Elezioni in Ecuador: problemi per il socialismo sudamericano?

Socialismo
@MarcioRamalho - Flickr - CC BY 2.0

Il 19 febbraio scorso si è concluso il primo turno delle elezioni presidenziali in Ecuador. Nonostante il candidato socialista Lenín Moreno abbia vinto con un netto distacco dal suo diretto inseguitore Guillermo Lasso (circa 39% contro 28,5%), i due leader politici andranno al ballottaggio il prossimo 2 aprile.

Il sistema elettorale ecuadoriano prevede, infatti, che al vincitore venga garantita la maggioranza assoluta in parlamento solo qualora questo raggiungesse il 40% delle preferenze, distanziando il secondo arrivato di almeno dieci punti. Al terzo posto, con il 15%, troviamo invece una donna. Stiamo parlando di Cynthia Viteri, rappresentante del Partido Social Cristiano e vero ago della bilancia per l’esito del ballottaggio. La leader cattolica ha già dichiarato che il suo appoggio (e dunque i suoi voti) andranno a Lasso, candidato del partito di centro-destra Movimento Creo.
Insieme alla scelta per il futuro presidente, gli ecuadoriani hanno votato anche per nominare 137 membri del Parlamento e cinque rappresentanti del Parlamento Andino.

La situazione di incertezza creata da questa turnata elettorale è nuova per il popolo ecuadoriano. A partire dal 2007, infatti, le ultime tre votazioni avevano visto trionfare in maniera piuttosto netta il leader di Alianza Pais, Rafael Correa. Il presidente uscente, tuttavia, non ha potuto ricandidarsi non riuscendo, nel 2016, a far approvare la riforma costituzionale che gli avrebbe permesso di restare al potere oltre il terzo mandato.

l’Ecuador di Correa

Con la defezione di Correa il Sud America perde l’ennesimo portavoce della politica socialista del XXI secolo. Dopo l’arrivo al potere di Mauricio Macri in Argentina, la vittoria della destra in Perù con Pedro Pablo Kuczynski, l’impeachment di Dilma Rousseff  in Brasile e la e la morte di Fidel Castro a Cuba, sembra essere arrivato anche il momento dell’Ecuador.

I dieci anni di governo Correa hanno rappresentato per l’Ecuador un momento importantissimo, ma l’altalenanza dei risultati socialisti ha disilluso parecchi sostenitori della prima ora.

L’esecutivo guidato da Rafael Correa ha sfruttato in abbondanza le risorse petrolifere di cui il Paese è ricco, facendo scendere la povertà dal 37,6% al 22% e abbassando il coefficiente di diseguaglianza Gini dallo 0,54 allo 0,47 (dati diffusi dalla Banca Mondiale)

Negli ultimi due anni, tuttavia, il calo del prezzo del petrolio e il rincaro del dollaro statunitense hanno frenato bruscamente la crescita economica. La colpa di ciò non è solo attribuile ai fattori di crisi, ma anche agli investimenti finalizzati alle infrastrutture più che alle riforme strutturali. Anche la crescita del PIL ha subito una sterzata importante: da una crescita del 4,5% nel 2013 si è arrivati a un misero 1,7% nell’anno appena concluso. Per il 2017 si spera in una stabilizzazione del prezzo del petrolio (intorno ai 70 dollari al barile) per crescere di un 1,4%, ma le stime della Commissione economica per l’America Latina e della Banca Mondiale sono molto più nere: la prima parla di un crescita massima intorno allo 0,3%, mentre la seconda prevede addirittura una recessione del 2,9%.

