Nonostante la repressione, le proteste popolari in Burundi non si sono fermate. Cinque anni dopo la terza rielezione di Pierre Nkurunziza in qualità di presidente e due anni dopo l’approvazione degli emendamenti alla Costituzione da lui fortemente voluti, il Paese non ha ancora cessato di mostrare il proprio dissenso. E inevitabilmente anche la repressione è continuata nel sangue.
Nkrunziza: una decisione inaspettata
Il Burundi è una Repubblica Presidenziale e domani i cittadini si recheranno alle urne per scegliere il nuovo presidente e rinnovare l’Assemblea Nazionale. L’elezione del presidente è a doppio turno: se domani nessuno dei candidati in corsa raggiungerà almeno la metà dei consensi si terrà un secondo turno di ballottaggio tra i due più votati. Nel caso dell’Assemblea Nazionale, invece, l’elezione avviene su base proporzionale.
La decisione dell’attuale presidente di non presentarsi alla prossima competizione elettorale ha sorpreso molti, soprattutto dopo il referendum di due anni fa. Ma Nkurunziza riceverà una lauta ricompensa per questo suo passo indietro: una nuova legge, da poco approvata dal Parlamento, ha infatti stabilito che al termine del proprio mandato il presidente otterrà una lussuosa villa costruita con fondi pubblici e una somma pari a circa 530.000 dollari. Inoltre, per il resto della sua vita, l’ex presidente beneficerà di un salario del valore pari a quello di un legislatore. Una fortuna non da poco, se consideriamo che circa il 65% della popolazione del Paese vive sotto la soglia di povertà, e il 50% soffre di insicurezza alimentare. E da ultimo, ma non per questo meno rilevante, il capo dello Stato ha ottenuto l’appellativo di “guida suprema” del Paese. Ancora non è chiaro cosa comporti questa nuova definizione, ma molto probabilmente Nkurunziza resterà una figura di spicco del panorama politico burundese.
Il partito di maggioranza: il CNDD-FDD
L’attuale partito di maggioranza, il Conseil National pour la Défense de la Démocratie-Forces pour la défense de la démocratie (CNDD-FDD), è l’erede politico del maggior movimento ribelle hutu durante la guerra civile. Governa il Paese dal 2005, quando al termine del conflitto, ha vinto le elezioni, conquistando 64 seggi su 118 all’Assemblea Nazionale. In questo modo il raggruppamento si è garantito la possibilità di scegliere il futuro presidente, Nkurunziza. In tutte le tornate elettorali successive l’opposizione non è mai riuscita a mettere in discussione il predominio del CNDD-FDD, che, infatti, ha replicato il risultato sia nel 2010 che nel 2015. Domani il partito lascerà un’ampia maggioranza in entrambe le Camere del Parlamento: 85 deputati su 121 all’Assemblea Nazionale e 33 su 43 al Senato.
Predominio indiscusso anche alle elezioni presidenziali: nel 2010 Nkurunziza ha ottenuto più del 90% dei consensi, mentre cinque anni dopo ha sfiorato il 70%. Accuse di brogli, intimidazioni e violazioni dei diritti umani in prossimità delle elezioni sono state frequentemente mosse nei suoi confronti dall’opposizione, ma finora con scarsi risultati.
Dato il ritiro di Nkrunziza, il CNDD-FDD ha scelto come suo candidato alla presidenza Evariste Ndayishimiye, uomo politico di fiducia di Nkurunziza e attuale segretario generale del partito. Una successione benedetta dal presidente uscente, che ha definito il candidato prescelto suo “erede” e si è mostrato fiducioso sul fatto che Ndayishimiye sarà la guida migliore per il Paese favorendone la crescita e lo sviluppo. Non a caso, infatti, il candidato della maggioranza promette che una volta eletto, nessun cittadino del Burundi sarà senza lavoro e che finalmente la povertà sarà completamente sradicata. Grandi promesse in un Paese dove il tasso di povertà assoluta è tra i più elevati del continente.
L’opposizione
Il CNL
Il maggior partito di opposizione, è il Congrés National pour la Liberation (CNL), guidato da Aghaton Rwasa. Il partito è nato solamente lo scorso anno, ma si è fin da subito posto come maggiore alternativa al CNDD-FDD. Sin dall’apertura della campagna elettorale, Rwasa ha avuto un inaspettato sostegno popolare e si è dimostrato molto combattivo. Più volte nei suoi comizi ha accusato il partito di maggioranza di aver cancellato la dignità dei burundesi e che ora è giunto il momento di ritrovarla. Proclama che il suo Burundi non sarà un Paese dove il lavoro è riservato solamente ai membri del partito di maggioranza, non sarà un Paese dal quale la popolazione è costretta a fuggire a causa della povertà, ma sarà un Paese nel quale tutti avranno la possibilità di ritornare e migliorare le loro condizioni di vita.
Le violenze nei confronti del suo partito si sono registrate su più fronti. Non solo esponenti del CNDD-FDD e dell’Imbronerakure, la milizia giovanile del partito del presidente, ma anche la polizia e i servizi segreti del Paese sono stati più volte accusati di atti di violenza nei confronti di esponenti del CNL e di suoi militanti. Detenzioni illegali, uccisioni e attacchi ai manifestanti sono ormai all’ordine del giorno da quando la campagna elettorale è iniziata.
