I soggetti del diritto internazionale

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Le norme del diritto internazionale influenzano e regolano la vita e lo svolgimento delle attività di tutti i soggetti a cui si rivolgono. Dopo aver analizzato i tipi di norme di questo ordinamento e il modo in cui esse vengono recepite, analizziamo proprio i legittimi destinatari. Premessa necessaria è che, data la vastità di operatori e di situazioni nel panorama internazionale, non ci si può aspettare una disciplina definita e univoca, ma piuttosto un quadro sempre in via di sviluppo e di integrazione.

Stati

Primi destinatari delle norme del diritto internazionale, anche dal punto di vista storico, sono gli Stati nazionali. Essi sono intesi dal diritto come comunità autonome dotate di una forma di governo, la quale esercita un controllo effettivo su un determinato territorio. Ora, con questa definizione, si intuisce che lo Stato è concepito come un’unità indifferenziata, mancando quindi una considerazione per la sua articolazione interna, cioè dei vari organi e delle funzioni che essi ricoprono nell’ordinamento interno. Questa mancanza porta a problemi di fronte alla possibile responsabilità degli Stati per le azioni dei suoi organi: l’Art 4 del “Progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati, adottato dalla Commissione nel 2011, chiarisce che:


“1. Il comportamento di un organo dello Stato sarà considerato come un atto dello Stato ai sensi del diritto internazionale, sia che tale organo eserciti funzioni legislative, esecutive, giudiziarie o altre, qualsiasi posizione abbia nell’organizzazione dello Stato e quale che sia la sua natura come organo del governo centrale o di un’unità territoriale dello Stato.

2. Un organo comprende qualsiasi persona o ente che rivesta tale posizione secondo il diritto interno dello Stato. per l’attività dei suoi organi.”

Connaturato al concetto di Stato c’è quello di sovranità, intesa come capacità dell’ente di decidere autonomamente quali strumenti e quali modi di azione politica interna adottare per concorrere, insieme agli altri Stati, alla realizzazione della cooperazione politico-sociale internazionale. L’evoluzione del concetto è ampia: si è partiti dalla considerazione della sovranità come sinonimo di autonomia, cioè pretesa di non interferenza esterna, a quella odierna secondo cui gli Stati tollerano limitazioni della propria sovranità in virtù dell’esistenza dell’ordinamento internazionale e del progetto di collaborazione. Nel caso dell’Italia ciò è testimoniato dall’Art 11 comma 2 della Costituzione, per cui il nostro Paese “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad uno ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. In questo senso si è pronunciato anche il giudice Anzilotti, in occasione della questione di regime doganale tra Austria e Germania del 1931. Egli ha affermato che la sovranità coincide sì con l’indipendenza dello Stato, come potere di decidere obiettivi e mezzi per la propria attività, ma con un surplus: essa infatti, pur mantenendo il principio di non soggezione a terzi, riconosce nel diritto internazionale l’unica eccezione. Da ciò discende un’affermazione sibillina ma esauriente: la capacità dello Stato di limitare la sua sovranità, ne diventa espressione e ha come conseguenza il mutuo riconoscimento del principio di eguaglianza sovrana degli Stati.


È necessario, inoltre, andare a capire quando a uno Stato possano essere attribuite condotte provenienti da organi, individui o gruppi di individui.
Secondo l’Art. 7 del “Progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati”, relativo all’Eccesso di potere o comportamento contrario ad istruzioni:


Il comportamento di un organo di uno Stato o di una persona o di un ente abilitati ad esercitare prerogative dell’autorità di governo sarà considerato come un atto dello Stato ai sensi del diritto internazionale, se quell’organo, persona o ente agisce in tale qualità, anche se eccede la propria competenza o contravviene ad istruzioni.


