La politica Israeliana con il passare del tempo ha lentamente assunto una sempre maggiore polarizzazione delle posizioni partitiche. Questo fenomeno è particolarmente evidente nelle tematiche scottanti, come la questione palestinese, ed è sempre più attuale tra i partiti di estrema destra.
Questi partiti estremamente conservatori cavalcano il malcontento dei cittadini, in un tentativo di guadagnare sostegno elettorale a discapito di partiti contendenti. Uno dei temi che ci mostra perfettamente questa dinamica è la questione dei prigionieri catturati, o delle salme dei soldati caduti, durante le operazioni israeliane a Gaza.
La questione dei prigionieri israeliani
Le missioni israeliane sulla striscia di Gaza sono viste dal pubblico dei partiti di destra come delle missioni centrali per la sopravvivenza di Israele e i soldati sono in tutto e per tutto considerati degli eroi viventi una volta tornati. Quando un soldato viene catturato o ucciso l’intera popolazione si mobilita, e si crea un profondo processo di identificazione, grazie al fatto che la maggior parte delle famiglie ha un figlio dell’esercito e vorrebbe vederlo tornare a casa a qualsiasi costo.
Negli ultimi mesi è risaltato alle cronache israeliane il caso delle spoglie di due soldati, Oron Shaul e Hadar Goldin, uccisi dai palestinesi nella missione Scudo Protettivo del 2015. Le salme dei due giovani israeliani sono state catturate e nascoste dai miliziani palestinesi, i quali, dopo aver assicurato alle autorità israeliane di aver seppellito degnamente i resti, hanno chiesto un riscatto in cambio delle informazioni sul luogo di sepoltura.
Davanti a questa situazione l’intera popolazione si è mobilitata. Le famiglie dei due soldati hanno ripetutamente chiesto al Ministro della Difesa Avigdor Liberman, leader del partito di estrema destra Israel Beitenu, di aprire negoziati per riavere le salme. Il ministro ha accettato prontamente e molto tempo è stato speso in questi negoziati, soprattutto prima della campagna elettorale del 2015, per poi decidere di congelare le discussioni davanti a condizioni non favorevoli.
Proprio per questo rallentamento si è dimesso il responsabile militare dei negoziati con la Striscia di Gaza, Lior Lotan. Alla base di questa rottura vi è proprio il rifiuto di Lieberman di accettare un accordo costoso per Israele, volendo evitare un caso simile a quello del soldato Gilad Shalit. La vicenda ha scatenato le dure critiche delle famiglie e manifestazioni in tutta Israele, in particolare dai partiti di estrema destra competitor di Israel Beitenu.
Il caso di Gilad Shalit e le sue conseguenze
Per poter capire questi eventi è necessario fare un passo indietro e spiegare meglio il caso di Gilad Shalit, che rimane un precedente importantissimo in Israele. Il soldato semplice Shalit è stato catturato nel 2006 da Hamas e tenuto in ostaggio fino al 2011, quando, con un accordo, Israele lo ha liberato in cambio di 1,027 prigionieri palestinesi, tra cui Yahya Sinwar, attuale leader di Hamas nella Striscia.
Tutti i politici israeliani hanno visto questo accordo come una sconfitta, ma allo stesso tempo ha permesso al futuro premier Netanyahu di rafforzarsi politicamente. Dopo la liberazione di Shalit però tutte le famiglie israeliane hanno cominciato a chiedere lo stesso trattamento per tutti i soldati catturati, mentre dall’altra parte Hamas ha visto la propria posizione negoziale nei riscatti rafforzarsi. Il governo ha immediatamente capito la pericolosità di questo evento e ha infatti proibito qualsiasi altro accordo di questo genere, tirando la linea rossa che in questo momento il ministro Liberman sta solamente facendo rispettare.
Il primo ministro israeliano Netanyahu nel 2012, a pochi mesi dalla liberazione di Shalit, aveva aperto una commissione apposita per costruire nuove linee guida, affidando questo lavoro al Presidente della Corte Suprema, Meir Shamgar. I lavori conclusivi consigliavano di proibire per legge lo scambio tra spoglie israeliane e prigionieri palestinesi in vita, ma questo documento non è mai arrivato nella Knesset per motivi prettamente politici.
Il gioco politico israeliano
I partiti di estrema destra si sono opposti a questo tipo di accordo denunciando il documento come una scappatoia del governo dalle sue responsabilità verso la vita dei soldati. Queste ragioni di facciata nascondono le vere motivazioni di questi partiti, i quali hanno capito che le nuove regole avrebbero potuto mettere la parola fine alla spinta politica che arriva dal risentimento popolare verso il governo stesso e le forze che lo sostengono.
Da questa situazione appare molto chiaro il gioco politico circolare che si è venuto a creare, in particolare dopo le elezioni del 2015. Il Likud, partito dell’attuale primo ministro, ha bisogno dei partiti di estrema destra, non avendo raggiunto la maggioranza, per formare un governo. Questo permette a forze politiche minori di diventare fondamentali e di raggiungere ministeri importanti, come Liberman e il suo Israel Beitenu.
Nel caso, sfortunatamente, uno di questi partiti non riesca ad accordarsi con il Likud può porsi all’opposizione e accattivarsi la base del suo rivale dimostrando che quest’ultimo non difende Israele, polarizzando sempre di più la propria posizione. Proprio ciò che accade riguardo i prigionieri o le spoglie dei militari caduti. Questo gioco mediatico permetterà dunque al partito all’opposizione di allargare i propri consensi a discapito del partito di governo e magari riuscire ad entrare lui in coalizione con il Likud alle prossime elezioni.
Lo scenario che abbiamo davanti sembra portare verso una continua polarizzazione della politica israeliana. Riguardo le vicende delle ultime settimane molti analisti credono che il primo ministro Netanyahu potrebbe sacrificare la testa di Liberman, sostituendolo poi con un leader di un altro partito di estrema destra, facendo continuare il perverso gioco della politica israeliana.