Spiegami le elezioni: Gabriele Carrer e il Regno Unito

Manca solo un giorno alle elezioni generali inglesi e, per capire meglio quale sia la situazione attuale nel Paese, abbiamo incontrato Gabriele Carrer, giornalista presso La Verità e fondatore del blog “Fumo di Londra”, in cui si concentra principalmente sulla realtà inglese. Ha inoltre appena pubblicato, con Stefano Basilico, “Lady Brexit: Theresa May a Downing street“, una biografia attraverso cui si collega la visione politica del leader conservatore alla sua vicenda biografica, andando ad analizzare come la sua vita abbia pesantemente influito su tutte le scelte politiche, a partire dalla Brexit, e ponendola come una figura che si va a opporre ai classici leader provenienti dall’“establishment“.

Domani si terranno nel Regno Unito le elezioni generali anticipate, riguardo all’attuale clima politico è interessante osservare l’analisi dell’Economist di qualche giorno fa che dipinge uno scenario completamente spaccato. Da una parte pone la May e i conservatori come propugnatori di una Gran Bretagna troppo chiusa in se stessa e dall’altra Corbyn con i laburisti, a favore di un “ritorno” agli anni 70. Al centro infine vengono posti i liberal democratici come l’unica forza politica che potrebbe riempire questo “gap“. Cosa ne pensi?
Allora, secondo me, ciò che viene mostrato perfettamente dall’Economist è un “buco” che però non è presente solo in Gran Bretagna, ma anche in altri paesi come gli Stati Uniti.
L’economist quindi fotografa perfettamente questo buco che si trova al centro in molti paesi. In Gran Bretagna però possiamo vedere come ci sia un problema aggiuntivo, dato dal fatto che Tim Farron, leader dei liberal democratici, è un personaggio senza carisma, senza forza mediatica, completamente piatto, non eccede nei dibattiti, insomma, un “mediocre”. Questo vuoto dipinto dalla testata inglese è presente anche a livello editoriale ed è stato, negli ultimi tempi, riempito dal “The New European“. Questo settimanale è nato una settimana dopo il Brexit e, inizialmente, il progetto era di farlo uscire per soli due mesi ma poi, viste le ottime vendite, non è stato più interrotto. La testata si rivolge principalmente al 48% dei Remains inglesi e se ha ancora successo il motivo risiede nell’esistenza di un largo bacino di elettori che però, ora, devono essere coinvolti dalla politica.  A mio parere la Brexit non è più negoziabile e non si può tornare più indietro. Quello che però non condivido dell’analisi dell’Economist è la visione della May come una nazionalista. Possiamo concordare sul fatto che possa “strizzare l’occhio” all’ UKIP ed attuare politiche non in linea con quelle Tatcheriane, ma da qui a paragonarla all’ UKIP o al Trump da campagna elettorale è un’esagerazione.
A sinistra invece l’analisi dell’Economist su Corbyn è perfetta, non manca nulla. Il manifesto è proprio da anni 70.
Gli ultimi sondaggi dipingono una rimonta dei laburisti sui conservatori. Quale pensi sarà lo scenario post elezioni?
Nutro dei forti dubbi su alcuni tra i sondaggi in quanto non ritengo credibile una forbice del 12%. La rimonta del Labour Party è palese, su base nazionale attualmente pare porsi tra il 35 e il 37%. Bisogna prestare però attenzione alle roccaforti “rosse” del partito che rischiano seriamente di diventare “blu” e, se ciò accadesse, il paese potrebbe diventare completamente “blu“, nonostante l’ipotesi della “vittoria a valanga” dei conservatori, prevista nei sondaggi di Aprile e Maggio, sia stata, negli ultimi tempi, notevolmente ridimensionata. Per Corbyn sarebbe un enorme successo superare la percentuale raggiunta dai laburisti nel 2015, mentre, per la May, sarebbe un insuccesso non guadagnare tutti i seggi che il partito si era prefissato e per cui ha scommesso tutto, indicendo le elezioni anticipate. I sondaggi generali secondo me non dipingono esattamente la situazione, soprattutto in un paese che vota con il maggioritario è più interessante andare a vedere i sondaggi interni a partiti. Parlando con i conservatori ciò che traspare è una tranquillità generale riguardo a una maggioranza di almeno 70 seggi. La rimonta eccessiva del Labour Party, come viene dipinta dagli ultimi sondaggi, è sopravvalutata e non tiene conto del sistema maggioritario e del fatto che si potrebbero creare delle spaccature nelle aree tradizionalmente rosse, che potrebbero aprire la possibilità di una generale “ondata blu“.
Uno dei “temi caldi“, che potrebbe influire sulle votazioni, è il terrorismo. Cosa ne pensi?
