Se qualcuno si fosse trovato all’aeroporto di Teheran esattamente una settimana fa avrebbe visto atterrare un aereo battente bandiera indiana. Probabilmente lo avrebbe preso come un qualsiasi altro aereo, senza sapere che probabilmente quell’atterraggio potrebbe cambiare la storia dell’intera regione.
È la prima volta, in 15 anni, che un primo ministro indiano incontra il presidente della Repubblica iraniana. Questi incontri sono sempre stati poco proficui per colpa di posizioni diametralmente opposte dei due paesi. L’India, la più grande democrazia del mondo, è sempre stata su posizioni fortemente filo-occidentali, la sua partecipazione al Commonwealth ha sempre indirizzato la sua politica estera ed è chiaro, dunque, il motivo per cui i rapporti con l’Iran, il grande demonio per gli occidentali, non siano mai stati al centro degli interessi indiani. Anche dal punto di vista della politica interna nessun leader indiano di religione indù avrebbe voluto farsi ritrarre nel momento in cui stringe la mano ad un paese che fa dell’Islam la sua bandiera e la sua forza.
Ma qui siamo davanti a due presidenti e a due paesi che non somigliano minimamente ai leader del passato o a paesi che erano pochi anni fa. Hassan Rohani, leader del partito riformista iraniano, sta modificando la politica iraniana interna ed estera. L’esempio più chiaro è l’accordo sul nucleare firmato con le grandi potenze occidentali, ma questo è solo una parte del cambiamento che si sta vivendo nel paese. Gli accordi commerciali si stanno allargando, l’Iran sta giocando da protagonista nella crisi irachena e sa che questo mondo in bilico è una grande occasione per una potenza che ha margini di crescita infiniti.
Dall’altra parte dell’Oceano Indiano c’è un presidente che ha fatto del nazionalismo indù una bandiera, che per primo ha sconfitto la dinastia dei Gandhi nel paese e che afferma di voler fare dell’India una super-potenza forte e non dai piedi di argilla com’è ora.
Ma cosa hanno deciso queste due potenze così diverse? Quale accordo può cambiare le sorti di un intero quadrante geopolitico?
Il documento che era a bordo del volo di stato indiano, conteneva le informazioni sul finanziamento di un porto, il porto di Chabahar. L’India verserà nei prossimi 12 mesi 500 milioni di dollari per la ristrutturazione del porto che si trasformerà nel più grande porto iraniano e che accoglierà la rotta indiano-iraniana. Uno scambio di merci e materie prime che sarà la prima tappa di un piano commerciale enorme. Di fatti la ricostruzione di un porto farebbe pensare ad un semplice accordo commerciale, ma vi è un altro protagonista in questo nuovo gioco ed è il presidente afgano, Ashraf Ghani. Eletto presidente due anni fa è sempre stato in difficoltà per il risorgere delle forze dei talebani, che sono arrivati quasi ad assediare Kabul.
La rotta infatti comprenderà il paese d una volta partite da Mumbai e raggiunta Chabahar, questa nuova linea commerciale raggiungerà Teheran e poi su centinaia di migliaia di chilometri di ferrovia taglierà l’Afghanistan, passando per Kabul, per poi raggiungere il confine indiano e ritornare al punto di partenza.
L’unione di questi tre paesi, in un grande accordo commerciale, può cambiare la politica della regione. l’India si creerà un mercato senza passare dal Pakistan, suo storico nemico, e immetterà nel mercato iraniano un enorme quantità di prodotti, superando l’embargo. In cambio riceverà un enorme quantità di materie prime a basso prezzo, di cui necessita e di cui l’Afghanistan è estremamente ricco, e una grande quantità di energia, di cui è produttore l’Iran.
Sono stati firmati 12 contratti durante l’incontro di vario genere: aerospaziale, tecnologico, petrolchimico, minerario. L’India in questo modo riesce a superare la sua esclusione dall’Asia centrale, stabilità dai paesi musulmani, dopo la guerra del 1947 con il Pakistan.
