Lo scorso 21 giugno Sarah Netanyahu, la moglie del leader israeliano, è stata accusata di frode per aver utilizzato circa $100,000 di fondi pubblici tra il 2010 e il 2013 per acquistare piatti gourmet. La notizia è apparsa sulle prime pagine dei quotidiani israeliani come l’ennesima puntata del romanzo criminale a base di illeciti e lusso sfrenato che vedrebbe coinvolti i Netanyahu. Infatti pochi mesi fa, a febbraio, la polizia aveva raccomandato che lo stesso PM venisse incriminato per corruzione, frode e abuso di fiducia nei cosiddetti casi 1000 e 2000. Nonostante ciò, la popolarità di “re Bibi” sembra essere rimasta inalterata.
I casi pendenti contro Netanyahu
La corruzione non è un tema inedito per lsraele che, stando all’Indice di percezione della corruzione dell’agenzia Transparency International, nel 2017 occupava i ranghi più bassi tra i Paesi sviluppati in quanto a trasparenza. Basti pensare che dal 1996, quattro PM di fila, Netanyahu, Ehud Barak, Ariel Sharon and Ehud Olmert, sono finiti al centro di battaglie legali e l’ultimo si è dimesso sotto pressione, tra gli altri, dello stesso Netanyahu.
Ironia vuole che adesso sia proprio quest’ultimo ad essere nel mirino della polizia in almeno 4 casi portanti:
- CASI 1000 E 2000, o “Il caso dei regali” e “Il caso Yedioth Ahronoth”
In entrambi i casi le indagini sono partite verso la fine del 2016. I protagonisti del primo caso sarebbero Arnon Milchan, un produttore di Hollywood, e James Packer, un magnate australiano, che avrebbero donato alla famiglia Nethanyahu champagne, sigari e gioielli per un valore di $280,000; non è chiaro se i regali siano stati barattati per favori politici.
Il secondo vedrebbe coinvolto Arnon Mozed, direttore di uno dei quotidiani più venduti in Israele, Yedioth Ahronoth, che avrebbe accettato di realizzare una copertura positiva dei fatti inerenti i Nethanyahu in cambio di “leggi e altri mezzi” che potessero ostacolare la crescita di un giornale rivale, Israel Hayom. Ari Harow, ex capo dello staff di Netanyahu, ha accettato di testimoniare per l’accusa.
- CASO 4000 o “Il caso Bezeq – Walla!”
Dal 2017, sono in corso indagini sul gigante delle telecomunicazioni Bezeq Israel Telecom per aver manipolato il sito di news Walla!, gestito da loro, affinché coprisse in modo positivo gli affari del PM in cambio di agevolazioni con le autorità di regolamentazione della comunicazione. Shaul Elovitch, uno dei principali azionisti, ha confermato il fatto ma ha negato che Netanyahu gli abbia garantito qualcosa in cambio. Shlomo Filber, ex direttore generale del Ministero della Comunicazione, è stato arrestato in connessione al caso e ha accettato di testimoniare contro Bibi in cambio di una riduzione della pena.
- CASO 3000 o “Il caso dei sottomarini”
Dal novembre 2016 è in corso un’indagine preliminare su un contratto di $2 milioni con la compagnia tedesca Thyssenkrupp Marine Systems per la costruzione di tre sottomarini e 4 navi pattuglia. Netanyahu non è personalmente coinvolto nelle indagini ma lo è il suo avvocato personale, David Shimron, perché sospetto di aver ricevuto una percentuale di presunte mazzette pagate per ottenere il contratto.
Finché c’è caos, c’è speranza
Al di là delle accuse in sé, le schermaglie con la giustizia del Primo Ministro hanno reso evidente quanto sia radicata la sua popolarità. In primo luogo il premier ha sfruttato l’instabilità regionale per distogliere l’attenzione dalle accuse. In quasi un decennio al potere Netanyahu è riuscito infatti a dipingersi agli occhi di molti come indispensabile per la stabilità nazionale: ha fatto leva ed esasperato un primordiale senso di insicurezza che vedrebbe Israele circondata da nemici quali l’Iran, Hezbollah, Hamas, pronti ad annichilirla. Di fronte a tali minacce, un governo corrotto è meglio di un governo incapace di garantire la sicurezza del Paese. Tanto più che una serie di cambiamenti a livello regionale e internazionale si sono presentati come occasioni perfette per alimentare questo tipo di propaganda e far emergere Netanyahu come l’unica soluzione.
