Likud e Labor, il passato/presente della politica israeliana

Elezioni Israele 2019
@Laliv g - Wikimedia Commons - Licenza: CC BY-SA 4.0

Likud, centrodestra, e Labor Party, centrosinistra, rappresentano in qualche modo il passato e il presente della politica israeliana. Per moltissimi anni questi due giganti hanno dominato la scena elettorale mentre gli altri partiti giravano intorno a essi facendo da equilibratori tra i due poli.

Il centrodestra del Likud ha avuto leader che hanno guidato Israele in momenti cruciali della sua storia, come Ariel Sharon o come l’attuale PM Benjamin Netanyahu. Il Labor Party, allo stesso modo, ha ospitato nella sua casa politica personaggi del calibro di Shimon Peres e Yitzhak Rabin.

La storia di Israele è stata scritta ampiamente dalle idee e posizioni di questi due movimenti, ma attualmente la situazione è cambiata. Infatti, se il Likud, nonostante le difficoltà dei primi anni 2000, resta comunque il perno della politica del Paese, il Labor party è sempre di più una realtà minoritaria.

Cerchiamo di analizzare in breve le due posizioni dei movimenti nel quadro delle elezioni del 9 aprile e di mettere in relazione le loro vicende storiche con il cambiamento del Paese.

Il Likud Party

Il partito di centrodestra per eccellenza è nato nel 1963 e ha vissuto vicende alterne legate al leader del momento, muovendosi come un pendolo tra la destra più dura e il centro. Se Ariel Sharon fu un leader molto ondivago, nascendo come un leader di destra per poi tendere sempre verso il centro, tanto da arrivare a lasciare il Likud per formare Kadima (un partito di centro) nel 2005, Netanyahu ha, e ha avuto, uno stile molto differente.

Bibi, come soprannominato dalla stampa israeliana, ha sempre avuto una forte tendenza verso la destra conservatrice sionista. Nel suo primo mandato cercò di mantenere la barra dritta in quella direzione e fu obbligato dagli americani, come lui stesso ha dichiarato, a trattare con i Palestinesi, nonostante egli fosse contrario. In questo modo si spiegano la stretta di mano con Arafat e il sostegno dato al processo di pace durante quegli anni.

Il Likud Party di Netanyahu e la sua traiettoria ci raccontano molto sulla direzione che sta prendendo lo Stato di Israele: nonostante in principio il sogno era stato quello di creare un Paese socialista ed egualitario, come aveva scritto nelle sue posizioni Ben Gurion, la popolazione israeliana di fede ebraica ha una marcata tendenza a destra.

Netanyahu aggiunge a questa visione conservatrice anche un altro elemento importante, quello personalistico. Non sorprende più sentir parlare Netanyahu come se Israele fosse lui stesso, schernire gli avversari accusandoli di essere nemici della patria e la sua volontà di gestire tutto in prima persona. Il Deus ex machina di un Paese che con gli strumenti della paura, del terrore e dell’identificazione di un nemico ha condotto dove voleva.

La procura israeliana ha sentenziato che i casi di corruzione che affossano il potere del Primo Ministro sono il segno di questa tendenza. Se Israele è Netanyahu, perché l’economia si muova la decisione deve passare da lui o dalla sua famiglia, magari attraverso suo figlio, attualmente grande ideatore e padre della campagna per il 9 aprile, o attraverso sua moglie, donna d’affari di una potenza fuori dal comune in Israele.

Lo scenario possibile

Gli osservatori della politica israeliana hanno sempre sottolineato che nonostante il Paese si fosse spostato a destra, prima o poi il centro moderato avrebbe rialzato la testa creando un corpo politico realmente moderato, e così è successo. Il rischio portato da “Benny” Gantz con il Blue and White Party è sempre più importante. Ciò è legato anche alle vicende palestinesi degli ultimi giorni, per le quali Netanyahu, dopo aver guadagnato consensi all’inizio, sembra ora soffrire a causa delle critiche verso la sicurezza e il suo pugno duro, da cui scaturisce altra violenza.

A tutto questo vanno aggiunti i crimini di corruzione, come il caso dei sottomarini. Con le elezioni che vedono sempre più alto il rischio per il Likud, nei mesi scorsi il partito è corso ai ripari varie volte. Solo per fare un esempio, è bene ricordare che Netanyahu si è assunto il compito di fare campagna e di trovare alleanze non solo per il proprio partito, ma anche per i piccoli partiti di estrema destra. Difatti, il Likud sta già contando quanti parlamentari potrà portare a bordo del governo, dato che non avrà la maggioranza; tuttavia, se i partiti di estrema destra si dovessero dividere troppo potrebbero non entrare in Parlamento, favorendo gli avversari di Bibi.

Questa situazione è diventata talmente preoccupante che il Primo Ministro ha deciso di abbandonare i suoi appuntamenti per raggiungere l’ultima riunione dei leader dei partiti, per fare in qualche modo da broker dell’accordo. Nonostante ciò, i risultati non sono stati del tutto positivi: alcuni partiti si sono alleati ma non hanno creato quell’unico contenitore di voti che gli avrebbe assicurato un maggior numero di seggi, cosa che potrebbe portare alla fine dell’era Netanyahu.

Il Labor Party

Che i giorni di gloria del Labor Party di Shimon Peres e Ehud Barak fossero finiti era ben chiaro da tempo, ma nessuno si aspettava che il partito di centrosinistra per eccellenza potesse cadere così in basso. L’attuale leader del Labor Party, Avi Gabbay, annaspa nei sondaggi e nel dibattito pubblico.

