Ricorda 1942: la battaglia di El Alamein

di Andrea Maisano 

La leggenda della guerra nell’Africa settentrionale, sublimata nell’epopea della battaglia di El Alamein, è una delle grandi narrazioni umane e militari della Seconda guerra mondiale.
La battaglia di El Alamein – termine con cui ci si riferisce abitualmente a quella che è in realtà l’ultima di tre battaglie combattute nel deserto egiziano tra il luglio e il novembre del 1942 – è uno dei punti di svolta della guerra. Churchill, con le sue perfette capacità aforistiche, riassunse così: «prima di El Alamein non sapevamo cosa fosse la vittoria. Dopo El Alamein non conoscemmo più la sconfitta».
Il fallimento del tentativo dell’Afrika korps di Rommel di sconfiggere definitivamente le forze inglesi, giungere ad Alessandria e chiudere l’accesso al Mediterraneo alla Royal Navy porterà così nel maggio dell’anno successivo alla sconfitta definitiva e al ritiro di tutte le truppe dell’Asse dall’Africa e al successivo sbarco delle truppe alleate in Sicilia che sarà una delle cause della caduta del regime fascista.

La campagna d’Africa

La campagna in nord Africa inizia nel settembre del 1940, quando le truppe italiane dalla Libia invadono l’Egitto. Gli inglesi nel dicembre dello stesso anno con l’Operazione Compass ricacciano le forze italiane verso le loro basi in Libia, è la “Caporetto del deserto”..
La sconfitta porta Adolf Hitler a decidere per l’invio di truppe tedesche in aiuto degli italiani. Il 14 gennaio 1941 sbarcano a Tripoli le prime truppe e quattro giorni dopo viene creato il comando di corpo d’armata del Deutsches Afrika Korps, al cui comando è posto Erwin Rommel.
Approfittando dell’invio di alcune delle truppe britanniche verso il fronte greco, Rommel va all’attacco già il 31 marzo. L’offensiva si arresta nei pressi del confine egiziano, con il porto di Tobruch assediato. Le vittorie ottenute nel contrastare le prime controffensive alleate – Operazione Brevity e Battleaxe – collaborano a creare e cementare la fama e la leggenda di Rommel e dell’Afrika korps.

A modificare i rapporti di forze è la logistica, elemento chiave di tutta la campagna del nord Africa, ed è così che le forze britanniche, potenziate sia numericamente sia in equipaggiamento, riescono attraverso l’Operazione Crusader a ricacciare gli avversari, a corto di rifornimenti e minacciati alle spalle da Tobruch, indietro fino a Bengasi.

Sempre la logistica rimette in discussione le sorti della campagna, in questa sorta di “guerra a pendolo” tra avanzate e ritirate, e l’arrivo di un convoglio – il primo da mesi – a Tripoli, il 5 gennaio 1942, riporta i tedeschi e gli italiani all’offensiva. L’avanzata si ferma di fronte alla linea fortificata di Ein-El-Gazala, tra Derna e Tobruch, anche a causa del rifiuto italiano di prendervi parte. Il 26 maggio, Rommel nella battaglia di Gazala travolge l’8a Armata britannica e conquista Tobruch il 21 giugno, catturando ingenti quantità di rifornimenti, il tutto con perdite minime. La vittoria porta a rinviare la progettata invasione di Malta, base aerea britannica e costante minaccia nei confronti dei convogli verso l’Africa. Dieci giorni dopo, le truppe dell’Asse invadono l’Egitto giungendo a soli 60 km da Alessandria. Negli stessi giorni, Claude Auchinleck, comandante in capo delle forze inglesi, destituisce Neil Ritchie dal comando della 8a Armata assumendone direttamente il comando. La linea di difesa viene assestata nei dintorni di El-Alamein, piccola stazione ferroviaria, dove la depressione di Al-Qattara a sud rende impossibile aggirare le posizioni di difesa britanniche.

Prima e seconda Alamein

Mentre la squadra navale inglese lascia il porto di Alessandria e gli arabi simpatizzanti della Germania nazista si preparano all’arrivo di Rommel, a El Cairo ci si affretta a bruciare i documenti degli archivi. È il 1° luglio, con amara ironia ribattezzato dai soldati il “Mercoledì delle ceneri”. Nelle prime ore dello stesso giorno ha inizio la prima battaglia di El Alamein, “il momento cruciale della guerra in Africa”. 