Al contrario, l’Art 46 della Convenzione di Vienna, sul diritto dei trattati, dispone che:

Il fatto che il consenso di uno Stato a vincolarsi a un trattato sia stato espresso in violazione di una disposizione del suo diritto interno riguardante la competenza a concludere trattati non può essere invocato dallo Stato in questione come viziante il suo consenso, a meno che questa violazione non sia stata manifesta e non riguardi una norma del suo diritto interno di importanza fondamentale. […]


In questo caso invece si ritiene che un comportamento eccedente le competenze dell’organo non possa essere attributo allo Stato.

Discorso simile si può proporre per gli individui o i gruppo di privati: questa situazione molto particolare concerne l’attività di individui che, seppur sprovvisti di una nomina di “organo”, agiscono per conto dello Stato. Nell’Art. 8 del “Progetto”, ossia “Comportamento sotto la direzione o il controllo di uno Stato”, si trova così stabilito:


Il comportamento di una persona o di un gruppo di persone sarà considerato un atto di uno Stato ai sensi del diritto internazionale se la persona o il gruppo di persone di fatto agiscono su istruzione, o sotto la direzione o il controllo di quello Stato nel porre in essere quel comportamento.


Similmente l‘Art 4.2 della stessa normativa prescrive così:


Un organo comprende qualsiasi persona o ente che rivesta tale posizione secondo il diritto interno dello Stato.


Ciò significa che un individuo può ben avere lo status di organo in base al diritto interno, come legame de iure, ma possa qualificarsi come organo anche solo de facto, cioè che dipende dal potere di controllo che lo Stato dispone per indirizzarne i comportamenti.

Enti Substatali

Gli Stati possono anche devolvere talune competenze ad enti substatali, come le Regioni nel caso italiano. Essi possono considerarsi come soggetti di diritto internazionale? Ebbene la risposta non può essere unitaria: in questi casi si parla proprio del problema della “soggettività giuridica” di tali enti. Il processo logico da fare per determinare la sua sussistenza consiste nel verificare quali poteri siano stati attribuiti loro e quali siano quelli effettivamente esercitati e se da tale considerazione ne può quindi derivare una posizione di soggettività internazionale e, quindi, la loro capacità di essere destinatari di norme internazionali.

Ci si può limitare a ritenere tali enti più che dei soggetti di diritto, come dei “centri autonomi di imputazione” dei vari rapporti internazionali ma, in ogni caso, ci si deve confrontare con il diritto interno e l’interpretazione che ne dà, dato che la possibilità che venga riconosciuto un astratto potere di concludere accordi non è sinonimo di riconoscimento della soggettività internazionale.

 

Organizzazioni internazionali

Le organizzazioni internazionali rivestono ormai un ruolo fondamentale nel panorama internazionale e ci si deve quindi interrogare sulla loro capacità di essere soggettività giuridiche. Tale questione, che prende il nome di “problema della soggettività giuridica delle organizzazioni internazionali”, è ben lontana dall’essere risolta. Le due teorie che si fronteggiano vedono in due diverse fonti la loro legittimazione. Secondo la teoria consensualista, esse godono di soggettività se gli Stati membri hanno espresso la volontà di creare un centro autonomo di imputazione nel trattato istitutivo, altrimenti essa sarebbe solo un organo comune. La teoria obiettivista, invece, ritiene di dover cercare la fonte di legittimazione nella capacità di esercitare obblighi e diritti con un alto livello di autonomia rispetto agli Stati membri. Sicuramente l’esclusione totale dell’una o dell’altra teoria non sarebbe affatto proficua per la comprensione della posizione di questi soggetti, così come ritenere che esse abbiano un carattere statico. Questi soggetti infatti sono in continuo mutamento rispetto alle prerogative e agli obblighi che sorgono su di loro, in un evidente intreccio tra le due teorie di cui sopra. Peraltro la prassi sembra accettare entrambe le visioni per risolvere la questione ed utilizza un criterio eclettico per la soluzione: si ritiene infatti che, strettamente legato alla soggettività giuridica, vi sia la capacità di infrangere le norme dell’ordinamento attraverso l’esercizio delle sue competenze. Da questa affermazione discende che se l’organizzazione riesce ad esercitare i suoi poteri in violazione delle norme, essa può ben considerarsi dotata di soggettività. Si propone poi la questione della responsabilità per le attività ultra vires. Nuovamente la risposta risiede nell’Art. 8 del “Progetto”: gli atti eccedenti le competenze disposte nei trattati sono da riferire all’organizzazione, qualora essa agisca con la qualità di organo, altrimenti questi atti sono da considerare invalidi e attribuibili agli Stati membri.