Proprio all’indomani dello scandalo sui casi 1000 e 2000, a fine aprile, il leader del Likud aveva presentato una serie di prove raccolte dal Mossad sulla produzione nucleare dell’Iran; pochi giorni dopo Trump ha annunciato il ritiro degli USA dal JCPOA. Lo spettro della presenza iraniana al confine con la Siria ha alimentato una serie di raid contro le postazioni iraniane sul territorio siriano e un crescendo di relazioni diplomatiche con Mosca per isolare Tehran; Putin avrebbe poi incoraggiato le truppe iraniane a liberare le alture del Golan. Sul fronte palestinese, Bibi verrà ricordato come il leader che ha portato gli Stati Uniti a riconoscere Gerusalemme quale capitale di Israele.
E’ anche vero poi che manca una reale alternativa a Netanyahu. Vi sono all’interno della maggioranza personaggi di spicco che potrebbero ambire alla premiership quali il ministro dell’educazione, Naftali Bennett, o il ministro della difesa, Avigdor Lieberman. Nessuno dei due tuttavia gode della statura politica dell’attuale PM. Invece la sinistra rimane disorganizzata e confusa nel suo approccio all’elettorato con posizioni poco chiare ed eterogenee che non aiutano a costruire un discorso unico e credibile in opposizione alla destra. Tra l’altro l’esclusione della componente araba, parte di una coalizione a sé stante che occupa una minima parte dei seggi in Parlamento, non fa che aumentarne la frammentazione.
Terzo, la graduale erosione delle istituzioni liberali nel Paese e una crescente polarizzazione della società continuano a favorire la retorica populista e ultra conservatrice dell’attuale governo, la coalizione “più a destra” nella storia del Paese. A parte una crescente interferenza nella libertà di espressione dei media, Netanyahu ha anche cercato, fallendo, di limitare l’indipendenza del giudiziario con una proposta di legge che avrebbe di fatto abolito il diritto della Corte Suprema alla revisione giudiziaria. Al momento inoltre è al vaglio del Knesset la cosiddetta “legge dello stato nazione” che, se approvata, legittimerebbe la segregazione della parte non ebrea dei cittadini israeliani e la preminenza dei diritti nazionali su quelli individuali. Le clausole più controverse della bozza riguardano l’approvazione del diritto a costituire comunità esclusive sulla base di religione e nazionalità e il riconoscimento dell’ebraico come lingua ufficiale e dell’arabo come lingua “speciale”.
E adesso?
Netanyahu non è obbligato per legge a lasciare la carica né a seguito delle raccomandazioni della polizia, dismesse dal premier come un’immotivata “caccia alle streghe”, né tanto meno se il procuratore generale dovesse formalmente accusarlo. In quel caso però, con un processo di mezzo, la sua posizione diverrebbe insostenibile sia in termini di supporto della coalizione e dell’opinione pubblica che di adempimento ai propri doveri. Tuttavia le possibilità che Bibi finisca in tribunale rimangono esigue dati i tempi necessari a valutare le prove e il fatto che l’attuale PR è stato nominato dallo stesso Netanyahu.
FONTI E APPROFONDIMENTI
https://www.theatlantic.com/international/archive/2018/02/netanyahu-indictment/535995/
https://worldview.stratfor.com/article/netanyahu-israel-corruption-likud-prime-minister
Bibi’s Faustian bargain—Why the cost of Netanyahu’s political survival could be steep
The Netanyahu “Doctrine”: Passivity and Reactivity, with Missed Opportunities
http://www.middleeasteye.net/news/very-short-introduction-netanyahu-cases-1529397213
https://www.thesun.co.uk/news/6464336/sara-netanyahu-wife-children-benjamin-ex-wives-fraud/