Le truppe italo-tedesche sono allo stremo delle forze, all’Afrika korps sono rimasti meno di 40 carri armati in condizione di combattere. Rommel, già il giorno dopo, commenta: «Purtroppo le cose non stanno andando come vorremmo. La resistenza è troppo grande e le nostre forze quasi esaurite». La battaglia termina a fine mese con poche modifiche nelle linee degli schieramenti.
Nonostante gli inglesi siano, per il momento, riusciti a fermare l’avanzata avversaria, la condotta della guerra da parte di Auchinleck, che dichiara di non poter riprendere l’offensiva prima di metà settembre, attira le critiche del governo britannico e spinge Churchill alla destituzione di Auchinleck e alla nomina come comandante in capo per il Medio Oriente di Sir Harold Alexander e di Sir Bernard Montgomery come comandante dell’8a Armata. Nel frattempo, l’arrivo di nuove unità, tra cui i paracadutisti della divisione Folgore e la CCXXVIII brigata paracadutisti Ramcke, cambia i rapporti quantitativi tra forze corazzate e unità fanteria che adesso costituiscono la maggioranza dell’Afrika Korps, inficiandone le capacità di movimento e di sfondamento. 

Appresa la notizia che ai primi di settembre è previsto l’arrivo a Suez di una grande quantità di rifornimenti, Rommel, lontano dalle sue basi di approvvigionamento, decide di colpire. Centro dell’offensiva, che inizia nella notte tra il 30 e il 31 agosto, è il ciglione Alam el Halfa, che dà il nome alla battaglia, nota alla storiografia italiana anche come seconda battaglia di El Alamein. Ed è così che tra il 30 agosto e il 4 settembre si svolge la “corsa dei sei giorni”, l’ultima offensiva di Rommel verso Alessandria.

Già nella notte tra il 30 e il 31 agosto si riscontrano i primi problemi, con le unità all’attacco che sono rallentate da profondi campi minati e da un intenso fuoco di artiglieria. Il ritardo nell’avanzata convince Rommel a ridimensionare i suoi piani, che decide di puntare su una «conversione verso nord anticipata rispetto a quanto previsto inizialmente». La forte resistenza avversaria e la ridotta quantità di carburante rimasta alle truppe italo-tedesche ne arrestano la spinta offensiva e il 3 settembre le forze di Rommel iniziano a ritirarsi su tutta la linea, ritirata che però non viene debitamente sfruttata dagli inglesi. La battaglia di Alam Halfa segna il momento in cui Rommel perde definitivamente l’iniziativa. Da questo momento in poi, soprattutto a causa della disparità nell’afflusso di rinforzi, diventa, per usare le sue stesse parole, «una battaglia senza speranza». Al Feldmaresciallo tedesco, il cui stato di salute è vicino al collasso, viene ordinato di tornare in patria per una licenza di almeno sei settimane, venendo momentaneamente sostituito dal generale di cavalleria Georg Stumme. 

Mentre Churchill spinge per una offensiva già a settembre, Montgomery è categorico, bisogna prendersi tempo per addestrare le truppe, creare un corpo d’armata mobile di mezzi corazzati, a imitazione dell’Afrika Korps, e permettere l’integrazione delle centinaia di nuovi carri armati e di cannoni da poco arrivati. Si decide quindi di attaccare a ottobre, poco prima dell’inizio dell’Operazione Torch, il previsto sbarco di truppe statunitensi nell’Africa nord-occidentale.

El Alamein

«Nella notte sul 24 ottobre un tiro di artiglieria, di violenza e proporzioni inusitate, si abbatteva sulle nostre posizioni di Alamein. Era l’inizio dell’offensiva nemica», queste sono le parole della relazione di Alberto Bechi Luserna, comandante del 187° reggimento paracadutisti Folgore. 

Montgomery, superiore di uomini e mezzi, decide di dare vita a una battaglia di attrito. Ai suoi 1000 carri armati, con 200 di rincalzo, tra cui i nuovi Sherman capaci di fronteggiare il Panzer IV, l’Asse può opporre meno di 500 carri e ai 230.000 uomini di Montgomery, solo 80.000 soldati. In ambito di artiglieria e potenziale aereo il rapporto è di 3 a 1. La difesa del corpo di armate italo-tedesco si basa su capisaldi e da zone di ampi campi minati tesi a ostacolare e convogliare i movimenti del nemico. 

