Guerra in Ucraina: droni a confronto

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Nella guerra moderna, gli UAV (Unmanned Aerial Vehicles – velivoli a pilotaggio remoto), o più semplicemente droni, occupano ormai un ruolo di primaria importanza.

Dai modelli militari più grandi, a quelli di tipo commerciale di piccola taglia, questi sistemi vengono utilizzati non solo come arma di offesa, ma anche come strumento di ricognizione. Grazie ai droni, qualsiasi organizzazione militare (anche quelle con risorse economiche più ridotte) ha la possibilità di raccogliere informazioni in tempo reale, incrementando così le proprie capacità di ISR (Intelligence, Surveillance & Reconnaissance).

I droni nei teatri bellici

Fino a poco tempo fa, quando si parlava di UAV, si faceva spesso riferimento a scenari bellici di tipo asimmetrico, ossia dove una delle parti belligeranti ha a disposizione un apparato militare molto più forte e sofisticato dell’avversario. Era il caso degli Stati Uniti in Afghanistan, dove, per tutta la durata del conflitto le forze USA hanno impiegato i propri droni d’attacco, i famigerati Predator e Reaper, per dare la caccia ai talebani e ai leader di al-Qaeda. 

Negli ultimi anni, anche milizie e attori non statali hanno saputo dotarsi di droni a basso costo, spesso di tipo commerciale, proprio per tentare di ridurre il divario tecnologico con i loro nemici. È il caso di Hezbollah, Hamas e i ribelli Houthi, ma anche dello Stato Islamico.  

Con lo scoppio della guerra in Ucraina tale fenomeno ha raggiunto una dimensione mai vista prima, in quanto entrambi i Paesi belligeranti hanno fatto un vasto utilizzo di droni. Si tratta, quindi, di due forze convenzionali capaci di schierare sul campo di battaglia vere e proprie flottiglie (o sciami) di UAV per raggiungere diversi scopi tattici. 

Già nel 2020, durante la guerra tra Azerbaijan e Armenia, anch’essa combattuta tra due forze militari regolari, si era prospettato uno scenario simile, in quanto i contendenti hanno entrambi fatto utilizzo di sistemi a pilotaggio remoto, ma mai raggiungendo le proporzioni che oggi si vedono in Ucraina.

I droni usati dalla Russia

Tra i droni impiegati dalla Russia spicca il Shahed-136, di produzione iraniana e soprannominato dai russi Geranium-2. Si tratta di un sistema UAV di medie dimensioni e con un’apertura alare di 2.5 metri. Questo drone di tipo kamikaze, viene scagliato contro i propri obiettivi, esplodendo a contatto con la testata esplosiva con cui è armato. 

I Shahed-136 sono velivoli a pilotaggio remoto a utilizzo singolo, ma che presentano diversi vantaggi. Di fatto, tali droni hanno un costo relativamente basso, circa 20.000 dollari, a differenza di altri sistemi più sofisticati e di alcuni missili impiegati dai russi. Talvolta, come riportato dal Guardian, i Shahed-136 costano meno dei sistemi utilizzati dalle forze ucraine per abbatterli, come ad esempio i missili cruise C-300 e i sistemi terra aria NASAMS (National Advanced Surface-to-Air Missile System) di produzione danese. 

Inoltre, il Shahed-136 ha la capacità di volteggiare per diverso tempo nelle vicinanze del proprio bersaglio fino a quando non riceve il comando di attaccare. Grazie alle sue dimensioni, questo sistema si è rivelato molto difficile da individuare per le difese ucraine, seminando il terrore. Mosca ha impiegato i Shahed-136 per neutralizzare diversi obiettivi militari nella regione di Kharkiv, ma anche per colpire infrastrutture strategiche (ad esempio centrali elettriche) ed edifici civili a Odessa, Kyiv e Mykolaiv.

Di contro, l’impiego di Shahed-136 rivela alcune debolezze della Russia. Infatti, questi droni vengono utilizzati come un’alternativa ai missili, in quanto le riserve di Mosca di tali armamenti più sofisticati si stanno lentamente esaurendo

Un altro drone utilizzato dai Russi è l’Orlan-10, di produzione domestica. Si tratta di un sistema UAV di piccole dimensioni impiegato per operazioni di ricognizione e raccolta di intelligence, e capace di volare autonomamente per diverse ore. 

La particolarità di questo velivolo consiste nell’avere capacità di guerra elettronica. Esso viene quindi utilizzato anche per disturbare e inceppare i sistemi di comunicazione nemici, inclusi quelli dei droni ucraini, una caratteristica da non sottovalutare in un teatro bellico in cui i velivoli UAV dominano i cieli. L’Orlan-10 si è rivelato essere un’arma molto efficace nelle mani dei russi, specialmente per l’identificazione dei bersagli da colpire con la propria artiglieria. 

Tuttavia, come riportato dal Washington Post, gli ufficiali ucraini affermano che l’utilizzo da parte di Mosca degli Orlan-10 sembra essere diminuito, suggerendo una difficoltà di Mosca nel mantenere un grado di produzione soddisfacente di questo strumento.

