Boris Johnson e i suoi strani alleati per il Brexit

Il 23 giugno gli Inglesi andranno a votare per decidere se il paese deve o non deve uscire dall’Unione Europea. Il risultato avrà effetto su tutti ma il più interessato è Boris Johnson, che si è eretto a leader della campagna “Leave”. Il biondo ex sindaco di Londra guida la campagna che mette insieme le realtà della destra inglese. Il 23 giugno sarà il D-Day della politica britannica, cerchiamo di capire chi è Boris Johnson e quali sono gli altri protagonisti della campagna del Bexit.

Boris Johnson ha annunciato la sua posizione sul Brexit il 21 febbraio sulla colonna destra in prima pagina del Daily Telegraph. Tutti sapevano che sarebbe uscita la sua posizione ma nessuno sapeva quale sarebbe stata. Quella mattina Boris Johnson è salito in bicicletta da semplice parlamentare britannico ed è sceso come il leader della campagna per lasciare l’Unione Europea. Alcuni suoi fidati amici dei tempi di Oxford sono rimasti sorpresi e hanno rilasciato interviste affermando che fino a pochi giorni prima era un convinto, per quanto un inglese possa esserlo, sostenitore dell’Unione. Le motivazioni di questo cambio vanno ricercate nella sua personalità e nel suo rapporto con il premier Cameron.

Boris Johnson, alla fine dei suoi mandati da sindaco di Londra, diventato l’uomo del Brexit, ma chi è Boris Johnson? L’ex sindaco di Londra è nato a New York da una famiglia benestante inglese, che ha origini turche, greche, francesi e tedesche. Ha la doppia cittadinanza inglese e statunitense e in una vecchia intervista rilasciata a David Letterman ha affermato che non si devono stupire se uno giorno correrà per l’elezione alla Casa Bianca.

Questa affermazione vi racconta il personaggio e il suo carattere. Alcuni studiosi di comunicazione politica affermano che guardando un discorso, se si è attenti, si capiscono le parti in cui il politico impersona se stesso o quando sta recitando. Nel caso di Boris Johnson nessuno riesce a farlo, sembra infatti che il personaggio si sia sovrapposto alla persona e che ormai siano una cosa sola. L’ex sindaco di Londra ha studiato a Etone e Cambridge, per questo non vi meravigliate se mischia frasi di Platone alle frasi di George Best. Si è sempre fatto ricordare per il suo carattere tenace, umorale, innamorato di se stesso e il suo spiccato umorismo.

Ha affermato che quando si è lanciato in politica è stato per il 40% per il suo egocentrismo e per il 60% perché non poteva accettare che qualcuno dicesse che non sarebbe riuscito. L’aneddoto che non manca mai, nelle sue interviste, sulla sua incapacità di perdere si incentra su una partita di ping pong con la sorella. Sembra infatti che la sorella lo avesse battuto per la prima volta e lui per la rabbia si sarebbe rotto un piede dando i calci al muro e poi avrebbe passato i mesi successivi, con il gesso, ad allenarsi perché questo non potesse più succedere.

La sua vita politica è stata condizionata dal suo agonismo. È entrato in parlamento nel 2001, eletto nella circoscrizione di Haley, ha subito fatto carriera diventando il ministro alla cultura del governo ombra durante l’ultimo mandato di Tony Blair. Successivamente è diventato ministro dell’Istruzione del primo governo Cameron per poi raggiungere il primo grande traguardo della sua vita politica, diventare il sindaco di Londra. È stato sindaco di Londra per due mandati, è stato un sindaco forte che ha governato in modo ambiguo e ambiguo è il giudizio sul suo operato. Una parte dei cittadini lo difende a spada tratta affermando che ha trasformato Londra in una metropoli del futuro. Altri affermano che poco è stato fatto per le periferie e che ci si è preoccupati troppo delle biciclette dei ricchi e poco delle metro dei poveri. Alla fine del suo mandato è stato eletto in parlamento dove ha preparato a lungo un nuovo passo, un passo lungo che lo ha portato a guidare la campagna “Leave”

La sua carriera politica è il motivo di questa campagna, insieme alla rivalità con David Cameron. Il moderato pacato di destra, che ha lineamenti di sangue reale, contro l’entusiasta politico di sangue meticcio, che porta l’intera europa nel suo albero genealogico, ma che la vuole lasciare. Uno scontro che era scritto nel loro destino e che Boris sa, o meglio crede, di poter vincere.