Ma le difficoltà e gli errori del governo Correa sono visibili anche in altri settori:

  • Nonostante l’ambasciata ecuadoriana a Londra accolga dal 2012 il fondatore di Wikileaks Julian Assage, il Paese è al 109esimo posto per la libertà di stampa. Se già prima dell’avvento del socialista la situazione non era delle migliori, con il suo governo (e le sue leggi) la situazione è decisamente peggiorata
  • Il governo Correa è, inoltre, accusato di corruzione in quanto avrebbe contribuito, insieme a grandi gruppi industriali brasiliani (come l’Odebrecht), a influenzare a proprio piacimento le campagne elettorali negli altri stati del Sudamerica
  • Insieme all’elezione del Presidente e del Parlamento, il 19 febbraio scorso si è votato anche in merito a un referendum per vietare ai funzionari pubblici di accumulare capitali nei cosiddetti ‘paradisi fiscali’ (Panama Papers docet).

A causa di tutto questo negli ultimi mesi le proteste contro il governo sono state numerosissime, coinvolgendo migliaia di persone in moltissime città del Paese. Chiunque prenderà il posto di Correa dovrà cercare di far uscire l’Ecuador da una profonda crisi socio-economica.

Andiamo dunque ad analizzare nel dettaglio chi sono i due possibili successori di Correa e quali le loro proposte politiche per risollevare il Paese:

Lenin Moreno

Lenín Moreno, candidato di Alianza País, ha 63 anni ed è stato in carica come vicepresidente di Rafael Correa dal 2007 al 2013. Nonostante l’appartenenza allo stesso partito, e quindi anche all’idea socialista, Moreno si presenta come uomo di rottura col vecchio regime. Figlio di una famiglia umile di insegnanti, nel 1998 ha perso la mobilità delle gambe in una rapina. Questo evento non gli a comunque impedito di continuare la sua carriera politica fino ad arrivare all’investitura ufficiale da parte dell’ex presidente Correa.
I punti toccati nel programma elettorale socialista vertono principalmente su:

  1. Coinvolgimento della cittadinanza, affinché si riappropri degli spazi politici che nel corso degli anni gli sono stati tolti
  2. Estensione del diritto all’istruzione gratuita fino ai 18 anni
  3. Investimenti su energie rinnovabili

QUI trovate il programma completo.

Guillermo Lasso

Il candidato della destra Guillermo Lasso, è invece un ex banchiere sostenuto dal partito Creando oportunidades (Creando opportunità, Creo). Importante uomo d’affari, Lasso è famoso per essere stato presidente della Banca Guayaquil, di cui era azionista. Dopo aver dedicato una vita alla finanza Guillermo Lasso ha fondato il Movimiento Creo. Da qui, nel biennio 1998-2000, è stato ministro dell’Economia, e dal 2003 al 2005 ha assunto il ruolo di consigliere economico durante il governo di Lucio Gutiérrez.
Al centro del programma politico del candidato di destra vi è la cancellazione immediata di quattordici voci d’imposta e la creazione di un milione di posti di lavoro. L’ex banchiere ha inoltre promesso di espellere Julian Assange dall’ambasciata ecuadoriana a Londra non appena sarà Presidente.
Visti i risultati del primo turno, Lasso ha chiamato a sé tutte le forze politiche d’opposizione per aprire un tavolo per la governabilità del Paese:

“Voglio lanciare la proposta a tutti i leader dell’opposizione di creare un tavolo per la governabilità dell’Ecuador, un Ecuador democratico, prospero, libero e solidale”, ha detto.

Lasso si era già candidato alle elezioni del 2013 subendo una pesante sconfitta proprio dall’ex presidente Rafael Correa.

Adesso non ci resta altro da fare che attendere i risultati del ballottaggio del 2 aprile e vedere come il nuovo Presidente affronterà le moltissime questioni irrisolte del Paese.

 

 

 

Fonti e Approfondimenti:

https://www.theguardian.com/world/2017/feb/15/ecuador-presidential-election-lenin-moreno-pink-tide

http://internacional.elpais.com/internacional/2017/02/21/america/1487699828_961681.html

http://www.bancomundial.org/es/country/ecuador/overview

https://www.theguardian.com/news/2016/apr/03/what-you-need-to-know-about-the-panama-papers

http://internacional.elpais.com/internacional/2017/02/21/america/1487640044_203713.html

 

Leave a comment

Your email address will not be published.


*