I droni usati dalle forze ucraine

Tra i droni utilizzati da Kyiv, il Bayraktar-TB2 può essere considerato come il pezzo pregiato della flottiglia ucraina.

Di produzione turca e con un’apertura alare di 12 metri, il Bayraktar TB2 rientra nella categoria dei droni militari di grossa taglia.  Velivolo d’assalto molto sofisticato, in quanto armato con missili a guida laser, questo sistema viene utilizzato dagli ucraini sia come drone di attacco, che come drone di ricognizione. In particolare, il Bayraktar TB2 si è rivelato molto efficace nel neutralizzare i mezzi corazzati e le postazioni di artiglieria russe, ma anche per colpire bersagli oltre le linee nemiche. 

Come i russi, anche Kyiv utilizza droni kamikaze. Lo Switchblade-300 di produzione statunitense può essere considerato l’equivalente del Shahed-136 utilizzato dai russi. Si tratta di un sistema di dimensioni ridotte, molto difficile da individuare e sviluppato per colpire piccoli gruppi di soldati o mezzi corazzati: la piccola taglia ne limita il raggio di azione (circa 10 km), ma il potenziale distruttivo sembra superiore a quello del Shahed-136.

Inoltre, l’Ucraina riceverà presto dalla Germania diversi esemplari di Vector, droni di ricognizione con una durata di volo di circa 120 minuti e la possibilità di trasmettere informazioni a più di 30 km di distanza. Questo sistema UAV consentirà agli ucraini di incrementare la precisione della propria artiglieria.

A popolare i cieli ucraini, non sono solamente i droni militari, ma soprattutto i sistemi commerciali di piccola taglia. Ne è un esempio il Mavic 3, un velivolo prodotto dall’azienda cinese DJI e dal costo di soli 4.000 dollari. 

Il Mavic 3 viene utilizzato sia dai russi, sia dagli ucraini, specialmente per missioni di ricognizione, ma tali droni commerciali possono anche essere armati con granate esplosive, le quali vengono rilasciate sui bersagli. Bisogna precisare che la DJI non vende direttamente i Mavic 3 alle due potenze belligeranti, ma questi sistemi, essendo prodotti commerciali disponibili su vasta scala, riescono comunque a raggiungere i campi di battaglia. Altri modelli simili e utilizzati in Ucraina sono l’EVO II e il Matrice 300. 

Sono proprio questi sistemi di dimensioni ridotte a far comprendere l’enorme potenziale che hanno i droni nei teatri bellici contemporanei. Persino gli esemplari più primitivi hanno la capacità di trasmettere in tempo reale le posizioni e gli spostamenti delle forze nemiche, consentendo alle artiglierie di incrementare la propria precisione, ma anche di aggiustare il tiro dopo un primo raid o di verificare le condizioni del bersaglio. Tutto ciò a un costo tutto sommato effimero. 

L’impatto propagandistico dei droni e risvolti futuri

Sono diversi i vantaggi tattici apportati dai droni, ma non bisogna sottovalutare l’impatto psicologico di queste armi difficili da individuare. 

Rispetto alla Russia, L’Ucraina ha saputo sfruttare di più i droni, rendendoli uno dei simboli della resistenza. I social media, sin dallo scoppio della guerra, hanno visto la pubblicazione di diverse immagini e video degli attacchi delle forze ucraine contro i mezzi corazzati russi o altri obiettivi militari, trasformandoli in uno strumento di propaganda nelle mani di Kyiv.

Infine, non bisogna trascurare che, con l’allungarsi della guerra, saranno sempre maggiori gli sviluppi tecnologici apportati ai droni. Al momento, alcuni modelli hanno già la possibilità di agire autonomamente, come il drone di sorveglianza Orlan-10 usato da Mosca. Ma la domanda che ormai ci si pone è se si arriverà mai alla produzione anche di droni d’attacco capaci di operare indipendentemente, riponendo quindi la decisione di eliminare o meno un bersaglio nelle mani dell’Intelligenza artificiale (IA). I recenti sviluppi in questo settore sembrano suggerire tale ipotesi. 

 

Le opinioni espresse in questo contributo sono esclusivamente attribuibili all’autore.

 

Fonti e approfondimenti

Andrey Gurkov, “Drones for Ukraine, made in Germany”, DW, 2 gennaio 2023

BBC, “How are ‘kamikaze’ drones being used by Russia and Ukraine?”, 3 gennaio 2023

Christoph Hasselbach, “Russia steps up use of kamikaze drones in Ukraine”, DW, 4 gennaio 2023

Daniel Boffey, “Financial toll on Ukraine of downing drones ‘vastly exceeds Russian costs’”, The Guardian, 19 ottobre 2022

Danny Romano, “How to Beat the Orlan 10 – Examining the Russian Drone Causing Mayhem in Ukraine”, 20 maggio 2022

Isabelle Khurshudyan, Mary Ilyushina e  Kostiantyn Khudov, “Russia and Ukraine are fighting the first full-scale drone war”, The Washington Post 2 dicembre 2022

Stefan Wolff e David Hastings Dunn, “Ukraine war: drones are transforming the conflict, bringing Russia on to the frontline”, the Conversation, 13 dicembre 2023

 

Editing a cura di Elena Noventa

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: