L’India ha scelto Modi, cambierà idea?

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

L’India, con oltre un miliardo di abitanti, è il secondo paese al mondo per popolazione. Le riforme economiche degli anni ’90 hanno assicurato al paese una crescita economica tra le maggiori al mondo. Le dimensioni della popolazione fanno dell’India una delle più grandi importatrici di generi alimentari, la fame da saziare però non è solo alimentare ma anche sociale, politica ed economica.

L’analisi delle religioni è una delle porte d’accesso al contesto Indiano. L’80% della popolazione è induista, le ricadute sociali dell’induismo sono tangibili nella divisione in caste della popolazione. Quattro caste compongono la gerarchia sociale partendo dai sacerdoti fino ai servitori/lavoratori e a queste si aggiunge poi la categoria degli “intoccabili” ritenuti dei fuori-casta ed emarginati dalla società.

Il sistema delle caste è stato abolito negli anni 50 ma persiste tutt’oggi un atteggiamento ostile soprattutto verso la casta degli intoccabili. Tuttavia l’appartenenza alla casta è paradossalmente un input alla socializzazione e alla partecipazione politica, partiti regionali, movimenti per la tutela dei diritti e gruppi d’interesse nascono proprio sulla base di appartenenze castali.

La minoranza musulmana rappresenta il 13% della popolazione (la seconda comunità islamica al mondo). Dalla fine degli anni ’80 il nazionalismo indù ha bersagliato questa minoranza religiosa, compiendo dei veri e propri pogrom e fomentando la risposta terroristica di alcuni gruppi musulmani, tra questi anche i giovani universitari musulmani del SIMI (Student Islamic Movement of India).

Le fasce più basse della popolazione costituiscono il nucleo elettorale, l’affluenza alle ultime elezioni  del 2014 si è attestata sul 66%. Gli indiani votano con un sistema uninominale secco che garantisce la vittoria al partito che raggiunge la maggioranza relativa al primo turno. La democrazia in India non è dunque debole ma ci sono ovviamente luci e ombre.

Il sistema partitico indiano è stato caratterizzato fino ai tardi anni ’80 da un “partito dominante” l’Indian National Congress, partito di centrosinistra che ha guidato il paese garantendosi costantemente la maggioranza assoluta dei seggi. Dopo un periodo di transizione durato fino al nuovo millennio, il sistema si è assestato su un principio bipolare. Sono due oggi i partiti che possono concretamente concorrere per la vittoria: l’Indian National Congress e il Bharatiya Janata Party di centrodestra.

Un elettorato sempre più informato ed organizzato e dei partiti regionali influenti politicamente rendono l’azione dei due partiti principali sempre più complessa da gestire. Due sono i requisiti per assicurarsi la vittoria, costanti della politica Indiana dall’inizio del nuovo millennio:

  • I partiti che puntano alla vittoria devono essere  pan-indiani, raccogliere al loro interno sinergie e rappresentanze da tutti gli stati federali che compongono la nazione.
  • A causa dell’irruzione del sistema bipolare, è sempre più ardua la vittoria in termini assoluti, l’alternativa unica è trovare l’alleanza con i piccoli e medi partiti regionali.

Solo le ultime elezioni del 2014 in cui il la coalizione guidata dal BJP ha raggiunto la vittoria legando a se 28 partiti regionali, hanno smentito in parte queste caratteristiche. Il solo BJP ha superato la maggioranza assoluta con 282 seggi su 543 complessivi, arrivando a un totale di 327 con i suoi alleati della coalizione.

Duramente sconfitto il partito del congresso e il suo candidato Rahul Gandhi, ultimo volto schierato dalla dinastia Nehru-Gandhi (che non ha nulla a che fare con il Mahatma Gandhi). La dinastia che ha da sempre il monopolio nel Partito del Congresso ha perso 162 seggi rispetto alle precedenti elezioni, guadagnandone solo 44.

La scelta degli indiani è stata dunque drastica, sconfessando il partito più importante nella storia dell’India indipendente, ha permesso l’avvento al potere di una personalità nuova, quella di Narendra Modi. La promessa che il nuovo primo ministro ha fatto è di cambiamenti drastici e fatti concreti, soprattutto in economia.

Modi è stato eletto soprattutto grazie alla fama guadagnata da governatore dello stato del Gujarat, lo stato che oggi da solo ha un tasso di crescita maggiore di quello del resto dell’India. Da governatore ha portato avanti riqualificazioni urbanistiche, asfaltato le strade e garantito l’illuminazione. Le sue politiche liberiste hanno rilanciato l’economia della regione e legato il suo nome a politiche che piacciono all’economia mondiale. Mori proviene da una umile famiglia, suo padre era un venditore di the, ed è un uomo che ha saputo vendere la sua storia e le sue esperienze agli indiani, i quali lo hanno premiato sconfessando la storica supremazia del partito Nehru-Gandhi.

Parlando del Gujarat è doveroso ricordare anche un’altro avvenimento che si lega all’esperienza politica di Modi. La strage del Gujarat nel 2002.

Le cifre ufficiali parlano di 1044 morti (di cui 790 musulmani), barbaramente uccisi in un pogrom condotto dai cittadini Hindu, in rivolta dopo l’incendio di un treno che trasportava pellegrini Hindu attribuito ai musulmani. Modi era governatore del Gujarat e costruì la sua fama politica di decisionista proprio nella netta difesa degli Hindu, ciò portò moltissimi voti alla sua campagna. Per questo Modi deve in parte la sua fama alla vicenda delle stragi del Gujarat.

Per ora la supremazia conquistata da Modi e dal suo partito sembra non piegarsi davanti alle accuse mosse al primo ministro ne’ tanto meno alla sua gestione della cosa pubblica. Modi ha vinto la battaglia con l’elettorato, ora la sfida è con il paese e l’economia. Le sue politiche devono coinvolgere non solo le classi più alte della società ma anche la base che lo ha eletto. In caso contrario saranno gli elettori nella loro articolata organizzazione a decidere sulla sua sorte politica (come hanno fatto con il “monolitico” Partito del Congresso). Una prima valutazione ci sarà con il rinnovo di parte della camera alta quest’anno, il Rajya Sabha, dove il partito del congresso mantiene la maggioranza relativa. Sapremo se dopo due anni di amministrazione Modi ha saputo mantenere quel rapporto con l’elettorato e i suoi alleati.

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