Il prossimo novembre ricorrerà il 40° anniversario dalla promulgazione della “Dichiarazione sulla razza e sui pregiudizi razziali”, adottata dall’ UNESCO il 27 novembre 1978 al termine della ventesima riunione di Parigi. La Carta è il risultato di un percorso politico e normativo articolato che parte dalla fine della seconda guerra mondiale fino a concludersi, seppur parzialmente, con questa Dichiarazione.
L’UNESCO, il cui acronimo sta per “ Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura”, nasce nell’immediato dopoguerra con il preciso intento di promuovere la pace internazionale e il rispetto della dignità umana in ogni circostanza, con l’impegno dei governi statali alla collaborazione e promozione dei principi fondamentali dell’ordinamento internazionale.
I principi ispiratori dell’attività dell’organizzazione sono chiariti già nella sua Costituzione, firmata a Londra nel 1945, immediatamente al termine del secondo conflitto mondiale, che racchiude in sé i risultati delle riflessioni umanitarie postbelliche. Già nel Preambolo si afferma con estrema chiarezza che “la dignità dell’uomo esige la diffusione della cultura e l’educazione generale in un intento di giustizia, di libertà e di pace, per cui a tutte le nazioni incombono sacrosanti doveri da compiere in uno spirito di mutua assistenza,” ma anche che “una pace basata esclusivamente su accordi economici e politici tra i Governi non raccoglierebbe il consenso unanime, duraturo e sincero dei popoli e che, per conseguenza, detta pace deve essere fondata sulla solidarietà intellettuale e morale dell’umanità.”
L’idea riportata dalla Costituzione affonda le radici nella consapevolezza che il conflitto mondiale sia stato creato “dalla negazione dell’ideale democratico di dignità, d’eguaglianza e di rispetto della personalità umana e dalla volontà di sostituirgli, sfruttando l’ignoranza e i pregiudizi, il dogma delle diversità razziali ed umane” e che, pertanto, sia compito principale dell’UNESCO e degli Stati evitare che la stessa motivazione possa assurgere a nuova causa scatenante di conflitti, sia internazionali che interni.
A fronte delle indicazioni della Carta Costituente, si sono sviluppate le attività di smantellamento al “mito della razza”, sia su basi scientifiche che sociologiche ed antropologiche.
La Dichiarazione sulla razza del 1978 chiude il ciclo sulla “questione razziale”, a seguito della formazione di altri tre documenti: gli statements del 1950, 1951 e 1967.
STATEMENT DEL 1950
La storia e la genesi di questi documenti furono particolarmente turbolente soprattutto per il primo di essi che in quanto aprifila innovativo fu aspramente criticato dai detrattori dell’idea di uguaglianza. Esso infatti, nelle intenzioni dei referenti, avrebbe dovuto avere fondamenti scientifici, antropologici e filosofici, tali da riuscire ad essere una vera e propria dimostrazione scientifica della inesistenza della “razza” o meglio delle razze e dimostrare l’insensatezza della questione razziale e del razzismo, nato come atteggiamento di perversione dell’uomo, causato dalla volontà di alcuni uomini di sfruttare “l’ignoranza e i pregiudizi”.
La critica mossa contro questo statement si basava sul fatto che l’utilizzo di dati scientifici a base di una considerazione politica, per quanto teleologicamente diverso dalle dichiarazioni sulla superiorità razziale, creava però lo stesso risultato forzato per supportare un ideale.
Tuttavia la differenza tra le categorie appare ovvia e già dalla considerazione di apertura se ne ha la dimostrazione: “la specie umana è una: tutti gli uomini appartengono alla specie Homo sapiens.”
La base scientifica ed antropologica di questa dichiarazione risiede nel ruolo svolto dai geni e dai fattori sociali, che sono, e sono stati, capaci di portare differenziazioni fisiche ed evolutive ma la cui incidenza risulta essere minima in termini di diversità, dato che i tratti che accomunano gli uomini superano di gran lunga gli aspetti differenziali.
