Il radicamento di Hayyat Tahrir al-Sham nella provincia siriana di Idlib

La bandiera di Hay'at Tahrir al-Sham, l'Organizzazione per la Liberazione del Levante
@Hay'at Tahrir al-Sham - Wikimedia - Public Domain

La provincia nord-occidentale di Idlib è l’ultima area, nell’ovest della Siria, a essere ancora sotto il controllo delle opposizioni armate al regime di Bashar al-Assad. 

A oggi, in quest’area, appare di particolare importanza il progressivo consolidamento di Hayyat Tahrir al-Sham (Hts), l’ultima sigla adottata da Jabhat al-Nusra («Fronte al Nusra»): l’affiliato siriano di al-Qaeda che nel luglio 2016 ha annunciato di aver tagliato i legami con l’organizzazione madre.

Negli ultimi anni, Hts ha proseguito un percorso di istituzionalizzazione che ha portato il gruppo prima a rinnegare formalmente i legami con il movimento qaedista stesso, nel tentativo di superare le diffidenze degli strati più moderati della popolazione e, successivamente, a sostituirsi integralmente a Damasco nella fornitura di servizi e nelle principali funzioni amministrative. 

Nascita, ideologia e obiettivi di Hayyat Tahrir al-Sham

Nel gennaio 2017 venne costituito in Siria un nuovo gruppo jihadista, ideologicamente di matrice salafita, denominato Hayyat Tahrir al-Sham (Hts, «Movimento di Liberazione del Levante»), nato dall’unione di Jabhat Fateh al-Sham, la fazione di Jabhat Al-Nusra diventata indipendente da Al-Qaeda, e altri gruppi minori.

Jabhat al-Nusra (Jn) sorse nel 2011 grazie al sostegno diretto della cellula irachena di al-Qaeda, lo Stato islamico in Iraq (Is), all’epoca sotto il comando di Abu Bakr al-Baghdadi e ancora lontana dall’ottenere il controllo territoriale e mediatico che ne fece il rivale diretto dell’organizzazione fondata da Osama bin Laden per il ruolo di leader del jihad globale. In tale contesto, i leader di al-Qaeda tentarono, con l’aiuto del loro alleato iracheno, di rafforzare i gruppi jihadisti “alleati” in Siria e di riunirli in un’unica organizzazione militante.

Abu Muhammad al-Jawlani, membro del ramo iracheno di al-Qaeda, venne scelto da al-Baghdadi per fondare una branca siriana del movimento. In breve tempo, il gruppo riuscì a occupare porzioni significative di territorio siriano e a ottenere numerosi successi militari nel nord, nord-ovest e nord-est del Paese. La rottura tra Jn e l’Is avvenne nell’aprile del 2013, quando al-Baghdadi dichiarò conclusa l’esperienza di Jn, in quanto assorbita dal nuovo Stato islamico in Iraq e nel Levante (Isil). 

Al-Jawlani, dal canto suo, rifiutò l’annessione e riconobbe pubblicamente per la prima volta il legame con al-Qaeda, chiedendo l’intervento dell’Emiro Ayman al-Zawahiri, a capo dell’organizzazione dalla morte di Osama bin Laden nel 2011, il quale voleva frenare le mire espansionistiche di al-Baghdadi, mantenendo due fronti: uno in Siria, guidato da al-Jawlani, e uno in Iraq, comandato da al-Baghdadi. Tuttavia, quest’ultimo disconobbe pubblicamente l’autorità del leader di al-Qaeda.

Nel luglio 2016, con la chiusura del Fronte al-Nusra, venne costituito un nuovo movimento, Jabhat Fatah al-Sham, poi allargatosi e divenuto nel gennaio 2017 Hayat Tahrir al-Sham. 

Oggi, Hts rimane sotto la guida di al-Jawlani, ma gli obiettivi del gruppo sono cambiati da quando ha annunciato la propria indipendenza da al-Qaeda. Sebbene le dichiarazioni pubbliche di al-Jawlani suggeriscano, a volte, propositi molto ampi (ad esempio, «la conquista di Damasco e Gerusalemme»), attualmente l’ideologia del “Califfato globale” di matrice qaedista è in gran parte assente nei comunicati di Hts. 

L’obiettivo primario del gruppo è quello di stabilire un dominio islamista in Siria, attraverso il «rovesciamento del regime alawita di Bashar al-Assad e l’espulsione delle milizie iraniane [che supportano il regime] dal Paese».

