isola è diventata meta di una massiccia migrazione dall’India, da dove la gente scappava alla ricerca di un futuro migliore. Nonostante i numeri inferiori, la presenza di discendenti indiani è accertata anche nel resto dei Caraibi inglesi. Rimane, quindi, la seconda comunità per importanza nella regione.
La lingua veicolare è l’inglese, quella vernacolare il creolo – ovvero un miscuglio di inglese, francese e varie lingue africane. Dell’antica lingua Arawak non sono rimaste tracce, se non in alcune parole come “tabacco”, “mais”, “canoa”, “amaca” e “uragano”.
Economia
Nella regione caraibica esiste un grande divario economico a seconda delle isole. Un esempio lampante è l’isola di Hispaniola, oggi divisa tra la Repubblica Dominicana – Stato in una buona condizione economica – e Haiti – uno degli Stati più poveri al mondo.
Tra i Caraibi inglesi questa differenza non è così sostanziale, grazie alla loro presenza in alcuni circuiti commerciali internazionali e a una maggiore organizzazione politica. Rispetto alla vecchia West Indies Federation, esistono oggi numerosi enti che puntano a una migliore cooperazione economica e politica. La Caribbean Development Bank (CDB), ad esempio, è un’istituzione che cerca di aumentare la cooperazione tra i vari Stati insulari per riuscire a incrementare la crescita di tutti i territori.
Da quanto emerge dalla conferenza annuale tenuta dalla CDB, l’intera area è in un momento di crescita economica. Il settore più in espansione è quello delle costruzioni (principalmente turistiche), che ha permesso a Grenada di aumentare il proprio PIL di più del 5% solo nel 2018.
Altri settori trainanti dell’economia caraibica sono il turismo e il commercio, nonostante ogni anno la stagione degli uragani provochi danni immensi. Il presidente della CDB, William Warren Smith, ha recentemente sottolineato l’importanza di creare un’economia più resiliente e capace di resistere a queste disgrazie ricorrenti. Infatti, anche se il 2018 sembra essere stato un anno di grazia per la regione, negli anni precedenti gli uragani hanno devastato numerose isole (Dominica, St. Martin, Anguilla e Barbuda solo nel biennio 2016-17), lasciando danneggiati per lungo tempo i settori turistico e manifatturiero.
Il futuro della regione, seppur incerto, potrà essere deciso solo grazie a forti prese di posizione. La storia, che ancora oggi si ripercuote sul rapporto tra i popoli caraibici, gioca un ruolo fondamentale. Senza unità, le numerose isole dei Caraibi resteranno al gioco del dominatore di turno che saprà sfruttarle secondo il suo interesse. Solo con il mantenimento di una linea di cooperazione – attraverso lo sviluppo di infrastrutture e di mezzi che permettano maggiori scambi e interazioni fra le isole – i Caraibi inglesi potranno conquistare una loro indipendenza e forza economica.
Fonti e approfondimenti
- Edwards A, Locations of the Caribbean
- Kevin Edmonds, Fifty Years of Caribbean Independence: Real and Imagined, NACLA Report on the Americas, vol.45 n.3, Taylor and Francis 2012, p.60-63
- Zito G, Grenada, una piccola isola per una grande nazione: storia di sofferenze e riscatti, Lo Spiegone, 15/01/2018