L’Altra America: Guyana

Guyana
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La Guyana è uno tra i Paesi più poveri al mondo, ma nel giro di pochi anni si troverà a gestire un giacimento di petrolio da circa 8 miliardi di barili. Ex colonia del Regno Unito, è oggi una nazione frammentata, con un popolo politicamente ed etnicamente diviso tra due fazioni. Uno Stato il cui territorio è conteso con i giganti vicini, soprattutto a causa della sua enorme ricchezza; e proprio alla Guyana è dedicato il capitolo conclusivo del progetto l’Altra America.

Geografia

La Guyana è uno Stato dell’America meridionale che si affaccia sul mar dei Caraibi. A sud e a est è stretto dai due giganti Brasile e Venezuela. A ovest confina con il Suriname, con cui condivide molti aspetti legati alla cultura, alla popolazione e alla storia.

Il suo territorio è caratterizzato da una zona montuosa a sud-ovest, che dopo una modesta area collinare si risolve in una vasta pianura alluvionale, creatasi grazie ai detriti trasportati dai numerosi fiumi che percorrono il Paese. 

Ricca di risorse naturali, la Guyana sostiene la propria economia soprattutto grazie alle esportazioni di materie prime, in primis di bauxite e oro. Negli ultimi anni, grazie alle recenti ricerche, sono stati scoperti anche importanti giacimenti di petrolio

Storia della Guyana

La Guyana condivide la propria storia moderna con la maggior parte dei Paesi dell’area caraibica. I primi europei a occuparne i territori furono gli olandesi nel 1581 e vi rimasero fino a quando, con le guerre napoleoniche, il territorio dell’attuale Stato passò alla dominazione inglese. Con il congresso di Vienna, il territorio dell’attuale Guyana venne quindi definitivamente assegnato alla Gran Bretagna e nel 1831 prese il nome di Guyana Britannica.

Durante tutto il periodo coloniale i territori della Guyana vennero sfruttati attraverso le piantagioni di caffè e zucchero. Per la manodopera vennero usati per oltre due secoli schiavi provenienti dall’Africa. Poi, nel 1838, anche in Guyana venne abolita la schiavitù e per mantenere la manodopera nelle piantagioni vennero importati lavoratori dall’India

L’attuale Guyana 

Nel 1966 l’ex colonia si rese indipendente e da allora la vita politica della Guyana è contraddistinta dai due gruppi etnici più numerosi, divisi in due partiti. Il primo e più importante è il People’s Progressive Party (PPP), ora sostenuto dai discendenti dei lavoratori indiani, anche se  nato nel secondo dopoguerra come partito multietnico di stampo marxista. Sette anni dopo la sua nascita, nel 1957, alcuni dissidenti presero le distanze da questo e crearono il People’s National Congress (PNC), più aperto alla presenza del privato in economia ed espressione della popolazione di origine africana.

Se negli anni ‘70 e ‘80 il PNC mantenne un saldo vantaggio elettorale, dalla fine degli anni ‘90 e per tutti gli anni zero il Paese è stato invece guidato dal PPP. Alle ultime elezioni, tenutesi nel marzo del 2020, c’è stato l’ultimo di una serie di cambi di potere tra i due partiti più importanti.

Il presidente uscente David Arthur Granger (PNC), è stato infatti battuto da Mohamed Irfaan Ali, del PPP. L’elezione del nuovo presidente ha una particolare rilevanza storica: Ali è infatti il primo presidente musulmano praticante alla guida di un Paese dell’America latina.

Economia

Tra i temi decisivi per la vittoria di Ali c’è stata la gestione della nuova ricchezza della Guyana, il petrolio. Secondo le stime della Exxon Mobil, una delle tre compagnie petrolifere che gestisce le ricerche offshore, la Guyana diventerà infatti uno dei Paesi esportatori di oro nero più importanti al mondo.

Si tratterebbe di un sostanzioso balzo in avanti dell’economia, al momento sostenuta dalle esportazioni di prodotti alimentari e risorse minerarie come bauxite e oro. Secondo le previsioni il Pil potrebbe aumentare vertiginosamente già nella prima metà del 2020. Dai giacimenti si potrebbe arrivare a produrre più di 750.000 barili di petrolio al giorno, quasi uno per ogni abitante del Paese. Si tratta di un numero ragguardevole anche per Paesi ben più grandi della Guyana, e sin da subito la scoperta ha attirato attenzioni indesiderate.  

La disputa territoriale

Il blocco Stabroek, zona in cui sono avvenute la maggior parte delle scoperte di giacimenti petroliferi, si trova in acque che sono tutt’oggi in disputa tra la Guyana stessa e il vicino Venezuela. La Repubblica bolivariana, infatti, rivendica da più di un secolo il controllo su più della metà dell’attuale Guyana. 

Il pretesto è quello di aver conquistato quel territorio durante le guerre d’indipendenza latinoamericane nel 1870, ma di averlo perso a causa di una decisione presa da un Tribunale creato ad hoc nel 1899. Il Venezuela ha da sempre difeso la sua posizione, dichiarando di non aver mai accettato la decisione e aprendo così numerose crisi diplomatiche con il Regno Unito.

Il territorio conteso prende il nome di Guyana Esequiba (dal nome del fiume che dovrebbe segnare il vero confine tra i due Paesi), il più ricco di materie prime dell’ex colonia inglese. Oltre agli importanti giacimenti minerari, la Guyana Esequiba comprende la foce del fiume stesso e le acque territoriali in cui si trovano i giacimenti scoperti dalla Exxon Mobil.