A tale riguardo, in questi anni al-Jawlani ha promosso una strategia su più fronti. La prima fase, che Hts ha dichiarato di aver completato nell’agosto 2018, è stata l’espulsione delle «milizie iraniane dalle città di Fu’a e Kafriya, che costituivano una minaccia per l’intera regione e un incentivo per la mobilitazione settaria». La seconda, in corso da ottobre 2018, consta di una campagna militare contro l’Is e i suoi alleati in Siria, che al-Jawlani ha definito «elementi destabilizzanti per il Paese». 

La terza fase riguarda la fortificazione e difesa della Siria settentrionale per prevenire la perdita di ulteriore territorio. A complemento di questa strategia militare ce n’è una politica: Hts chiede l’unità tra gli ultimi gruppi jihadisti presenti in Siria ed esige una politica di «nessun negoziato» con il regime di al-Assad

L’unificazione di tutte le fazioni armate sotto una sola unità di comando che gestisca le operazioni militari costituisce una priorità per al-Jawlani, dato che la dispersione scoordinata di gruppi e sottogruppi viene ritenuta una delle primarie cause che hanno portato alla disfatta dei jihadisti qaedisti. 

L’istituzione del Governo di salvezza nazionale 

Nel novembre 2017, Hts istituì il Governo di salvezza nazionale (Gsn), con il pretesto di creare un efficiente organismo tecnocratico in grado di governare la provincia di Idlib.

Gli sforzi del Gsn per regolamentare servizi e settori sono stati, più che attenti ai bisogni della popolazione locale devastata dalle crisi umanitarie ed economiche, principalmente focalizzati nel garantire il monopolio di Hts e dei suoi membri su ogni aspetto della vita e dell’economia nella regione.

Ciò è stato possibile attraverso il monopolio del settore bancario, petrolifero e delle telecomunicazioni, nonché il controllo sul valico di Bab al-Hawa, il più importante passaggio commerciale al confine con la Turchia e una delle maggiori fonti di reddito nella Siria nordoccidentale. Di fatto, negli anni, il Gsn è divenuto uno strumento volto a consegnare una copertura legale e amministrativa alle azioni condotte dal gruppo

Le fonti di sostentamento di Hts 

Negli ultimi quattro anni, Hts ha assistito a numerosi cambiamenti all’interno delle sue strutture ideologiche e militari. Oggi, la leadership di Hts sta lavorando per trasformare l’organizzazione da una fazione appartenente al movimento del jihad globale a una forza locale in grado di governare la Siria nordoccidentale, con l’obiettivo di garantire al gruppo una sorta di sopravvivenza politica, vista l’ormai consolidata vittoria di Bashar al-Assad nella guerra.

Questo cambiamento di visione ha richiesto a Hts di individuare fonti di finanziamento alternative ad al-Qaeda e ai suoi sponsor. I primi tentativi di Hts di generare entrate sono stati principalmente limitati al bottino catturato nel 2018, per un valore di centoquarantanove milioni di dollari. Hts ha poi ricevuto circa novantaquattro milioni di dollari a seguito della stipula di una serie di accordi relativi allo scambio di prigionieri con diversi attori, tra cui il regime siriano, l’Iran, il governo libanese e il governo italiano, come nel caso della liberazione dell’ostaggio italiano Alessandro Sandrini, rapito nel 2016 alla frontiera tra Siria e Turchia e rilasciato dal Gsn nel 2019.  

Inoltre, tra il 2018 e il 2019, il movimento ha sequestrato centinaia di proprietà appartenenti alla popolazione cristiana sfollata, tra cui cinquecentocinquanta tra case e negozi nella sola città di Idlib. Le proprietà sequestrate vengono solitamente assegnate come “bonus” ai comandanti del gruppo.

Hts ha poi imposto dei dazi ai posti di blocco per civili, veicoli e merci e ha anche obbligato agricoltori e imprenditori a pagare annualmente una zakat («tassa»), con importi che variano da una comunità all’altra e che vengono riscossi dalla hisbah, la polizia religiosa del gruppo, nota come Sawaed al-Khair.

Tuttavia, il cambiamento più significativo nella politica economica di Hts si è verificato nel luglio 2017, quando il gruppo ha posto sotto il proprio controllo il valico di Bab al-Hawa. Oggi, si stima che i ricavi dal passaggio di merci si attestino intorno ai dieci-quindici milioni di dollari al mese.

