Le vie degli stupefacenti: il captagon e la Siria come narco-Stato

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

A dodici anni dal conflitto seguito alla cosiddetta Primavera araba del 2011, dell’apparato economico siriano non rimane praticamente nulla. Per sopperire alla mancanza dell’infrastruttura industriale del Paese, andata distrutta, le forze leali al presidente Bashar al Assad sono ricorse alla produzione di stupefacenti, soprattutto captagon e cannabis. Con gran parte del territorio nazionale tornato sotto il controllo di Damasco, le forze governative si sono appropriate delle decine di laboratori e coltivazioni precedentemente controllate dalle milizie ribelli. Negli ultimi anni, la quantità di stupefacenti prodotta e il valore del traffico hanno reso la Siria un narco-Stato, principale esportatore di captagon della regione.

Captagon: storia e sviluppo dello psico-stimolante più apprezzato del Golfo

Nonostante che la produzione e l’esportazione di cannabis siano una fonte di introiti redditizia, la Siria appare sempre più spesso nelle cronache come il principale produttore ed esportatore di captagon (commercializzato  in pastiglie) a livello regionale. Captagon è il nome commerciale di un farmaco brevettato dall’industria chimico-farmaceutica tedesca Degussa negli anni Sessanta che conteneva uno stimolante di tipo anfetaminico chiamato fenetillina. Per venticinque anni, il captagon è stato utilizzato per curare il deficit di attenzione, la narcolessia e la depressione fino a quando, nel 1986, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS ) lo ha inserito nella lista delle sostanze psicotrope, nonostante la diffusione relativamente modesta.

A inizio anni Duemila , l’Interpol e l’International narcotics control board (l’organo di monitoraggio delle sostanze stupefacenti delle Nazioni Unite) hanno iniziato a rilevare un aumento del traffico di captagon o di sue diversioni (spesso la fenetillina viene rimpiazzata da una combinazione di caffeina e altre amfetamine). Dal 2011, a causa soprattutto dell’indebolimento dei governi centrali a seguito di movimenti insurrezionalisti di vario genere, lo Stato islamico in Siria e Iraq ma anche le fazioni e milizie ribelli libiche, la produzione e il traffico di stupefacenti hanno vissuto il loro Rinascimento. Le pastiglie di captagon infatti sono facili e rapide da produrre e non richiedono attrezzature specifiche, mentre l’effetto stimolante e psicotico ha trovato largo uso sia tra i combattenti di gruppi armati, sia nelle culture giovanili underground della regione. 

Il captagon risulta essere la droga più apprezzata nei Paesi del Golfo, soprattutto per quanto riguarda Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, secondo un rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC ). La cosiddetta “coca dei poveri”, visto l’effetto simile a quello indotto dalla cocaina e il costo ridotto, trova largo consumo tra la popolazione, soprattutto tra gli under 30. Nel 2017, Il Comitato nazionale saudita per il controllo dei narcotici dichiarò che circa il 77% dei consumatori ha un’età compresa tra i 12 e i 22 anni, mentre il 40%  dei consumatori di quella fascia di età sono dipendenti da fenetillina.

 

L’evoluzione della produzione di captagon in Siria: da piccola attività per milizie a business di Stato

La traiettoria della produzione di captagon e altri stupefacenti in Siria si può suddividere in due fasi: una dal 2011 al 2018 e l’altra dal 2018 in poi. Le due fasi si contraddistinguono per portata e qualità della produzione e sono sovrapponibili alla traiettoria generale del conflitto; a una prima fase, in cui i vuoti di potere territoriale lasciati dal governo hanno permesso a diversi attori di entrare nel business, segue una seconda fase caratterizzata dalla ripresa del controllo territoriale del regime di Assad e dal conseguente accentramento della produzione e degli introiti dell’economia illegale legata alle droghe. 

