Mosaico: “The Line”, utopia futuristica e leva geopolitica

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

di Federico Lo Re e Matteo Savi

L’essenza umana ci spinge verso l’ignoto, verso ciò che ancora non conosciamo. Attraverso i secoli, abbiamo superato le colonne d’Ercole e abbiamo esplorato terre ostili, persino raggiungendo la Luna. Non ci siamo mai accontentati di ciò che era noto. Un esempio emblematico di questa ricerca oltre le nostre conoscenze è rappresentato dalla Torre di Babele, il progetto utopico per eccellenza, che mirava a essere lo strumento per toccare il cielo.

Possiamo ritrovare oggi una nuova idea utopica, assimilabile a ciò che fu la Torre di Babele, in The Line, ambizioso progetto urbano che sembra essere sbucato direttamente dalle pagine della fantascienza di Isaac Asimov, ma che è in realtà l’iniziativa del principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammad bin Salman. Questa innovativa proposta fa parte di un piano più vasto denominato NEOM, un’importante iniziativa di sviluppo economico e sociale nel Paese saudita. Lo scopo di The Line è quello di presentarsi al mondo come una visione completamente nuova di una “città sostenibile”, situata nella regione nord-occidentale del Paese, lungo la costa del Mar Rosso.

Il suo obiettivo utopico consiste nel creare una comunità urbana alimentata esclusivamente da una combinazione di due fonti di energia rinnovabile: solare ed eolica. Inoltre, il progetto intende investire in tecnologie all’avanguardia per realizzare scenari futuristici, come la produzione di acqua potabile mediante la desalinizzazione delle acque marine, accompagnata dal riciclo del sale estratto per usi alternativi, così da evitare il suo rigetto nel mare e la perturbazione dell’ecosistema marino. Inoltre, è prevista l’integrazione di un sistema di trasporto rapido all’interno del progetto, permettendo così spostamenti agevoli tra le diverse zone della città.

Qualora The Line venisse realizzata, ospiterebbe una popolazione di 9 milioni di persone su una distanza di 170 km, con un’imponente altezza di 500 metri e una larghezza di 200 metri. Il suo tracciato attraverserebbe la costa, il deserto e taglierebbe due catene montuose. Si tratta di un progetto ambizioso che ha coinvolto numerosi studi di architettura, sebbene a causa delle controversie suscitate, molti di questi non abbiano ancora reso pubbliche le proprie opinioni.

La differenza tra The Line e altri progetti utopici

The Line non differisce molto dalle tante idee utopiche che hanno segnato la storia dell’architettura e non solo. Infatti possiamo individuarne diverse, dal progetto del Cenotafio di Newton , un’audace visione di un monumento dedicato al celebre scienziato Isaac Newton, fino alla Broadacre City di Frank Lloyd Wright , progetto che immaginava una città decentralizzata, caratterizzata da ampi spazi aperti e un’architettura organica integrata nella natura circostante. Questi progetti, sebbene non abbiano mai preso forma concreta, hanno avuto un ruolo fondamentale nel generare una rottura nel paradigma architettonico dell’epoca. In questa prospettiva, i progetti utopici possono essere considerati più simili a opere d’arte figurativa che all’architettura propriamente detta, riuscendo a stimolare la creatività e sfidando le convenzioni dell’epoca.

Tuttavia, esiste una differenza fondamentale tra il progetto saudita e le altre importanti utopie architettoniche: The Line mira effettivamente a diventare realtà, tanto è vero che è possibile trovare facilmente immagini dei primi scavi nel deserto. E proprio qui si crea un conflitto concettuale: se un’utopia diventa realtà, smette di essere un’utopia, diventando invece un prodotto finito e concluso che impedisce all’idea di essere rielaborata e applicata in modo più adeguato in altri contesti.

Ogni volta che si progetta e si realizza un’architettura, essa porta con sé il riflesso di un preciso momento storico, congelando all’interno di sé la cultura, gli usi e i costumi di un determinato luogo in un dato periodo. Inoltre, l’architettura deve soddisfare esigenze funzionali e sociali. Tuttavia, agli ideatori di The Line sembra che tutto ciò non importi affatto, poiché il loro unico obiettivo pare essere quello di mostrare al mondo la grandezza del governo saudita, senza affrontare alcuna necessità concreta. Questo progetto andrebbe a generare una città esclusivamente per i ricchi, ignorando completamente la responsabilità storica e sociale che un progetto dovrebbe assumersi.

