Il presidente degli Stati Uniti è sotto attacco per le sue esternazioni nella conferenza stampa che ha seguito il suo incontro di ieri con Putin. Trump è stato accusato di aver avuto un atteggiamento di subordinazione, arrivando addirittura a difendere Mosca dalle accuse di aver interferito nella campagna presidenziale del 2016.
Questa dichiarazione arriva nel momento in cui le indagini del Russiagate hanno raggiunto il loro picco e il tentativo di delegittimarle sembra ormai destinato a naufragare. Vedere il presidente prendere le parti di Putin in un momento simile, attaccando di fatto l’inteligence americana, ha generato uno shock bipartisan negli Stati Uniti, tanto che molte figure politiche di spicco non hanno esistato a definirlo “traditore”.
“La nostra relazione non è mai stata peggiore ma questo è cambiato quattro ore fa”
Con queste parole si apre l’intervento di Trump, che prima del summit aveva imputato in un tweet questo minimo storico ad una “caccia alle streghe” contro i russi in corso in America. Nel suo intervento ha poi parlato dell’importanza del summit che si è appena tenuto, ribadendo come i due leader abbiano scelto la via del dialogo e dell’engagement rispetto a quello del conflitto e dell’ostilità.
Il problema si è creato nei minuti successivi, quando Trump ha raccontato del dibattito tra i due riguardo le indagini sulle ingerenze russe nella campagna presidenziale americana del 2016, dicendo che per lui bastano le rassicurazioni del collega per ritenerlo innocente. Una volta reso chiaro il significato di “engagement” nel discorso di Trump nell’opinione pubblica è subentrata l’incredulità, presto trasformatasi in indignazione.
Qui il video integrale della conferenza stampa congiunta dopo l’incontro, che inizia al minuto 19.00 del servizio.
Le dichiarazioni
Nella conferenza stampa Trump ha cercato di rassicurare la sua audience dicendo di aver parlato con Putin delle influenze russe sulla campagna presidenziale e che quest’ultimo abbia seccamente smentito le accuse. Trump ha sostenuto davanti alla sala stampa di fidarsi del suo collega e di come non solo ritiene che Putin sia estraneo alla vicenda, ma lo ha anche ringraziato per aver offerto di collaborare alle indagini in corso.
Sostenere questa posizione significa andare contro le conclusioni a cui sono giunte tutte le agenzie di intelligence americane e Trump ne è al corrente. Il presidente ha detto che il fatto che il presidente russo neghi le accuse per lui è una rassicurazione sufficiente e ha poi proseguito con la solita narrativa fatta di teorie del complotto e “benaltrismo” diretto contro i democratici della Clinton.
Trump ha quindi fondamentalmente evitato di fare qualsiasi pressione su Putin affinché aiutasse davvero a chiarire la situazione, intervenedo invece proprio contro chi negli USA sta lavorando per identificare le responsabilità russe e inchiodarne i responsabili.
Una smentita secca delle dichiarazioni di Trump è arrivatada Dan Coats, direttore dell’intelligence americana:
“Siamo stati chiari nella nostra analisi dell’ingerenza russa nel 2016 e del loro attuale sforzo diretto a minare la nostra democrazia. Continueremo a fornire informazioni oggettive e incontestabili per sostenere la sicurezza nazionale”
La mossa di Trump cerca infatti di opporre l’opportunità politica alle prove raccolte dalle agenzie di sicurezza statunitensi e sembra un tentativo di sabotaggio delle investigazioni, che ovviamente stanno verificando la posizione dello stesso Trump nel coinvolgimento russo.
Le dichiarazioni di Trump a Helsinki hanno scatenato una vera e propria tempesta non solo tra l’opinione pubblica statunitense, ma tra gli stessi Repubblicani e alla Casa Bianca. L’entourage del presidente ha infatti passato gli scorsi mesi a rassicurare che il presidente avrebbe affrontato Putin sul tema, cercando di fugare i dubbi sollevati da altri. Trump ha vanificato questo sforzo.
Le reazioni pubbliche sono state dure: l’ex capo della CIA John Brennan e altri vertici dei servizi americani hanno definito “tradimento” la condotta del presidente, imputandogli una sottomissione a Mosca e chiedendo ai Repubblicani di esprimere una posizione. Molte figure di spicco tra i conservatori non hanno tardato a rispondere, accompagnate ovviamente da altrettante dei democratici.
Le indagini
Le accuse di cyberattacco rivolte a Mosca sono supportate dalle indagini. Come dichiara il procuratore speciale Robert Muller l’indagine ha raggruppato una mole incredibile di informazioni, che si stanno progressivamente traducendo in accuse formali. L’ultima in ordine di tempo è stata la messa in stato d’accusa di 12 ufficiali dei servizi militari russi, a cui si imputa di aver interferito con le elezioni del 2016 a favore del tycoon.