Secondo il Center for operational analysis and research (COAR ), agenzia che si occupa di consulenza e monitoraggio, i piccoli laboratori dediti alla produzione di captagon (su cui si basa gran parte dell’attività) hanno iniziato a proliferare verosimilmente nel 2011, quando il governo centrale di Damasco iniziò a dare i primi segni di cedimento a causa del conflitto civile. A una graduale diminuzione del controllo territoriale del regime siriano coincise una proliferazione di gruppi e milizie armate radicati nel territorio. Come osservabile nella maggior parte dei conflitti che coinvolgono non-state actor, questi ultimi esercitano il proprio controllo territoriale anche a fini di monetizzazione, a seconda delle risorse disponibili. Se, in diversi casi, vari gruppi armati e anche lo Stato islamico hanno sfruttato colture locali, l’estrazione di petrolio e gli aiuti umanitari, dall’altro molti attori di dimensioni più ridotte hanno trovato nel traffico di stupefacenti una certa fonte di introiti. Infatti, diverse milizie provenienti dalle più disparate coalizioni hanno costruito piccoli laboratori per la produzione di stupefacenti, entrando in competizione con altri attori locali per il controllo degli snodi stradali, fondamentali per il traffico, e per le riserve di prodotti chimici e farmacologici presenti in Siria.  

Dal 2018, quando il governo di Assad, anche grazie all’intervento russo e al sostegno da parte dell’Iran, riconquistò gran parte dei territori precedentementi persi in favore di non-state actor, la produzione di captagon è aumentata parallelamente alle segnalazioni di reti di traffico sgominate e carichi sequestrati in Medio Oriente e in Europa. Secondo un rapporto del New lines institute, nel 2021, le guardie di frontiera dei Paesi europei e mediorientali hanno sequestrato circa 6 miliardi di dollari statunitensi in pastiglie di captagon, facendo stimare il valore del traffico annuale a circa 30 miliardi di dollari, mentre solo nell’aprile del 2022 sono state sequestrate 25 milioni di pastiglie di captagon nei Paesi limitrofi alla Siria, per un valore di mercato di circa mezzo miliardo di dollari. Un business dal valore di 30 miliardi di dollari rappresenterebbe per la Siria di Assad una fonte di introiti quarantaquattro volte superiore alle esportazioni legali del Paese, circa 800 milioni di dollari nel 2021 secondo la Banca mondiale, e ben più redditizia dell’intero Prodotto interno lordo (PIL ) nazionale, circa 23 miliardi di dollari nel 2019 (secondo i dati della Banca mondiale). 

 

La Pax mafiosa siriana: l’economia illegale del governo

Le motivazioni di tale sviluppo sono di vario ordine. In primo luogo, il controllo territoriale esercitato dai lealisti di Assad permette di offrire una rete di produzione e distribuzione altrimenti impossibile. Gli accordi stipulati dalle forze governative con produttori locali e milizie alleate riducono la competizione e gli scontri armati tra fazioni, precedentemente causati da dispute sulle aree di spaccio e il controllo di risorse di produzione e infrastrutture. Lo pseudo-ordine offerto dal regime di Assad è generalmente considerato una “Pax mafiosa” che mette d’accordo Stato e non-state actor rivali tra loro nella suddivisione degli introiti.

A livello di produzione, invece, il governo è in grado di fornire ai precedenti piccoli laboratori controllati dalle milizie una fornitura costante dei materiali necessari alla produzione di captagon. Gli stessi prodotti che le milizie locali importavano illegalmente dall’Iraq e dal Libano ora sono importati ufficialmente, insieme ad altri farmaci e prodotti chimici, da Russia, Cina e India, Paesi che godono di buone relazioni con la Siria. Inoltre, la possibilità sfruttata da Damasco di trasferire parte della produzione di captagon da piccoli laboratori mobili in stabilimenti industriali dismessi o ex laboratori farmacologici ha permesso un aumento nella quantità e nella qualità del prodotto.

