Il morbo della corruzione e il futuro del Brasile

Tra molti anni le nuove generazioni di sudamericani, nello studiare la storia del Brasile, si imbatteranno in una data cruciale: il 2016. Forse non daranno a questo 2016 l’importanza che si merita, forse, come in Italia, si preferirà dimenticare i recentissimi spartiacque per concentrarsi su tematiche più nobili avvolte nell’aura del passato. Se ai giovani brasiliani non si farà comprendere la portata degli eventi sorti nel 2016 non ci sarà consapevolezza nelle prossime generazioni su quanto la corruzione sia il nemico numero uno per il paese.

La presidente Dilma Rousseff sta per essere deposta. Il 17 aprile la camera bassa del congresso ha approvato l’impeachment (messa in stato d’accusa) con una maggioranza di  367 su 511 deputati , le speranze della presidente sono state ridotte in frantumi dal tradimento di Michel Temer suo vicepresidente ed alleato al congresso il quale ha mobilitato il suo partito contro la presidenta Rousseff.

Dopo grandi manifestazioni nelle piazze del paese divise fra pro e contro impeachment la partita si è chiusa a favore dei pro, data anche la recessione e gli scandali di corruzione che hanno colpito la classe politica, tanto da rendere uno sfocato ricordo i 54 milioni di voti raggiunti dalla Rousseff appena un anno prima. La prima donna eletta presidente in Brasile verrà ricordata (forse) anche per uno dei casi più clamorosi, non l’unico, di golpe mascherato da impeachment.

L’impeachment è il mezzo attraverso il quale le camere possono destituire il capo dello stato, tipico degli ordinamenti federali in cui il potere del presidente può essere arginato da quest’arma nelle mani del congresso.

Negli ultimi giorni alcune storylines di questo romanzo si sono intrecciate. Eduardo Cunha, presidente della camera che aveva fomentato il voto contro Rousseff, è stato deposto a seguito delle accuse di corruzione e tangenti a suo carico. Il suo sotituto Waldir Maranhão ha tentato l’all in dichiarando nullo il voto della camera del 17 aprile. La costituzione è contro di lui in quanto, sancito da un voto favorevole della camera, l’impeachment non può essere bloccato. La decisione resta dunque nelle mani del Senato, dove nei prossimi giorni sarà matematicamente rettificata la scelta dei deputati.

Dilma Rousseff, dopo il voto del Senato, sarà deposta momentaneamente per 180 giorni e in questo lasso di tempo si svolgerà il processo. L’accusa mossa è di aver truccato i conti statali per descrivere una condizione finanziaria del paese migliore di quella reale. Il suo successore sarà proprio Michel Temer. Tuttavia la giustizia potrebbe mettere i bastoni fra le ruote al vicepresidente come ha fatto con Eduardo Cunha, in questo caso l’incarico passerebbe (secondo costituzione) al presidente del Senato Renan Calheiros, anche questo accusato nelle indagini “lava jato”, indagini con cui buona parte della classe politica brasiliana ha a che fare.

Svanito ogni legame di fiducia tra i cittadini e la classe politica, l’unica istituzione che regge ed emerge dal cataclisma è la magistratura. Diversi sono i giudici che già da prima del tormentato implodere del sistema avevano preannunciato pulizia tra i partiti e nelle istituzioni. Ora molti di questi sono sempre più invocati dalle masse manifestanti, i loro volti sugli striscioni e i loro nomi in slogan contro la classe politica.

Sergio Moro ad esempio è il giudice più famoso del momento. Partiamo da un elemento che lo avvicina all’Italia più di quanto possiamo pensare. Moro è un estimatore e studioso del processo “Mani Pulite”, l’operazione mastodontica che negli anni ’90 affondò la classe politica italiana, sancendo la fine della prima repubblica, anch’essa affogata nella corruzione da lei generata. Moro elogia il rapporto fra magistratura e stampa che si creò in quegli ultimi anni di prima repubblica. E’ fondamentale, per Moro, che qualsiasi processo tragga forza ed appoggio dalla società civile così da poter mantenere la politica in stato d’assedio e con un profilo difensivo.

Moro è considerato un supereroe dai milioni di brasiliani in piazza. A capo del gruppo di magistrati che hanno dato il via a “lava jato”(autolavaggio), un’operazione che ha smascherato un riciclaggio da 3 miliardi di euro, operato dalla azienda di stato Petrobras, con soldi pubblici.

Moro è riuscito nel suo intento, i brasiliani sono pazzi di lui e la élite politica lo teme. Molti di coloro che nei prossimi mesi vorranno prendersi il posto di Dilma Rousseff dovranno prima passare sotto il metal detector della giustizia, tra questi anche i papabili successori. Bisognerà vedere nei prossimi giorni, in cui di magistratura si sentirà molto parlare (dato l’inizio del processo), se la notorietà e la fiducia raccolta dai tutori della legge si tradurrà in giustizia e non nell’ennesima fazione in lotta nella complessa dinamica brasiliana.

La corruzione è la foce dei molti problemi in Brasile, nata dalla classe politica ed esplosa nelle grandi imprese statali come Petrobras (azienda petrolifera). Ora come un boomerang sta tornando nei palazzi del potere, le istituzioni sono malate, i partiti sono malati, la corruzione sta generando un caos istituzionale che nessuno avrebbe sperato, ma che molti avrebbero potuto arginare.

A prescindere dall’esito del processo sarà doverosa una riforma della classe politica, una seconda repubblica brasiliana che nasca su basi diverse da quelle attuali. Un altro impeachment che pochi ricordano fu quello che depose Fernando Collor nel 1992, il presidente fu accusato di aver sottratto fondi pubblici e di aver aperto conti segreti all’estero.

Oggi tuttavia si sta attuando un golpe bianco, una classe politica che predica bene e razzola malissimo, che condanna una donna amata dai suoi elettori e premiata nell’arena elettorale. Michel Temer a oggi avrebbe il voto dello 0,8% dei brasiliani, il resto del congresso che giudicherà sulla colpevolezza di Dilma Rousseff (accusata di irregolarità di bilancio) è in buona parte composto da individui che attendono condanne per corruzione, tangenti, omicidi e abusi di potere.

Oggi più che mai i brasiliani hanno bisogno di capire quale strada intraprendere, quali sbagli non ripetere ancora, di chi fidarsi, come esprimersi e quali diritti difendere fino alla fine.

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