Robert Mueller. Fonte: Wikipedia
Sappiamo che la Russia ha orchestrato un grande furto di dati ai danni dei Democratici, usati poi per supportare la campagna elettorale di Trump. Lo scandalo delle migliaia di mail sottratte a Hilary Clinton vede coinvolti i vertici della campagna dell’allora candidato repubblicano (ad esempio Kushner, Manafort e Stone), che sapevano della campagna di delegittimazione con largo anticipo. Anche lo sforzo russo per alzare la tensione sociale e politica attraverso i social media è comprovata, così come l’importanza di quella narrativa per la campagna repubblicana.
Il fascicolo è arrivato al procuratore generale Rod Rosenstein, per il quale i repubblicani hanno minacciato di chiedere l’impeachment per aver ostruito una loro interrogazione sulle indagini dell’FBI riguardo le elezioni 2016. Questa mossa sembra un tentativo disperato di difendersi attraverso la delegittimazione, proprio nei giorni in cui gli investigatori stanno stringendo il cerchio. Ieri infatti è stata formalmente accusata un’attivista russa della NRA per aver portato avanti gli interessi russi e di aver provato ad organizzare un incontro segreto tra Putin e Trump.
Le indagini sono giunte al punto in cui i diversivi di Trump non hanno più alcuna credibilità: non basterà suggerire un fantomatico coinvolgimento cinese, accusare di negligenza i Democratici o semplicemente accusare di dietrologia gli investigatori. Mano a mano che si delinea la verità processuale queste strategie sembrano sempre più fuori luogo, e l’ultima uscita del presidente è un passo falso che potrebbe avere conseguenze fatali.
Cosa resta del viaggio europeo di Trump
A Helsinki si è consumato l’ultimo atto di una serie di errori politici che ora minano la credibilità del presidente americano e del suo esecutivo, sempre più isolato in patria e nel mondo. Il viaggio europeo di Trump si conclude quindi come un sostanziale fallimento, in cui non sembra aver portato a casa risultati concreti nemmeno sul piano della comunicazione.
Trump ha cercato di spingere gli alleati della NATO ad aumentare la loro spesa nell’organizzazione, minacciando (a vuoto) di lasciare l’alleanza. Le azioni americane, sempre più intense in Europa Orientale, tradiscono il grande interesse degli USA per il nostro continente e smentiscono nei fatti le sue dichiarazioni. Queste però mettono in imbarazzo gli altri paesi del Trattato, che potrebbero intensificare la loro collaborazione a scapito del rapporto con gli americani.
Le critiche nel dopo Helsinki poi sono chiare: è stupido parlare di “engagement” con la Russia se questo non è connesso ad un interesse strategico e per gli americani e Trump ha fallito nel perseguire qualsiasi vantaggio per Washington in questo summit. Quando, anzi, la percezione è che il presidente non sappia o non voglia riportare le relazioni USA-Russia almeno a una posizione paritaria, il problema politico diventa evidente. Che sia per collusione o per non voler mettere da parte l’orgoglio e ammettere che la sua vittoria non sia esclusivamente merito suo la posizione di Trump (già precaria) sembra ormai compromessa.Con gli alleati europei scontenti e i suoi cittadini frustrati e polarizzati si apre per Trump una fase politica difficile, in cui anche se riuscisse ad evitare le accuse di tradimento la sua credibilità resta ai minimi storici. Fino ad oggi alle accuse di essere un asset russo in America il presidente ha ribattuto attaccando gli avversari, ma dopo lo show di ieri sera la sua cortina di fumo si è dissipata.
Trump cerca non solo di negare il suo coinvolgimento nell’infiltrazione russa delle elezioni 2016, ma rigetta anche l’ipotesi che la Russia avrebbe avuto un interesse nel farlo. Questo è negare l’evidenza, soprattutto se si considerano le posizioni chiaramente anti-Putin della Clinton: che lui stesso sia o meno colluso con Mosca, non può sottrarsi dal denunciare le interferenze.
In un’ora di conferenza il presidente americano ha gettato il seme del dubbio: lo scontro è tra Trump e Putin o tra Trump & Putin contro gli investigatori americani? Il solo fatto che ci si ponga questa domanda getta un’ombra sul futuro di questa presidenza, che potrebbe essere una zavorra sulla campagna repubblicana per le elezioni di midterm del prossimo novembre.
Fonti e Approfondimenti:
Video integrale della conferenza (minuto 19.00) – https://www.youtube.com/watch?v=XaymlbmVwbc
https://www.nationalreview.com/2018/07/donald-trump-vladimir-putin-press-conference-disgrace/
https://www.theguardian.com/us-news/2018/jul/16/maria-butina-charged-spying-russia-us-doj?CMP=fb_gu