Le origini della visione economica di Hts risalgono al 2015, grazie all’operato di Mustafa Qadid, uno fra i più stretti collaboratori di al-Jawlani. Qadid è riuscito negli anni a rilevare le infrastrutture più importanti nella regione, oltre a utilizzare diversi pretesti per sequestrare centinaia di proprietà appartenenti alla popolazione siriana sfollata. 

Qadid ha poi proceduto a costituire una serie di imprese, la più significativa delle quali è la società finanziaria al-Waseet Hawala. Queste azioni hanno costituito il nucleo dell’infrastruttura economica di Hts; in pochi anni, al-Waseet è diventata Sham Bank, che insieme all’Agenzia monetaria per la gestione della liquidità e la protezione dei consumatori di Hts consente al gruppo di controllare gran parte dei servizi finanziari della provincia

Hts ha inoltre rilevato un altro settore vitale con la Watad Petroleum Company, che alla sua costituzione, nel gennaio 2018, ha ottenuto i diritti esclusivi per l’importazione di derivati ​​petroliferi e gassiferi dalla Turchia in Siria, insieme al diritto di controllare ogni aspetto della vendita e della distribuzione nella regione, nonché i diritti di lavorazione della maggior parte del greggio prodotto nel nord-est del Paese.

Idlib: una «situazione termidoriana»

Alla luce delle recenti trasformazioni all’interno degli obiettivi politici di Hts, sembrerebbe che il gruppo sia attualmente impegnato a Idlib nella creazione di una «situazione termidoriana». Questo concetto è stato proposto dal politologo e sociologo francese Jean-Francois Bayart, ispirandosi alla traiettoria della Rivoluzione Francese. 

Analogamente al Termidoro francese (1794-1799), in alcuni Paesi è possibile assistere all’istituzionalizzazione della rivoluzione attraverso il consolidamento di un’élite rivoluzionaria in classe politica e la sua trasformazione in classe dominante grazie all’accumulazione di capitale. 

Nel caso di Hts, il gruppo ha incarnato una «rottura radicale e rivoluzionaria» con l’ordine ex-ante (in questo specifico frangente, l’allontanamento ideologico da al-Qaeda), ha poi provveduto a emarginare i segmenti più deboli del movimento e ha, infine, istituito un governo tecnocratico come il Gsn. 

Di fatto, la costituzione del Gsn sembrerebbe aver aperto numerose opportunità a Hts, tra cui quella di stringere alleanze prima impensabili (in primis con la Turchia) e la ricerca di una normalizzazione delle relazioni bilaterali e di riconoscimento internazionale con i Paesi occidentali, alla stregua di quanto operato dal movimento dei talebani con l’instaurazione dell’Emirato islamico in Afghanistan

A oggi, il percorso intrapreso da Hts si sta rivelando come un tentativo di intestarsi l’intera ribellione siriana, guadagnare una posizione egemone e porre così le basi per sopravvivere anche in caso di una perdita definitiva del controllo territoriale su Idlib.  

 

 

Fonti e approfondimenti

Ajjoub, Orwa, “HTS is not al-Qaeda, but it is still an authoritarian regime to be reckoned with, Middle East Institute, 24/06/2021.

Al-Tamimi, Aymenn, “From Jabhat al-Nusra to Hay’at Tahrir al-Sham: Evolution, Approach and Future, Konrad-Adenauer Stiftung/Al-Nahrain Center For Strategic Studies, 29/06/2018. 

Al-Zaraee, Nisreen, & Karam Shaar, “The Economics of Hayyat Tahrir al-Sham, Middle East Institute, 21/06/2021. 

Carenzi, Silvia. 2020. “A Downward Scale Shift? The Case of Hay’at Tahrir al-Sham“. Perspectives on Terrorism. 6(14): 91-105.

Drevon, Jerome, & Patrick Haenni, “How Global Jihad Relocalises and Where it Leads. The Case of HTS, the Former AQ Franchise in Syria”, Robert Schuman Centre for Advanced Studies, 8/2021. 

Zelin, Aaron Y., “Hanging on in Idlib: Hayat Tahrir al-Sham’s Expanding Tribal Engagement, Washington Institute, 11/06/2021. 

 

 

Editing a cura di Niki Figus

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