 

Individui

Per quanto riguarda, infine, la posizione dei singoli individui, ci si presentano due teorie. Secondo la prima, gli individui sarebbero solo beneficiari delle norme internazionali, cioè trarrebbero solo un vantaggio dalle norme, ma i reali detentori della soggettività sarebbero gli Stati nazionali, a cui spettano quindi i poteri di azione. Al contrario, la seconda teoria ritiene che gli individui sono diretti soggetti di diritto, a cui quindi riferire diritti ed obblighi.

Per quanto riguarda gli obblighi, la giurisprudenza fa riferimento ai “crimina iuris gentium”, cioè ad una serie di comportamenti lesivi dei valori fondamentali dell’ordinamento internazionale. Secondo l’Art. 6 della Carta del Tribunale Militare Internazionale vi sono tre categorie di crimini:

  • crimini contro la pace
  • crimini di guerra
  • crimini contro l’umanità.

Successivamente vi si è aggiunto il crimine di genocidio, codificato grazie alla Convenzione sul genocidio del 1948, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Tali obblighi hanno la cosiddetta efficacia erga omnes, ovvero una valenza universale e generalizzata. A questi sono stati aggiunti i divieti di riduzione in schiavitù e di discriminazione razziale grazie alla sentenza “Barcelona Traction”, decisa dalla Corte internazionale di Giustizia nel 1970.

Per quanto riguarda i diritti degli individui, sebbene la portata del diritto generale sia minimo, vi è un costante riconoscimento di tutela nei confronti di attacchi ai diritti fondamentali. Inoltre, una normativa più dettagliata ha dato vita a forme di tutela specifiche quali: la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948), il Patto delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici (1966), il Patto delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali (1966). Allo stesso tempo si sono formati organi di controllo sul loro rispetto, in particolare il Consiglio dei diritti umani, il Comitato dei diritti dell’uomo ed il Comitato dei diritti economici, sociali e culturali.

In realtà l’esigibilità delle posizioni giuridiche soggettive non ha trovato consenso unanime: come si accennava in precedenza, secondo una teoria gli individui sono beneficiari delle norme, secondo l’opposta teoria invece il singolo individuo ne è diretto titolare. Ciò permette di ritenere che quindi egli sia un vero soggetto di diritto internazionale potendo, se subisce una violazione dei diritti fondamentali, far valere da sé la pretesa risarcitoria e, in generale, attivarsi per la tutela della propria soggettività. Questa tesi risulta suffragata dall’Art 48 par 2 del “Progetto”, secondo cui:


Ogni Stato legittimato ad invocare la responsabilità in virtù del paragrafo 1 può reclamare dallo  Stato responsabile: […]
b)l’adempimento dell’obbligo di riparazione in conformità con gli articoli precedenti, nell’interesse dello Stato offeso o dei beneficiari dell’ obbligo violato.


Sebbene si faccia riferimento al potere dello Stato di azionarsi, si deve intendere che la violazione di una norma internazionale dei diritti dell’uomo crei un diritto di riparazione direttamente in capo al soggetto leso e protetto dalla norma.

 

 

Fonti ed approfondimenti

” Diritto internazionale” Enzo Cannizzaro, (G. Giappichelli 2014) pgg. 265-295; 305-313; 321-334

http://www.studiperlapace.it/view_news_html?news_id=20041101120858

Fai clic per accedere a v207_2.pdf

http://docenti.unimc.it/f1.marongiubuonaiuti/teaching/2017/17200/files/testi-normativi-di-riferimento-generale/progetto-di-articoli-sulla-responsabilita

http://www.governo.it/costituzione-italiana/principi-fondamentali/2839

 

 

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