The Line e il soft-power Saudita

Per l’Arabia Saudita la costruzione di The Line e altre strutture simili rappresenta un’opportunità per aumentare il proprio soft power, la capacità di ottenere consenso internazionale grazie ad aspetti diplomatici e culturali. Come il cibo cinese, il K-pop o Hollywood per i rispettivi Paesi, anche i progetti architettonici di Riyadh hanno un ruolo di questo tipo nei piani della monarchia saudita.

L’Arabia Saudita al momento proietta già un forte soft power soprattutto nel mondo musulmano, per via della presenza della Mecca nel suo territorio e della rilevanza della sua corrente wahabita all’interno dell’Islam. Mohammed bin Salman ultimamente ha però cercato di imporre un nuovo corso al suo Paese, battendo strade in parte già esplorate dalle altre monarchie del Golfo.

L’Arabia Saudita sta infatti aumentando la sua presenza internazionale sviluppando settori come arte, sport, turismo e, appunto, architettura. Questi ultimi due aspetti sono inoltre strettamente collegati, visto che le maggiori attrazioni per i turisti stranieri nel Paese potrebbero essere proprio i nuovi progetti architettonici, come già accade a Dubai con strutture come il Burj Khalifa. La dimensione del progetto The Line, però, cambia decisamente le regole del gioco.

L’obiettivo di tutti questi progetti è quello di portare sui media internazionali la narrativa che celebra lo sviluppo repentino portato nel Golfo dagli enormi profitti ottenuti grazie al petrolio. Nel caso di The Line però non si cerca solo di occupare l’immaginario collettivo tramite l’ostentazione del potere economico, ma soprattutto di trasmettere un’immagine dell’Arabia Saudita come un centro di innovazione proiettato verso il futuro. Non è un caso che nel progetto la funzionalità sia totalmente sacrificata all’aspetto futuristico e all’impatto visivo.

The Line porta quindi all’estremo il rebranding del Paese secondo i principi della Vision 2030 lanciata da Bin Salman: società dinamica, economia florida e ambizione internazionale. Grazie a questa rinnovata immagine si punta a migliorare la percezione internazionale dell’Arabia Saudita, cosa che sarà fondamentale perché questa abbia un futuro. Bin Salman sa infatti che il petrolio saudita non durerà per sempre, e le strade che ha intrapreso per assicurare una sostenibilità economica del Paese sono gli investimenti esteri e il posizionamento come meta turistica globale. Senza trasformare l’attuale immagine iper-conservatrice dell’Arabia Saudita in quella di un Paese interessante, dinamico e proiettato verso il futuro questi obiettivi saranno molto più difficili da raggiungere.

Oasi o cattedrale nel deserto?

Con The Line potrebbe riaffiorare in mente l’idea di “oasi”, sia per il suo inserimento in un luogo ostile all’uomo, sia per la sua volontà di mostrarsi come un ambiente accogliente e generatore di vita. In realtà, però, tra questo progetto e un’oasi vi sono delle differenze significative: quest’ultima, infatti, accoglie l’ambiente esterno e questo a sua volta accoglie l’oasi, generando un dualismo interno-esterno necessario per la vita umana e vegetale; The Line invece finge di essere un’oasi, ostenta ciò che non è e che non potrà mai essere, inserendosi in uno spazio del tutto alieno. 

Perché The Line centri gli obiettivi geopolitici di Riyadh, però, gli annunci grandiosi non bastano. Se il progetto si rivelerà solo una cattedrale nel deserto, o peggio ancora solo un render, l’effetto sarà opposto e credere alla visione di Bin Salman decisamente più difficile.

 

Fonti e Approfondimenti

Ali Dogan (2021) Saudi Arabia’s Neom Diplomacy, Carnegie Endowment for International Peace.

Bruno Zevi. “Saper vedere l’architettura”. Einaudi. 1948.

Geopop. Gaetano Cantisani (2023): The Line, come funzionerà la città verticale lunga 170 km nel deserto in Arabia Saudita .

May Alobaidy (2021) Saudi Arabia’s soft power: Nation branding, public and cultural diplomacy, Arab News.

Philip Wilkinson. “Atlante delle architetture fantastiche”. Mondadori Electa. 2018.

Rahel Aima (2018) How Powerful is Saudi Arabia’s Soft Power Push?, Frieze Magazine.

The Qatar Info (2023) Redefining the Kingdom’s image: Saudi Arabia’s soft power offensive.

Vanity Fair. Carolina Saporiti (2022): “The Line, la città verticale lunga 170 chilometri nel deserto dell’Arabia Saudita è davvero in costruzione”.

Vision 2030 Projects, NEOM, The Progress & Achievements of Saudi Arabia.

William J.R. Curtis. “Storia dell’architettura moderna dal 1900”. Phaidon. 2006.

 

In collaborazione con Architrash

Editing a cura di Elena Noventa

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