Ma anche il partito riceve accuse. La polizia, in particolare, ha ritenuto i sostenitori del CNL responsabili di attacchi nei confronti di militanti del partito di governo. Rwasa, invece, viene considerato un sobillatore: incita volontariamente alla violenza nei confronti degli altri movimenti politici. Accuse molto simili a quelle che avevano portato alla sua incarcerazione nel 2010, poco prima delle elezioni, quando venne definito dagli organi di polizia “un pericolo” per la stabilità del Paese nell’immediatezza del voto.
L’UPRONA
Il merito dell’indipendenza del Burundi viene attribuito all’azione dell’Union pour le Progrès national (UPRONA), il maggior gruppo politico di etnia tutsi. Il partito fu il pilastro dei regimi dittatoriali che si avvicendarono negli anni ’80. Ad oggi, l’UPRONA rappresenta il maggior partito di opposizione in Parlamento, anche se detiene solamente due seggi sia all’Assemblea Nazionale che al Senato. Domani scenderà in campo nella lotta per la presidenza guidata dal suo leader, Gaston Sindimwo.
Il FRODEBU
Ndadaye, primo presidente democraticamente eletto della storia del Paese nel 1993, era il leader del Front pour la Démocratie au Burundi (FRODEBU). Dopo le elezioni del 2005 il partito a maggioranza hutu rappresentava la maggiore alternativa al CNDD-FDD. Ad oggi, invece, non può contare su propri rappresentanti in Parlamento, ma parteciperà comunque alla corsa presidenziale guidato da Ngendakumana.
Altri partiti e candidati
Oltre ai candidati sopra citati le elezioni odierne vedranno correre anche due candidati indipendenti: Francis Rohero e Dieudonné Nahimana.
L’elezione dell’Assemblea Nazionale, invece, coinvolgerà anche raggruppamenti minoritari, alcuni presenti in tutte le province, altri solamente in alcune.
Quale futuro dopo il 20 maggio?
Molti osservatori ritengono che il predominio del CNDD-FDD continuerà anche dopo queste elezioni. Infatti, nonostante il sostegno di cui Rwasa gode, le violenze e le intimidazioni indirizzeranno il voto nelle mani dell’attuale partito di governo.
Dal 2015, dopo la contestata rielezione di Nkurunziza, il Paese si trova in una condizione di isolamento, soprattutto sul piano internazionale. Una situazione causata da molteplici fattori: da un lato gli atteggiamenti autoritari adottati dal presidente uscente nei confronti dell’opposizione, e a seguire la limitazione della libertà di stampa e le violazioni dei diritti umani che hanno giustificato l’imposizione di sanzioni da parte della comunità internazionale; dall’altro lato, invece, alcune decisioni prese dal governo nei confronti di Paesi stranieri e organizzazioni internazionali. Si tratta ad esempio della scelta di espellere alcuni ambasciatori, in primo luogo il rappresentante del Belgio, ex potenza coloniale, ma anche della chiusura dell’Ufficio della Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Infine, l’espulsione di tre membri della Commissione di Indagine, sempre dell’ONU, a causa della pubblicazione di un report nel quale venivano criticate le misure repressive poste in essere dal governo, conferma il declino dell’Indice di Sviluppo Umano. Meno forte, invece, è l’isolamento di cui il Paese soffre a livello regionale: i membri dell‘East African Community, alla quale il Burundi ha aderito nel 2007, infatti, non hanno mai condannato ufficialmente gli atti di repressione nel Paese.
E’ probabile che gli slogan portati avanti durante la campagna elettorale non si tradurranno in reali politiche a vantaggio della popolazione e anzi, si assisterà all’approvazione di provvedimenti che consolideranno il potere della maggioranza. Il referendum di due anni fa ha già posto dei tasselli utili al consolidamento del potere presidenziale. Inoltre, è venuto meno l’obbligo di includere all’interno del governo esponenti dell’opposizione, dei quali è facile pensare che si assisterà a una sempre maggiore marginalizzazione. Il tutto a discapito delle pressanti richieste di maggiori libertà e diritti che provengono da numerosi attori della comunità internazionale rischiando così di aggravare ulteriormente l’isolamento del Paese invece di ridurlo.
Fonti e approfondimenti:
Abbott Pamela, Stubbs Thomas, Burundi elections: what’s at stake and what to expect, The Conversation, 30/04/2020
Assemblée Nationale du Burundi, Assemblée Nationale du Burundi
Burundi opposition party picks Aghaton Rwasa to run for president, AlJazeera, 16/02/2020
Burundi to give outgoing president luxury villa, over $500,000, AlJazeera, 22/01/2020
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CENI Burundi, Communication sur les resultat de l’analyse des candidatures aux elections legislatives 2020, CENI Burundi, 10/04/2020
Uwimana Diane, Burundi suspends presidential election for Burundians living abroad amid COVID-19 outbreak, IWACU English News, 17/04/2020
Manishatse Lorraine Josiane, Burundi officially launches electoral campaign for 2020 elections, IWACU English News, 28/04/2020
Misago Jérémie, Campagne électorale 2020: La police accuse le parti CNL de semer la terreur, IWACU, Les voix du Burundi, 29/04/2020
Uwimana Diane, 2020 Elections: CNL party concerned over political intolerance upsurge, IWACU English News, 24/04/2020
Vandeginste Stef, Burundi’s institutional landscape after the 2020 elections, Africa Policy Brief, N°30, 04/2020
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