La deriva del Venezuela è descritta dalle cifre della sua economia. Il paese negli ultimi dodici mesi ha perso il 16,5 % del PIL. L’inflazione è salita del 275%. Un dollaro americano può essere comprato sul mercato nero anche a 1000 Bolivares Fuerte ( moneta venezuelana). Il prezzo della benzina al consumatore è salito del 6000% e il presidente Nicolas Maduro ha alzato di 15 centesimi il prezzo del greggio al gallone (un aumento altissimo per la media venezuelana) dopo aver dichiarato la crisi alimentare.
Non bisogna essere degli esperti per capire che il paese sta affondando. Il presidente Nicolas Maduro è in carica dal 14 aprile 2013 dopo la morte di Hugo Chavez, padre della rivoluzione venezuelana. Il presidente non ha mai goduto di un periodo di stabilità da quando è salito al potere dato che l’economia venezuelana con la discesa dei prezzi di petrolio è sempre stata in grande difficoltà.
Maduro è il leader del PSUV (Partito socialista Unito del Venezuela) uscito duramente sconfitto nelle ultime elezioni di dicembre 2015 dove l’opposizione ha trionfato, conquistando la maggioranza qualificata dei seggi. Avrebbero in realtà la possibilità di indurre il referendum per far estinguere il mandato presidenziale ma sanno bene che la popolazione è ancora profondamente innamorata del Chavismo.
Chavez ha sempre lavorato per il popolo e infatti alcune delle sue proposte più famose hanno riguardato la nazionalizzazione dei pozzi petroliferi e delle industrie agricole, la lotta alla povertà attraverso sovvenzioni e lo sviluppo di un istruzione gratuita. Mentre si è sempre speso in una campagna anti-statunitense e contro i “nemici del popolo”, come definiva il Fondo Monetario Internazionale.
Ma il Venezuela è sempre stato un paese denso di contraddizioni. Il sistema ha un tasso di corruzione altissimo, si stima che la coruzione valga il 7% del PIL (dati di Transparency ). Le industrie sono state nazionalizzate ma gli amministratori non si sono rivelati capaci o hanno lucrato su esse e la maggior parte di esse sono fallite. La disoccupazione sfiora l’80% e la popolazione sopravvive solo grazie agli assegni statali mettendosi in fila nei supermercati dove le riserve di cibo sono state razionate.
Attualmente il 50% del Prodotto Interno Lordo del paese è prodotto dalla vendita di petrolio e con la folle caduta del prezzo del greggio il paese sta annaspando. La popolazione è in totale emergenza alimentare e sanitaria si stima che nel 2015 si sia speso per importare cibo e medicinali 37 miliardi di dollari ma per il 2016 il governo avrà a disposizione solo 18 miliardi di cui di cui 10 serviranno per ripagare i creditori che altrimenti farebbero fallire il paese.
Maduro ha sempre optato per la linea dura contro il capitalismo, contro l’opposizione, per il popolo e per il Venezuela ma adesso sembra forse recedere dalle sue idee. Il presidente proprio ieri ha fatto dimettere Luis Salas , sociologo ed economista luminare che si è sempre detto contrario ai mercati, e lo ha sostituito con Miguel Perez , uomo di affari più morbido nei confronti dei mercati globali. La salvezza, temporanea, potrebbe arrivare dalla Cina che sembra intenzionata ad aumentare il prestito che già ha fatto (50 miliardi), accettando il pagamento in greggio grezzo. Ma Maduro se vuole continuare il sogno di un Venezuela chavista dovrà rimettere in modo un economia ferma e ricominciare a creare al suo interno posti di lavoro per la sua popolazione e quelle riserve di cibo che adesso importa dall’estero.
Da leggere su Venezuela:
https://www.transparency.org/country/#VEN
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02/25/venezuela-storia-di-un-petrol-stato-gestito-male/2493640/