La battaglia di Kursk, svoltasi dal 5 al 16 luglio 1943 e combattuta sul fronte orientale tra le forze dell’Unione Sovietica e della Germania nazista, rappresenta uno dei punti di svolta della Seconda guerra mondiale. Tale scontro è, ancora ad oggi, la più grande battaglia di carri armati della storia, con più di 5.000 mezzi corazzati impiegati in combattimento. Il suo esito segnò la fine delle speranze della Germania nazista di poter arrestare l’avanzata sovietica e mise in luce definitivamente la forza della macchina industriale di Mosca, ormai capace di alimentare continuamente l’Armata Rossa con mezzi e armamenti di qualità.
La situazione prima della battaglia
Con la resa del 2 febbraio 1943 del generale tedesco Friedrich Paulus a Stalingrado, l’iniziativa era ormai in mano ai sovietici. Di fatto, la fine dell’epico scontro nella simbolica città e la neutralizzazione della 6ª armata tedesca, la quale per mesi aveva resistito ai tentativi sovietici di riprendere Stalingrado, aveva consentito a Mosca di concentrare le sue energie per respingere le forze tedesche su tutta la linea del fronte.
Per tutto il mese di febbraio e fino agli inizi di marzo, le forze dell’URSS, guidate dal Maresciallo Georgij Žukov, erano riuscite a ricacciare la Wehrmacht quasi al confine con l’Ucraina, allora parte del territorio dell’Unione Sovietica. Tuttavia, grazie alle iniziative del feldmaresciallo Erich von Manstein, i tedeschi, con l’inizio della primavera, avevano riconquistato Kharkov e Belgorod e impedito all’Armata Rossa di liberare Orel, arginando così l’avanzata sovietica. Ciò consentì alle forze naziste di stabilizzare il fronte.
Proprio questi elementi avevano creato la situazione ideale per i tedeschi per tentare di sferrare un duro colpo alla macchina militare sovietica. Di fatto, nel marzo del 1943, si era formato sulla linea delle forze sovietiche un notevole saliente (ossia la parte più avanzata di uno schieramento militare) nei pressi della città di Kursk. Con un’estensione di quasi 180 km e profondo 100 km, il saliente sovietico si incastonava proprio tra la città di Orel a Nord, e quelle di Kharkov e Belgorod a Sud, appena ricatturate dai tedeschi. Si era dunque creata una sacca di forze sovietiche minacciata su ben tre lati dallo schieramento tedesco.
Tale situazione rappresentava una ghiotta occasione per i tedeschi che, con un’abile manovra a tenaglia, potevano in questo modo far convergere le loro forze da Orel e Kharkov e chiudere la loro morsa su Kursk. Una tale mossa, in caso di successo, avrebbe consentito ai tedeschi di circondare la punta più avanzata delle forze sovietiche, costituita da circa un milione di soldati, e di strappare l’iniziativa dalle mani di Žukov.
Il piano tedesco
Nell’ottica di von Manstein, per garantire la riuscita del piano sarebbe stato necessario attaccare immediatamente per impedire ai sovietici di consolidare le proprie posizioni. Tuttavia, Hitler non era dello stesso avviso, in quanto egli reputava necessario sostituire prima i mezzi corazzati perduti durante la campagna invernale e rinfoltire il personale militare disponibile nel settore di Kursk.
Infatti, nuovi battaglioni supplementari erano in quel momento sulla strada per il fronte. Questi rinforzi erano dotati dei nuovi carri armati Tiger e Panzer V Panther, i quali erano capaci di tener testa ai leggendari T-34 russi. Inoltre, la forza d’assalto tedesca avrebbe beneficiato anche dei nuovi aerei Focke-Wulf-190A e Heinkel-129. Il comando tedesco, decise quindi di attendere fino agli inizi di luglio prima di sferrare il suo attacco.
Secondo il piano, l’offensiva sul lato Nord sarebbe stata affidata alla 9ª armata, posta sotto il comando del generale Walter Model, mentre la 4ª armata avrebbe attaccato da Sud partendo da Kharkov e Belgorod. Quest’ultima venne posta sotto il comando del generale Hermann Hoth. In totale, le forze tedesche alla vigilia della battaglia di Kursk ammontavano a 900.000 soldati, 2.700 carri armati, 2.000 velivoli militari e 10.000 pezzi d’artiglieria.
Il piano sovietico
Dal canto loro, i sovietici si aspettavano un attacco tedesco nel settore di Kursk già da aprile. Grazie a un’intensa attività di ricognizione e spionaggio, il Maresciallo Žukov aveva intuito quali sarebbero state le modalità di azione dei tedeschi e informato Stalin del pericolo.
Quest’ultimo aveva inizialmente chiesto a Žukov di rispondere all’imminente attacco tedesco con una massiccia controffensiva, ma il maresciallo convinse Stalin ad adottare un piano più prudente. I tedeschi stavano per attaccare i russi proprio nel punto più forte del loro schieramento, Žukov preferiva quindi attendere che l’attacco nemico si infrangesse contro le sue linee difensive, perdendo i propri mezzi corazzati e logorando le sue truppe; esauritosi lo slancio iniziale dei tedeschi, i sovietici avrebbero poi contrattaccato e sbaragliato le forze nemiche.
Approfittando del ritardo necessario ai tedeschi per rafforzare i propri schieramenti, Žukov predispose la costruzione di un elaborato sistema difensivo su entrambi i fianchi del saliente. Il futuro campo di battaglia venne così guarnito di un fitto reticolo di trincee e di postazioni dotate di artiglieria anticarro. A completare le difese sovietiche vi erano più di 40.000 mine che avrebbero sfoltito le linee corazzate nemiche.
Il genio militare e le intuizioni di Žukov non erano gli unici elementi a favore dei sovietici. Dalla parte dell’URSS vi era anche una schiacciante superiorità numerica in termini di mezzi e uomini. Lo schieramento del maresciallo poteva contare, infatti, su ben 1.330.000 soldati, 3.300 carri armati, 20.000 cannoni e 2.600 aerei.
Lo svolgimento della battaglia
La battaglia ebbe inizio il 5 luglio con l’attacco tedesco sferrato sia da Nord che da Sud. Nel settore Nord, il generale Model, al contrario di quanto predisposto dalla dottrina militare tedesca, decise di impiegare solo una parte delle proprie forze corazzate al fine di mantenere a disposizione una riserva per le fasi successive della battaglia. Tuttavia, l’offensiva tedesca si trovò sin da subito sotto i martellanti bombardamenti dell’artiglieria sovietica. Tale fuoco di sbarramento, insieme al sistema difensivo dei sovietici, costrinsero la 9ª armata tedesca ad arrestare la propria avanzata al termine del primo giorno di combattimenti.
Una situazione ben diversa si prospettava invece a Sud, dove il generale Hoth impiegò tutte le sue forze sin da subito. Nonostante la feroce resistenza sovietica, la 4ª armata riuscì a penetrare nelle linee difensive di Žukov e a prendere la città di Cerkasskoye.
Il giorno successivo, anche il generale Model a Nord decise di impiegare tutte le sue forze per spezzare le difese dell’Armata Rossa, ma il nuovo attacco si infranse ancora una volta contro le difese sovietiche. In particolare, i campi minati inflissero diverse perdite ai battaglioni corazzati del Reich costringendo Model ad arrestare la sua offensiva. Il fronte Nord era ormai stato messo al sicuro dalle forze di Žukov.
Di contro, nei giorni successivi della battaglia, la 4ª armata continuò ad avanzare da Sud penetrando oltre le linee nemiche per ben 20 km. Il 12 luglio, il grosso delle forze corazzate tedesche si apprestava a catturare la cittadina di Prokhorovka, ma le colonne avanzanti del Reich si trovarono subito a fare i conti con un feroce contrattacco della 5ª armata corazzata sovietica.
Ebbe così inizio un micidiale e confuso scontro ravvicinato tra carri. Il combattimento tra le due formazioni corazzate proseguì per diverse ore senza la possibilità per i rispettivi comandanti di manovrare le forze ingaggiate. I fumi causati dai carri distrutti impedirono alle forze aeree da ambo i lati di intervenire nel combattimento, mentre anche la fanteria rimase impotente di fronte a tale scontro tra titani d’acciaio. In questa epica battaglia, furono i T-34 dei sovietici ad avere la meglio, in quanto più veloci e agili rispetto ai carri tedeschi, e quindi più adatti agli ingaggi “corpo a corpo”. Inoltre, i poderosi cannoni 88-millimetri dei Tiger non erano molto efficaci nei combattimenti ravvicinati. Così, l’offensiva tedesca si spezzava anche a Sud, mentre, il 13 luglio, un contrattacco sovietico catturava la città di Orel a Nord di Kursk: il piano tedesco si era rivelato un fallimento totale.
Conseguenze
Sebbene anche i sovietici avessero subito un numero spropositato di perdite durante la battaglia di Kursk, specialmente in termini di mezzi, la macchina industriale sovietica era oramai in grado di rimpiazzare i carri perduti repentinamente. La situazione era ben diversa per le industrie tedesche che si trovavano ormai in difficoltà nel far fronte alla crescente domanda di armamenti. Inoltre, lo sbarco alleato in Sicilia del 10 luglio, costrinse Hitler a richiamare parte delle sue forze dal fronte orientale per poterle impiegare in Italia. I tedeschi avevano perso l’ultima occasione per arrestare l’avanzata dell’Armata Rossa ad Est: la guerra si avviava verso il suo atto finale e la vittoria degli Alleati era ormai solo questione di tempo.
Fonti e approfondimenti
Jonas Goldstein, The Kursk Battle: The Eastern Front’s Turning Point, Warfare History Network, accesso effettuato il 10 luglio 2023.
Peter Chen, Battle of Kursk, World War II Database, accesso effettuato il 10 luglio 2023.
Roberto Genovesi, Storia Battaglia di Kursk: il più cruento scontro tra carri armati della Storia, Focus, 5 luglio 23.
Editing a cura di Beatrice Cupitò