Proprio per questo si è trasformato in un vero condottiero, gira per Londra salutando tutti e ricordando a tutti i sondaggi. Se sono positivi rispecchiano la volontà del popolo, se sono negativi sono frutto di quei giornali pagati dalle lobbies europee per tenere in scacco la Gran Bretagna. L’ex sindaco di Londra sa di giocarsi tanto, forse troppo, in un referendum di questo tipo. Sa che se il Brexit non passasse dovrebbe dire addio a qualsiasi forma di vita politica e tornare alla sua passata attività di commentatore, ma in caso di vittoria niente lo separerebbe da un posto a Downing Street. Il Guardian ha fatto uscire un articolo su come potrebbe essere il primo gabinetto di Boris Johnson.

Boris Johnson ha un suo scudiero, il suo nome è Michael Gove, attuale Ministro alla Giustizia del governo Cameron e precedentemente Ministro all’Istruzione. Gove è scozzese da sempre molto ambizioso e che ha scalato il partito diventando un personaggio di spicco. Adesso vuole di più. È diventato famoso per una teoria del complotto secondo cui i governi europei comprerebbero di proposito appartamenti a Londra per poi tenerli sfitti e far salire i prezzi a Londra. Il complotto coinvolgerebbe anche la Corte di Giustizia Europea che vieterebbe al governo inglese di obbligare gli altri Stati a vendere. Un’epopea più che una campagna elettorale.

La campagna pro Brexit è portata avanti non solo da parte del Partito Conservatore, ma anche da un altro partito e da un’altra figura di spicco, Nigel Farage leader di Ukip. Il leader del partito di destra è comparso alla ribalta della politica britannica nel 1992, quando l’Inghilterra ha firmato e ratificato il Trattato di Maastricht. Proprio per questo ha deciso di uscire dal Partito Conservatore, portando con sé un costola di destra del partito, che è andato a fondare UKIP. Nigel è sempre stato leader del partito, tranne una breve fase nel 2010 quando ha cercato di diventare speaker della camera, ed è lui che nelle elezioni europee del 2014 ha preso il 26,8%, prendendosi 24 seggi al parlamento europeo, per poi allearsi con il Movimento 5 stelle. Le elezioni dello scorso anno invece sono state una delusione, solo un deputato in parlamento perdendo anche il proprio distretto.

Farage non si gioca solo la sua carriera politica, ma si gioca anche la sua credibilità e la reale possibilità di trasformare un movimento minoritario in un grande partito. Proprio lui, infatti, ha affrontato David Cameron in un confronto televisivo, non diretto, ma con le stesse domande. I più vicini a lui, hanno commentato come un pareggio, mentre, tutti gli altri, lo hanno definito come una vittoria per il Premier. Il punto dolente per Farage è stata l’economia, le motivazioni tecniche del premier non sono riuscite ad avere una risposta soddisfacente e qualche volta ci sono stati solo imbarazzanti balbettii come risposta. Il punto forte invece è stata l’immigrazione. Il motto “British Jobs for British Workers” è diventato un ritornello valido e Cameron ha dovuto arrendersi ammettendo di non poter garantire dei controlli sull’immigrazione europea.

Il gioco politico sembra assomigliare sempre di più a quello che avviene in tutti paesi europei in questo periodo. Il BREXIT resta una scusa per un’accesa sfida a destra. La destra irrazionale, anti-immigrati e populista vuole cercare di organizzare una notte dei Lunghi Coltelli per la destra tradizionale, liberale e razionale.  Come Salvini cerca di annientare Berlusconi, come Le Pen cerca di farsi paladina dei francesi più di Sarkozy in Francia, così in Inghilterra, la destra oltranzista di UKIP e l’ala radicale del Partito Conservatore cerca di distruggere i conservatori tradizionali di Cameron.

 

 

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