L’unica definizione di razza che si può accettare è intendere la razza come identificazione di un gruppo o di una popolazione che presenta alcune caratteristiche genetiche e fisiche all’interno del macrosistema “homo sapiens”, considerando anche l’importanza della fluidità dei cambiamenti.
Ma ciò che si voleva sottolineare riguardava l’impossibilità e l’ingiustizia di ritenere che talune caratteristiche sociali, culturali, territoriali o religiose potessero essere la base della differenziazione razziale. Sull’onda del periodo storico, questo statement si conclude con un’affermazione filantropica d’effetto: le ricerche biologiche confermano che esiste l’etica dell’universale fratellanza e che, riprendendo Aristotele, l’essere umano è un essere sociale, il quale è chiamato ad essere protettore del suo simile come parte del tutto.
STATEMENTS DEL 1951 E 1967
Le affermazioni contenute in questa dichiarazione furono considerate troppo affilate e non abbastanza suffragate da chiari fondamenti scientifici ed antropologici. Pertanto l’anno successivo ci fu un nuovo statement.
Esso si apre con un preambolo che ha il sapore di scuse forzate, con cui da una parte si vogliono salvare il lavoro e le considerazioni presenti nel precedente statement e dall’altra riconoscere l’eccessiva visione manichea della questione. Proprio per questo motivo il risultato del 1951, pur ricalcando il precedente, appare essere più cauto ed incentrato sull’aspetto umanitario e sociale.
La dichiarazione del 1967 è maggiormente incentrata sull’analisi del “mito della razza” e sul fenomeno del razzismo, avendo a riferimento i precedenti lavori. Senza mezzi termini si afferma che “il razzismo stordisce lo sviluppo di chi lo segue, devia chi lo applica, dilania internamente le nazioni, aggrava i conflitti internazionali e mette a rischio la pace mondiale”.
Il punto focale di questa dichiarazione sta nell’attenzione che riserva al fenomeno sociale del razzismo e all’importanza che riconosce all’istruzione, all’informazione e ai governi nazionali. Prescrive infatti che “la scuola e gli altri strumenti adatti allo sviluppo sociale ed economico possono essere considerati come gli strumenti più efficaci per il raggiungimento della totale comprensione dell’uomo e della realizzazione delle sue capacità”.
È interessante notare che il termine tradotto con “stordire” è stultify, che letteralmente significa “rendere stolto” e ciò sottolinea come la questione razziale sia esterna all’intelligenza umana e priva di qualsiasi fondamento scientifico, dando nuovo sostegno alle affermazioni contenute negli statements.
LA DICHIARAZIONE DEL 1978
L’ultimo passaggio è la Dichiarazione del 1978. Mentre le precedenti erano solo Statements, la dichiarazione ha un valore giuridico molto maggiore; chiarito questo si può tranquillamente affermare che la più recente dichiarazione non avrebbe avuto modo di esistere se non si fosse passati per i documenti, le critiche e i lavori preparatori precedenti, in particolare quello riassuntivo della questione dal punto di vista antropologico, biologico e sociale, chiamato “le quattro affermazioni”.
Da tutto ciò si è formato il testo della Dichiarazione che, traendo i principi fondamentali anche dalla Costituzione dell’UNESCO e dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, concentra l’attenzione sulla portata sociale ed umanitaria della “questione razza”.
Già nel preambolo si può notare che la dichiarazione ha fatto propri alcuni capisaldi delle precedenti versioni, in quanto afferma con cristallina chiarezza che “l’unità intrinseca della specie umana e, per conseguenza, l’uguaglianza innata di tutti gli esseri umani e di tutti i popoli, riconosciuta dalle espressioni più elevate della filosofia, della morale e della religione, riflettono un ideale verso il quale convergono oggi l’etica e la scienza”.
Allo stesso tempo esprime la preoccupazione per la perdurante esistenza del fenomeno razzista e della discriminazione razziale, data la presenza di disposizioni legislative e comportamenti governativi e amministrativi contrari ai principi dei diritti dell’uomo e il persistere di strutture politiche e sociali a ciò adatti.