Anticipato da un uragano di fuoco causato da più di 1000 cannoni, l’attacco è inizialmente respinto a sud, in particolare nel settore difeso dalla Folgore, ma ha maggior successo nella parte nord dello schieramento, seppure anche qui in parte rallentato dai campi minati. Solo nel secondo giorno, quattro brigate di mezzi corazzati riescono a superare l’ostacolo dei campi minati e disporsi in ordine di avanzata. Nel tentativo di bloccare l’espansione di questo cuneo i comandanti tedeschi fanno esattamente ciò che Montgomery vuole, gettando in campo le proprie ridotte forze in modo frammentario, a questi frenetici contrattacchi, i britannici rispondono con le loro forze corazzate che, attestate in ottime posizioni difensive, infliggono pesanti perdite al nemico. Nonostante ciò, il tentativo inglese di allargare la breccia viene bloccato quasi subito, con pesanti perdite, mentre Rommel, richiamato di fretta, ritorna sul campo di battaglia a riprendere il comando delle truppe.
Il nuovo piano di attacco dei britannici inizia il 2 novembre, cozzando ancora una volta con campi minati e una decisa resistenza. Le forze di Rommel sono però ridotte allo stremo – di 9000 uomini ne sono rimasti solo 2000, e l’Afrika Korps ha ormai solo una trentina di carri armati efficienti contro i 600 inglesi, una superiorità di 20 a 1

Rommel decide per il ripiegamento ma, con l’operazione già in atto, il 3 novembre arriva l’ordine di Hitler che indica come fondamentale la difesa della posizione di El Alamein, Rommel è quindi costretto a ordinare alle truppe di tornare sui propri passi, bruciando così ogni possibilità di costruire una linea di resistenza efficace. Quella stessa notte, un attacco inglese sfonda lo schieramento nemico nel punto di collegamento tra l’Afrika Korps e le truppe italiane. Nella breccia creata si infilano altre unità con l’obiettivo di piegare verso nord e tagliare la strada della ritirata. 

All’alba del 4 inizia la ritirata generale. Nei giorni successivi, Rommel riesce a sfuggire a ogni tentativo di Montgomery di tagliargli la strada della ritirata, ma le sue forze sono troppo ridotte per poter stabilire una nuova linea di difesa lungo la frontiera egiziana o in Cirenaica. Si arriva così, con le truppe italo-tedesche che si ritirano e gli inglesi dietro che piuttosto che inseguire seguono gli avversari, a Tripoli dove l’8a Armata entra il 23 gennaio, tre mesi dopo l’inizio dell’offensiva a El Alamein. 7

«Mancò la fortuna, non il valore»: il mito di El Alamein

La battaglia di El Alamein non costituisce solamente una delle battaglie cruciali della Seconda guerra mondiale, ma ha portato anche alla creazione di svariati miti legati alla guerra, quello dell’Afrika Korps e del suo comandante, la Volpe del deserto, Erwin Romell, ma anche del generale avversario, Montgomery, “Monty”. Nella storiografia italiana, El Alamein rappresenta un capitolo particolare, una sconfitta in cui però le truppe italiane hanno brillato per coraggio e capacità di resistenza


Il sacrificio della Divisione corazzata Ariete – la più citata nei bollettini del Comando supremo – ma anche le imprese dei “ragazzi” della Folgore rievocate magistralmente dal loro comandante Alberto Bechi Luserna e il ricordo della figura di Paolo Caccia Dominioni – comandante del XXXI battaglione Guastatori e ideatore del sacrario militare di Quota 33 – ci restituiscono un’epica del valore e della dignità nella sconfitta. Per riprendere la nota frase, riportata a poca distanza dal sacrario militare italiano, «mancò la fortuna, non il valore».

 


Fonti e approfondimenti


Pier Paolo Battistelli, Afrika Korps, 1941-1943, Leg, Gorizia 2012.

Alberto Bechi Luserna, Paolo Caccia Dominioni, I ragazzi della “Folgore”: memorie di guerra, Libreria militare, Milano 2007.

Paolo Caccia Dominioni, El Alamein 1933 – 1962, Longanesi, Milano 1966.

Gabriele De Rosa, La passione di El Alamein, Donzelli, Roma 2002.

Ken Ford, El Alamein 1942, Leg, Gorizia 2012.

Mario Isnenghi e Giulia Albanese, Gli italiani in guerra: conflitti, identità, memorie dal Risorgimento ai nostri giorni, vol. 4.2: La seconda guerra mondiale, Utet 2008.

B.H. Liddell Hart, Storia militare della Seconda guerra mondiale, Mondadori, Milano 1996.

Mario Montanari, The three battles of El Alamein, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, Roma 2007.

 

 

Editing a cura di Francesco Bertoldi

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