E’ difficile prevedere ora quanto influirà il terrorismo sulle elezioni. Semplificando il discorso si potrebbe dire che se gli attentati favoriranno la May è perché il leader conservatore appare fornire maggiore stabilità al paese, se, invece, favoriranno Corbyn vorrà dire che si è arrivati ad un punto di rottura e gli inglesi vogliono meno interventi all’estero. In questo contesto è interessante vedere come molti dei terroristi si siano radicalizzati nel periodo in cui May era al ministero degli interni e questo è il principale motivo per cui da sinistra viene attaccata riguardo il messaggio di stabilità che sta cercando di far passare negli ultimi tempi. Comunque rimane il fatto che, il leader conservatore, nonostante non sia estremamente efficace a livello comunicativo, è riuscito a trovare delle soluzioni, o per meglio dire degli stratagemmi, come quello del “enough is enough“, ossia lo slogan che potrebbe riabilitarla rispetto a un passato non troppo positivo agli interni.
Invece per quanto riguarda la Brexit e le divisioni interne al paese?
Per quanto riguarda la questione delle divisioni, a Gennaio, sul New Statesman è uscito un pezzo interessante in cui si raccontava come, in generale  nel mondo, ma. in particolare, nella politica britannica, siano saltate tutte le definizioni standard. Sono apparse una serie di segmentazioni nuove che ridisegnano la politica britannica e ciò si può ben vedere nella politica della May che ha adottato provvedimenti sociali traendo ispirazione dal manifesto laburista del 2015. L’impegno dei conservatori sta nel dare risposte ai dimenticati e a chi ha perso fiducia nell’ordine globale con un maggiore impegno dello Stato nell’economia.
Stanno saltando tutti gli schemi e i conservatori post-Tatcher che si voltano ad un tipo di Stato maggiormente assistenziale rappresentano il cambiamento epocale definito da questo nuovo schema. Dall’altra parte invece ci sono i laburisti che sono “prigionieri” del loro leader. C’è divisione netta interna tra il leader, sostenuto dagli attivisti, per i quali + più importante identificarsi con un’idea che vincere le elezioni, anzi, per alcuni, sarebbe meglio perderle e passare dalla parte delle “vittime“. Quindi possiamo vedere come il Labour sia spaccato in due, da una parte ci sono Corbyn e gli attivisti e, dall’altra, l’establishment che si schiera su linee più moderate. C’è quindi una disconnessione totale su molte politiche, in primis per quanto riguarda la Brexit, che ha portato a non poter sviluppare un manifesto programmatico. A questi si oppone, dalla parte dei conservatori, un processo definito, anche se non condivisibile, riassumibile nella “CLEAN BREXIT, termine scelto per non doversi richiamare né alla soft né all’hard, ma comunque mantenendo un’idea di continuità.
L’ultimo tema su cui volevamo concentrarci, e che è spesso al centro dei dibattiti, è quello delle Devolutions. Quanto influiranno gli indipendentismi sulle elezioni?
Sicuramente anche in questo caso l’asse è cambiato. In Scozia la preoccupazione prima era concentrata su economia e lavoro, dopo il Brexit invece i temi sono diventati di carattere più “nazionalistico“. Nel paese, ad ora, i conservatori sembrano poter scavalcare i laburisti e porsi come seconda forza politica contro l’SNP.
C’è però da sottolineare come il 60/70% dell’export scozzese sia destinato al Regno Unitoe come nel Paese non ci sia un’economia florida, anzi come si stiano affrontando anni di difficoltà. Qualora si staccasse dal Regno Unito, con la speranza di entrare nell’Unione Europea, il processo sarebbe comunque arduo. Bisogna infatti ricordare come, per quanto il percorso sia facilitato da Bruxelles, non si tratti di rimanere nell’Unione, ma di uscire per poi rientrare. Per effettuare tutto questo processo quindi bisognerebbe aspettare i due anni dell’uscita e sommare a questi altri anni, che si andrebbero a sommare producendo un periodo di alta instabilità. Chi, nel Paese, sostiene il No all’indipendenza, trova quindi un forte assist nel tema economico e nella dipendenza da Londra. Per quanto riguarda invece il Galles, questo è completamente appiattito su Londra quindi non rappresenta un problema. Anche lì comunque l’ondata dei conservatori rischia di sfondare le roccaforti dei laburisti e si rischia, nelle elezioni generali, una vittoria anche in questa parte del paese, che determinerebbe, conseguentemente,  la suddetta “vittoria a valanga” della May.

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