La Dichiarazione assume un ruolo fondamentale, non solo dal punto di vista sociopolitico, ma anche in termini di rapporti e di controllo sul comportamento degli Stati, grazie all’art 9 che riporta: “Il principio dell’uguaglianza in dignità e in diritti di tutti gli esseri umani e di tutti i popoli, quale che sia la loro razza, il loro colore e la loro origine, è generalmente accettato e riconosciuto dal diritto internazionale. Di conseguenza ogni forma di discriminazione razziale applicata dallo Stato costituisce una violazione del diritto internazionale che comporta la sua responsabilità internazionale.”
Il primo articolo della Dichiarazione assume un ruolo programmatico, ricordando che: “Tutti gli individui e tutti i gruppi hanno diritto di essere diversi, di ritenersi e di essere accertati come tali. Nondimeno la diversità delle forme di vita e il diritto alla differenza non possono in alcun caso costituire un pretesto per i pregiudizi razziali, non possono legittimare, né in linea di diritto né di fatto, qualsiasi comportamento discriminatorio né servire da presupposto alla politica dell’apartheid, che costituisce la forma estrema del razzismo.”
Al contrario delle altre dichiarazioni, però, questa non vuole affermare la base scientifica della non-razza, ma negare, al contrario, il fondamento scientifico, nonché morale ed etico delle tesi opposte.
Il punto di forza della Dichiarazione sta nella semplicità con cui spiega e affronta le tematiche. Con questa chiarezza definisce il razzismo, vedendolo in “ ideologie razziste, i comportamenti basati sui pregiudizi razziali, i comportamenti discriminatori, le disposizioni strutturali e le prassi istituzionalizzate che determinano la disuguaglianza razziale, […]disposizioni legislative o regolamenti e in prassi discriminatorie, ed anche in credenze e comportamenti antisociali”.
Ricorda poi che la gravità di questo immorale comportamento non riguarda solo il singolo soggetto, ma ovviamente coinvolge l’intero Stato che si ribella ai principi fondamentali del diritto internazionale e si schiera contro la pace e la sicurezza.
Infine nell’ottica di una collaborazione per porre fine al dilagare di quest’odio prospetta gli strumenti di intervento. La base di ogni intervento sono, e saranno sempre, l’istruzione e la cultura, come già riportato nello statement del 1967. Deve essere cura di ogni governo e di ogni stato predisporre un ambiente scolastico fertile al cambiamento e alla comprensione dell’altro, nel rispetto della diversità che contraddistingue ogni essere umano, valorizzata come elemento caratterizzante e non discriminante, così auspica l’art. 5.
Di pari importanza è il ruolo affidato ai mezzi di informazione che, non solo devono sempre ricordare di avere il compito fondamentale di veicolare la verità, ma anche che il loro compito, come quello di qualunque altro soggetto che assume su di sé un compito così importante, deve essere svolto nel rispetto dei principi fondamentali internazionali, tra cui la promozione della tolleranza e del rispetto reciproco, dell’incontro con l’altro e della necessità di confronto pacifico.
La volontà ultima della Dichiarazione è quella di evitare che gli scempi passati possano trovare terreno fertile e riproporsi davanti ai nostri occhi. Le basi scientifiche illustrate dagli studiosi che hanno partecipato alla redazione delle Carte non avevano alcuna intenzione di imporsi come verità assoluta e dogmatica, ma al contrario tendevano a smantellare le fondamenta delle tesi opposte, chiarendo che la diversità, additata come pericolosa e spaventosa, in realtà rappresenta il meccanismo vitale sin dall’origine dell’uomo e che, seppur in termini troppo banali, esiste una fraternità umana imprescindibile dalla natura dell’uomo.
FONTI ED APPROFONDIMENTI
https://www.unric.org/html/italian/treaties/pregiudizi.html
http://www.honestthinking.org/en/unesco/UNESCO.1950.Statement_on_Race.htm
http://www.honestthinking.org/en/unesco/UNESCO.1951.Statement_on_Race.htm
http://www.honestthinking.org/en/unesco/UNESCO.1967.Statement_on_Race.htm
http://portal.unesco.org/en/ev.php-URL_ID=13161&URL_DO=DO_TOPIC&URL_SECTION=201.html
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