Il partito laburista israeliano è sempre stato accusato, in questi ultimi anni, di guardare troppo al presente e concentrarsi eccessivamente su affari di policy, lasciando troppo spesso da parte la politics. Questo, però, è anche dovuto agli avversari che il panorama politico ha proposto e propone, e alla battaglie ideologiche che sono diventate le faglie politiche del Paese.

La politica negli altri Paesi avanzati e nelle altre democrazie ci sta mostrando come le linee di soglia maggiori sono quelle di “popolo versus élite“, “global versus local“, etc. Israele non è privo di queste linee di conflitto ideologico, ma a queste si aggiungono scontri di idee totalmente unici al mondo: “palestinesi versus israeliani” e “sionisti contro non-sionisti“. I partiti israeliani si collocano lungo queste linee in modo vario, il più delle volte prendendo delle posizioni e a volte rimanendo incerti.

Negli ultimi anni, il Labor party ha sempre deciso di non schierarsi, proponendo politiche anche utili, ma senza mai prendere posizioni sui temi forti. Il Likud di Netanyahu ha preso una posizione decisa con la legge sulla cittadinanza, i partiti arabi si sono schierati fermamente contrari, ma, nel frattempo, il Labor Party si è solo limitato a criticare questa misura. La stessa titubanza si legge sul piano dei Palestinesi: nonostante infatti il partito abbia espresso la preferenza per la soluzione a due Stati, non ha mai spinto decisamente in questa direzione criticando le azioni del governo.

Questo atteggiamento attendista ha portato col tempo il Labor Party ad essere superato a sinistra o a destra da tutti i movimenti. I partiti arabi hanno strappato al Labor il voto arabo, il Meretz lo ha superato a sinistra, mentre i suoi competitor lo hanno superato ampiamente a destra.

Un esempio di questa politica senza coraggio è rappresentata dal suo leader Avi Gabbay, che nell’ultima settimana ha lanciato un attacco duro al Primo Ministro accusandolo di discriminare gli ebrei di origine Mizrahi. Un affondo politico che si è trasformato immediatamente in un danno al proprio stesso partito. La campagna politica si è spostata sul tema etnico, dove il partito è estremamente fragile, e l’unico risultato, certificato dai sondaggi, è stato che gli ebrei di origine Mizrahi del Likud Party hanno abbassato ancora di più il proprio gradimento per il Labor Party.

Lo scenario

Gabbay non riuscirà a cambiare le sorti del partito a pochi giorni dalle elezioni. La più grande sconfitta del partito è stata la decisione di lasciare il tavolo con Meretz, il partito di sinistra più radicale e ambientalista. Se i due movimenti si fossero uniti sarebbero potuti diventare il secondo partito israeliano, ma i due elettorati non si amano e le due classi dirigenti hanno temuto di darsi l’abbraccio della morte.

Gabbay non ha voluto iniziare questa avventura con Meretz per il rischio di regalare tutti i voti moderati al Blue and White Party di Benny Gantz. Ha più volte cercato di avvicinarsi a quest’ultimo, ma nessuno dei partiti centristi vuole entrare in rapporto con il Labor, rischiando di regalare un aiuto a Netanyahu.

Le elezioni Israeliane metteranno a nudo le difficoltà e gli errori sia del Likud che del Labor Party. L’attuale Primo Ministro potrebbe perdere il potere dopo un lungo periodo e il Partito Laburista di Gabbay potrebbe diventare insignificante. Se questo dovesse accadere, gli storici partiti di Israele sarebbero messi, di nuovo, in crisi. Vedremo se questa volta riusciranno a riprendersi come in passato o saranno spazzati via.

Fonti e approfondimenti

Haaretz, Israel’s Labor Party Lost in the Wilderness, Nov. 30, 2018 https://www.haaretz.com/opinion/.premium-israel-s-labor-party-lost-in-the-wilderness-1.6700866

Al Monitor, Israeli left-wing parties to unite or to sink, Feb. 10, 2019 https://www.al-monitor.com/pulse/originals/2019/02/israel-labor-party-meretz-yitzhak-rabin-elections-merger.html

Al Monitor, Israeli Labor at loss, abandoned by voters, Dec. 21, 2018 https://www.al-monitor.com/pulse/originals/2018/12/israel-avi-gabbay-benny-gantz-labor-party-zionist-camp.html

Al Monitor, Gaza and Blue and White put Netanyahu on the defensive,  March 27, 2019 https://www.al-monitor.com/pulse/originals/2019/03/israel-benjamin-netanyahu-golan-heights-submarine-campaign.html

Al Monitor, New heights of irresponsibility over the Golan, March 26, 2019 https://www.al-monitor.com/pulse/originals/2019/03/israel-syria-us-benjamin-netanyahu-donald-trump-golan-height.html

Al Monitor, Netanyahu’s successful operation of unifying the far right, Feb.15, 2019 https://www.al-monitor.com/pulse/originals/2019/02/israel-benjamin-netanyahu-likud-elections-jewish-home-right.html

Al Monitor, Netanyahu whitewashing far-right activists, Feb. 7, 2019 https://www.al-monitor.com/pulse/originals/2019/02/israel-benjamin-netanyahu-meir-kahane-kach-movement-election.html

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