Ora quel territorio viene riconosciuto dalla comunità internazionale alla Guyana, ma si tratta di un caso ancora aperto. Della contesa si sta occupando in questi anni la Corte Internazionale dell’Aia. Il governo del Venezuela, però, non rispetta la sua autorità in materia, motivo per cui puntualmente non invia nessun rappresentante alle udienze che vengono fissate, l’ultima si è tenuta il 18 dicembre 2020.

Popolazione e lingua

Così come per gli altri Paesi dell’area caraibica, la popolazione della Guyana è composta per la stragrande maggioranza dai discendenti degli schiavi e dei lavoratori importati dai colonialisti europei

Come avvenne in Suriname e Trinidad e Tobago, anche in Guyana, con la fine della schiavitù, sono stati importati dagli europei lavoratori dall’Asia per sopperire alla mancanza di manodopera nelle piantagioni. Oggi i discendenti di questi operai, provenienti in maggioranza dall’India (all’epoca parte dell’Impero), sono più della metà della popolazione guyanese. 

Il secondo gruppo etnico per dimensioni è quello degli africani e afro-guyanesi, che rappresenta più del 40% degli abitanti. Infine c’è un modesto ma comunque sostanzioso gruppo di amerindi e una piccola minoranza di europei e cinesi.

Le lingue parlate in Guyana riflettono la storia e la popolazione del Paese. L’inglese è infatti la lingua ufficiale, ma sono molto parlati anche altri idiomi come l’urdu-hindi, il tamil o il creolo, sviluppatosi con alcune varianti locali a causa degli influssi di lingue indiane e dell’olandese. Le comunità indigene continuano invece a usare le proprie lingue, derivanti dalla famiglia delle lingue Arawak.

Politica

La politica della Guyana è molto legata all’appartenenza etnica. I due partiti di maggioranza, talmente importanti da rendere il sistema politico guyanese semi-bipolare, sono entrambi di orientamento socialista. Tra i due schieramenti non esiste quindi un vero scontro su questioni prettamente politiche, quanto più su questioni legate alla distribuzione delle risorse. 

Il PPP è sorto prima, come propaggine del vecchio Labour Party del periodo coloniale e ha una visione più ortodossa del socialismo. Il PNC, per contro, accetta maggiormente la presenza di investimenti privati nell’economia. Nato come fazione del PPP durante le elezioni del 1957, il PNC ha attratto una netta maggioranza di elettorato afro-guyanese, accusando il vecchio partito di perseverare politiche troppo favorevoli ai settori economici controllati dagli indo-guyanesi.

Infatti, i due gruppi etnici più popolosi sono nettamente divisi nei settori produttivi del Paese. Da una parte i discendenti delle popolazioni indiane, lavoratori delle piantagioni di zucchero, caffè e riso; dall’altra gli afro-discendenti, abitanti delle aree urbane e lavoratori delle miniere. 

Dal 2015, con la scoperta dei giacimenti di petrolio, questa divisione potrebbe però ben presto scomparire, soppiantata da un introito ben più remunerativo. Non è un caso, infatti, se le ultime elezioni sono state decise proprio dal modo in cui l’ex presidente aveva stipulato l’accordo per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi. 

L’ex mandatario David A. Granger, secondo l’opposizione, ha stipulato un accordo fin troppo vantaggioso per le compagnie petrolifere. Motivo per cui il nuovo presidente Ali vuole riaprire un tavolo di trattative per trovare un accordo che dia più introiti al Paese. Ora bisognerà vedere se e come le compagnie petrolifere glielo concederanno.

Bandiera

La bandiera ufficiale della Guyana è in vigore dal maggio del 1966, nel momento in cui il Paese divenne indipendente. La rinominata “punta di freccia dorata” è formata da vari triangoli con la stessa base, sulla sinistra del rettangolo. 

I colori scelti sono simbolici: il rosso indica lo zelo e il dinamismo del suo popolo, il colore dorato per la ricchezza delle sue miniere, il nero per la resistenza e la tolleranza degli abitanti, mentre il bianco simboleggia l’acqua dei fiumi di cui il Paese abbonda. Lo sfondo, di colore verde, simboleggia infine le numerose foreste di cui è cosparso il territorio.

 

 

Fonti e approfondimenti 

Enciclopedia Treccani, Guyana.

Marco Dell’Aguzzo, Che cosa ci fa la Guyana con tutto questo petrolio?, Il Sole 24 Ore, 17/06/2020.

Case, Frederick I. Guyana, The Encyclopedia of Caribbean Religions: Volume 1: A-L, edito da Patrick Taylor et al., da Joyce Leung, University of Illinois Press, 2013, pp. 305–308.

Thomas A. Johnson, Black Power Flourishing in Caribbean, The New York Times, 24/04/1970.

Felice Meoli, Guyana, il mini Stato dell’America del Sud nel 2020 crescerà dell’85% grazie al petrolio. Ma c’è già un’indagine sull’assegnazione dei diritti, Ilfattoquotidiano.it, 01/12/2019.

ExxonMobil, Guyana project overview, 01/10/2020.

Paul Ramrattan, It is evident Guyana should have had a better Production Sharing Agreement, Stabroek News, 12/10/2020.

Evan Ellis, Navigating Guyana’s muddy waters, GlobalAmericans, 04/03/2019.

 

 

Editing a cura di Elena Noventa

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