Berlino dichiara guerra ad Airbnb

Con l’inizio di maggio è scaduto il termine concesso dalle autorità berlinesi per la regolarizzazione degli appartamenti utilizzati come case-vacanza in affitto. Nell’autunno del 2013 le autorità di Berlino hanno infatti emanato una legge che vieta di affittare a breve termine i propri immobili ai turisti, a meno che questi appartamenti non siano iscritti in un apposito registro gestito dalla municipalità. Per permettere questo processo di messa in regola fu concesso l’ormai scaduto periodo di transizione di oltre due anni.

Utilizzare una propria casa come Bed & Breakfast non registrato, pubblicizzandosi attraverso le piattaforme offerte da internet o con il passaparola, ha permesso ai proprietari di gestire vere e poprie attività commerciali assolutamente invisibili al fisco, oltre che a costituire il reato di affitto “in nero”, mancando contemporaneamente sia una licenza simile a quella degli alberghi sia un contratto di locazione per gli inquilini. Questo fenomeno, in una città con un alto livello di turismo, ha numeri esorbitanti.

Berlino è una città che accoglie ogni anno circa 12 milioni di turisti, che solitamente  trovano sistemazione in alberghi e ostelli ma che a volte desiderano un’esperienza diversa. La richiesta di affitto di intere case in cui trascorrere il proprio soggiorno nella città è cresciuta vertiginosamente negli ultimi anni.  Una delle principali motivazioni è la convenienza, in termini di prezzo, rispetto a gran parte degli alberghi. Un’altra motivazione è la voglia di avere un’esperienza più vicina alla “vera” vita berlinese.

Questi appartamenti sono vere case appartenenti a persone del luogo, che vengono affittate durante i periodi di assenza dei residenti o in maniera continuata durante tutto l’anno. In entrambi i casi questa soluzione è apprezzata dai turisti per la maggiore autonomia che offre rispetto agli alberghi e per il suo essere molto lontana dall’anonimità di molti alberghi. Il “Berlin Mietergemeinschaft”, associazione che protegge gli interessi dei proprietari di case in affitto, stima che in tutta Berlino siano presenti circa 18.000 appartamenti gestiti in questo modo, di cui oltre 7.000 utilizzano la popolare piattaforma Airbnb. Ma come funziona questo popolare sito web

Airbnb permette a turisti e proprietari di appartamenti di accordarsi per brevi soggiorni, il tutto partendo dalla semplice creazione di un profilo con i propri dati personali all’interno del sito, dati che vengono verificati per garantire la sicurezza degli scambi. A questo punto i proprietari possono pubblicare annunci relativi ai propri appartamenti e attendere la risposta di evventuali clienti. La piattaforma si occupa di tutti i pagamenti, ricevendo i soldi dagli inquilini per poi consegnarli agli affittuari trattenendo un 3%. Non sorprende come una tale semplificazione delle dinamiche relative all’affito per turismo abbia spinto molti proprietari ad optare per questo uso delle loro case.

Un secondo fattore aggiuntivo che ha contribuito all’aumento delle case-vacanza è la convenienza: i proprietari di un appartamento in una zona interessata dal turismo possono arrivare a guadagnare 700€ a settimana affittandolo ai viaggiatori, quando guadagnerebbero circa la metà dl contratto a lungo termine di un residente fisso. Una dinamica del genere rischia seriamente di allontanare gli affittuari residenti dalle aree interessate da questo cambio di uso delle case, seguendo tre vie principali.

Innanzitutto il semplice cambio di destinazione d’uso degli appartamenti: le autorità di Berlino stimarono come ai tempi dell’emanazione della legge almeno 12.000 proprietà fossero state “spostate” dal mercato degli affitti definibili “residenziali” a quello degli affitti per turismo. In seconda battuta un’area interessata da questo fenomeno vede salire vertiginosamente il valore di tutte le case e di conseguenza i prezzi degli stessi affitti, fattore che obbliga molti inquilini a spostarsi in zone più economiche. Questo esodo non solo libera nuovi appartamenti permettendo ai proprietari di cambiarne l’uso, ma è il preludio dei processi di gentrificazione.

Questi processi prevedono l’induzione al ricambio della popolazione di un’area con persone più benestanti, attirate spesso dagli interventi che seguono all’abbandono delle case da parte dei vecchi residenti. Acquistare appartamenti vuoti è infatti più semplice per i grandi gruppi d’investimento, che non trovano la resistenza opposta tipicamente dagli inquilini. Questi grandi accaparramenti di proprietà portano a ristrutturazioni radicali o addirittura demolizioni e ricostruzioni dei palazzi, che poi vengono affittati o venduti ai pochi interessati abbastanza facoltosi da potersi permettere i nuovi prezzi di mercato delle aree in questione.

Le autorità di Berlino hanno apertamente dichiarato di voler frenare questi processi, rivendicando i propri provvedimenti contro gli affitti turistici come un prendere le parti dei berlinesi contro gli speculatori immobiliari, locali o internazionali che siano. Un procedimento del genere non serve solo a sanare un’illegalità che per quanto diffusa non genera allarme sociale, ma permette ad una città ricca di storia e cultura come Berlino di preservare l’identità dei suoi quartieri, oltre che proteggere fasce di popolazione troppo spesso vulnerabili agli eccessi del mercato e vittime della deregolamentazione selvaggia.

Dal primo maggio, giorno di entrata in vigore della normativa, la città conta solo 6380 appartamenti iscritti nel pubblico registro, ma ha visto al contempo un crollo vertiginoso degli annunci di Airbnb, oggi più che dimezzati. Per scoraggiare i trasgressori le autorità comunali hanno creato una vera e propria task-force incaricata di valutare gli appartamenti sospetti di essere usati come case-vacanze illegali, che può comminare multe che arrivano fino a 100.000€ a chi venisse colto sul fatto.

La stretta delle autorità contro l’affitto per turismo è stata descritta dai detrattori della politica, prima tra tutti la Berlin Apartment Alliance (gruppo di 25 operatori degli affitti per turismo), come un semplice “placebo”, simbolica ma inadeguata a risolvere il problema abitativo della città. La costruzione di nuove sistemazioni, stimata tra 8.000 e 12.000 unità nei prossimi due anni, è giudicata insufficiente per i flussi di immigrazione interna ed estera sperimentati dalla capitale ed è descritta come il vero nocciolo del problema dai suddetti detrattori, che negano spudoratamente l’impatto delle loro azioni nel problema abitativo della città.

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