Da un punto di vista infrastrutturale, avere accesso a strade e snodi industriali controllati dal governo o dai suoi alleati permette il trasporto più rapido e in relativa sicurezza di grossi carichi di stupefacenti. Se le milizie potevano smerciare solo localmente o esportare tramite sentieri di contrabbando di epoca ottomana, come quelli utilizzati verso la Turchia o verso il Libano, il governo e i produttori affiliati possono sfruttare le reti stradali e i porti, allargando le destinazioni dell’export illegale a Europa, Golfo, Giordania e Nord Africa. Secondo una mappatura disegnata in base alle notizie di sequestri o a rapporti investigativi, il COAR  ha individuato in Damasco, la capitale, Homs, importante crocevia terrestre, Aleppo, vecchio epicentro della produzione farmaceutica siriana, e Latakia, porto sul Mediterraneo, i principali centri di produzione di captagon; mentre le rotte principali sono quelle dirette verso il Golfo e l’Europa.

Infine, Damasco può contare su diversi alleati locali e internazionali per favorire produzione ed esportazione di stupefacenti. Il traffico di captagon coinvolge anche le milizie filo-iraniane nei dintorni di Idlib e Aleppo, che controllano le principali rotte di contrabbando verso la Turchia. Sul confine con il Libano, il movimento sciita libanese filo-iraniano Hezbollah facilita il passaggio della frontiera.

 

Affari di famiglia: la rete personale degli Assad e il controllo sul traffico di captagon

Un rapporto del New lines institute, basato su dati Open-sources e analisi di agenzie di intelligence, ha individuato un forte coinvolgimento della rete personale di Assad nelle varie fasi del business. L’attuale coinvolgimento di personalità legate ad Assad nel business degli stupefacenti, infatti, serve per consolidare il potere del regime, rivitalizzare quello delle élite e riappacificare diverse fazioni, oltre che a riempire le casse dello Stato. Già in passato il regime di Assad aveva volontariamente lasciato margine di azione a reti criminali siriane in cambio di parte degli introiti, mentre durante l’occupazione di alcune aree del Libano, seguita all’intervento di Damasco nel conflitto isralo-libanese, l’esercito siriano ha permesso l’esportazione di cannabis ai coltivatori libanesi. Diversi parenti e amici stretti dello stesso Assad, essendo largamente ex imprenditori danneggiati da guerra e da sanzioni, hanno trovato nel traffico di captagon una valida fonte di introiti.

Wasim Badia al-Assad, familiare, e Mohammad Shalish, imprenditore e amico di vecchia data, ad esempio, sono diventati noti alle intelligence occidentali a causa della conversione produttiva degli impianti farmaceutici da loro posseduti a Latakia in laboratori per la produzione di captagon. Samer Kamal al-Assad, cugino di Bashar, è stato invece individuato dal New lines institute come principale rivenditore  ed esportare sulla costa levantina tra Siria e Libano: criminali locali si rivolgono a suoi affiliati per i carichi da vendere localmente, mentre i suoi contatti  con le reti di distribuzione di Hezbollah in Libano gli permettono di esportare captagon nel Paese dei cedri. Infine, Maher Assad, al comando della Quarta divisione, una milizia lealista, è stato individuato come il responsabile della sicurezza di alcuni stabilimenti e del trasporto di diversi carichi. Nonostante il Dipartimento di Stato statunitense abbia stimato il valore del patrimonio di Assad tra gli uno e i due miliardi di dollari, si crede che gran parte degli introiti derivanti dal commercio di captagon sia destinati alla famiglia stessa, rendendo il patrimonio del presidente siriano decisamente più ricco.

 

 

Fonti e approfondimenti

Center for operational analysis and research (Coar), “The Syrian Economy at War:

Captagon, Hashish, and the Syrian Narco-State”, aprile 2021.

Herbert M., “Partisans, Profiteers, and Criminals: Syria’s illicit economy”, The Fletcher Forum of World Affairs, Vol. 38:1, inverno 2014.

Lister C., “We cannot ignore Syria’s emergence as a narco-State”, Middle East Institute, 

Rose C. & Soderhilm A., “The Captagon Threat: a Profile of Illicit Trade, Consumption, and Regional Realities”, New Lines Institute: intelligence briefing, aprile 2022.

 

 

Editing a cura di Carolina Venco

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