L’Iran riesce a trovare un mercato praticamente inesauribile per i suoi prodotti petroliferi e per la sua energia lontano da qualsiasi influenza saudita, l’acerrimo nemico che cerca di fermare la locomotiva persiana. Creare un hub di prodotti a Teheran con i rapporti che l’India può mettere in campo con l’Europa e che l’Iran può mettere in campo con la Russia potrebbe creare un’unione di forze commerciali di proporzioni enormi, che gli analisti ancora non riescono a quantificare.
L’Afghanistan che cosa può guadagnare da questo accordo? Il paese, tumefatto dalle invasioni e dalle terribili lotte interne, ha bisogno di paesi stranieri che lo aiutino a sfruttare il suo sottosuolo ricchissimo di minerali preziosi. Il centro geologico statunitense ha valutato la ricchezza mineraria afgana, per i giacimenti certificati e localizzati, in tre miliardi di dollari, e potrebbe essere ancora più grande.
La vera richiesta dell’Afghanistan, però, è una richiesta di sicurezza. Il paese ha subito varie invasioni e altrettante missioni di pace, che hanno messo in ginocchio la popolazione più che aiutarla. Non è mai stato fatto un coerente piano di ridistribuzione della ricchezza e un piano di sviluppo economico. Hanno fallito i Sovietici, gli Inglesi e gli Americani, ma l’approccio che gli Indiani e gli Iraniani avranno, sarà molto diverso. Il principale strumento sarà la ricchezza, i due paesi vogliono aumentare il benessere dei cittadini afgani, portando lavoro e sviluppo così da tagliare le gambe ai vari movimenti rivoluzionari e ribelli
Questa alleanza commerciale cambia le regole del Great Game (termine coniato nell’800 per indicare il gioco di potere che si incentra intorno all’Afghanistan, inizialmente tra Britannici e Russi ma che poi ha cambiato protagonisti). Fino a questo accordo il vero padrone di quest’area dal punto di vista economico era la Cina, che mantiene un accordo commerciale e militare con il Pakistan. Proprio pochi mesi fa è stato firmato un contratto multimilionario, tra Cina e Pakistan, per la ristrutturazione del porto di Gwadar in Pakistan, così da ospitare le navi militari cinesi che pattugliano l’Oceano Indiano in difesa delle proprie linee commerciali, in particolare petrolifere.
Il nuovo fronte indo-iraniano preoccupa la Cina, in un momento in cui i rapporti tra le due super potenze sono più tesi che mai. Il mercato iraniano è storicamente monopolio della Cina, uno dei pochi paesi a non aver accettato l’embargo sulla repubblica islamica, ma adesso avrà un avversario.
Il maggior livello di preoccupazione adesso sarà del Pakistan, il quale fin adesso ha sempre fronteggiato l’India, storica nemica, sapendo di avere alle spalle un compatto mondo islamico, ma adesso questo dato non è più vero. Sa si doversi guardare alle spalle e teme di non aver neanche più quel controllo e quel potere di minaccia sull’Afghanistan, per cui è stato un interlocutore per tutte le potenze occidentali. Se il piano andrà in porto e l’Afghanistan dovesse anche solo migliorare di poco la propria realtà sociale, il Pakistan si ritroverebbe isolato, circondato da paesi alleati del suo più grande nemico. Inoltre teme che se i Talebani dovessero essere ridimensionati dai Peshawar, milizie iraniane, e dall’agguerrito esercito indiano potrebbero riversarsi nei propri confini.
Ma cosa può far fallire un piano così ben architettato? Il tempo è il peggior nemico di Rohani e Modhi. Se i due presidenti non riuscissero a portare a termine questo piano di sviluppo e a far vedere i frutti entro la fine del loro mandato allora, dati gli alti costi del progetto, potrebbero anche essere sfiduciati dalle urne elettorali. La grande incognita tra le mani è l’Afghanistan, se non si riuscirà ad aumentare la ricchezza del paese, così da calmare i bollenti spiriti allora il paese sarà di nuovo pronto ad esplodere.
Fonti e approfondimenti:
- The Diplomat, India Iran relations .
Be the first to comment on "India e Iran i nuovi padroni del Great Game"