Israele: la legge elettorale e la Knesset del 2015

Il panorama partitico di Israele è complesso e disunito. I partiti presenti alle ultime elezioni parlamentari tenutesi il 17 marzo 2015 erano più di trenta, ma solo dieci di questi sono riusciti ad accaparrarsi dei seggi nella Knesset, il Parlamento israeliano. Ma quali sono questi partiti? Perché sono così numerosi? E quali sono i punti su cui si scontrano?

Il sistema politico israeliano prevede quattro organi fondamentali: la Knesset appunto il Parlamento, il Governo, detentore del potere esecutivo, il Presidente dello Stato, attore super partes che si occupa principalmente delle funzioni cerimoniali e la Corte Suprema, a capo del sistema giudiziario.

La formazione della Knesset avviene tramite elezioni parlamentari, che si tengono in teoria ogni quattro anni, ma la cui anticipazione può essere richiesta sia dai deputati stessi che dal Primo Ministro, che è a capo del Governo. Il sistema elettorale utilizzato è un proporzionale puro, il che significa che i seggi ottenuti dai vari partiti vengono calcolati in modo proporzionale all’effettivo numero di voti ricevuti alle elezioni, sulla base di un collegio unico nazionale, che prevede una soglia di sbarramento al 3,25% (era al 2% fino alla tornata elettorale precedente); entreranno alla Knesset, quindi, solo i partiti, o i gruppi, che otterranno più del 3,25% dei voti. La riforma ha leggermente diminuito la frammentazione del sistema politico israeliano spingendo alcuni partiti ad allearsi per poter superare la soglia.

Con le votazioni per la Knesset viene deciso anche il Primo Ministro: nel momento in cui i risultati degli scrutini sono noti, il Presidente dello Stato ha il compito di procedere alle consultazioni e, al termine di esse di affidare l’incarico di Primo Ministro, incarico solitamente spettante al capo del partito che ottiene il maggior numero di seggi in Parlamento.

Nella storia di Israele, però, nessun partito ha mai ottenuto la maggioranza assoluta (61 seggi, essendo, la Knesset, composta da 120 deputati) e si è sempre provveduto a formare delle coalizioni di governo. Questa pratica ha portato nel 2009 l’attuale presidente Benjamin Netanyahu, allora al suo quarto mandato, ad ottenere l’incarico anche se il suo partito, Likud, aveva ottenuto 27 seggi, finendo al secondo posto dietro Kadima.

Vista la vastità del panorama partitico israeliano, andremo ora a prendere in considerazione i maggiori partiti israeliani, cioè presenti nella Knesset formatasi nel 2015, analizzando di ognuno i tempi e i motivi della fondazione, le posizioni riguardanti le relazioni con i palestinesi e le politiche interne.

 

Likud

Likud detiene, dalle elezioni del 17 marzo 2015, il maggior numero di seggi nella Knesset, 30. Il partito, fondato nel 1973 da Menachem Begin come alleanza tra i maggiori partiti di centro destra del paese, aveva come obiettivo primario la sconfitta della sinistra sionista di Ha’Avodà ormai al governo dalle prime elezioni del 1948. Likud, che si definisce nazionalista e conservatore, è un attore politico di stampo sionista revisionista. Si definiscono sionisti i gruppi di stampo ebraico che vedono come diritto del proprio popolo la costruzione dello stato di Israele nei territori palestinesi; in questo caso, definendosi anche revisionisti, il diritto di autodeterminazione del popolo ebraico secondo gli esponenti di Likud, non è religioso, bensì politico.

Il suo revisionismo sionista lo ha portato a rifiutare gli accordi di Oslo del 1993 tra Israele e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, che prevedevano la suddivisione della West Bank

A causa delle sue ferme posizioni in tema di conflitto arabo israeliano, il partito ha subito una scissione nel 2005, quando Ariel Sharon, ai tempi primo ministro, perse l’appoggio di gran parte dei colleghi di partito dopo che attuò un piano di ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza. Dalla scissione nacque Kadima.

Nel 2009 però, Netanyahu, su pressione americana, ha dichiarato pubblicamente di appoggiare una soluzione che preveda la creazione di uno stato di Palestina. Qualche anno dopo, ha rettificato che per garantire la sicurezza dello stato di Israele, non è contemplabile l’idea del ritiro delle  truppe dai territori occupati, non essendo stati raggiunti accordi definitivi con i palestinesi.

Infatti, per quanto riguarda le questioni interne, uno dei punti focali su cui si sono sempre basati i programmi del partito, è il tema della sicurezza, in particolare nelle zone della West Bank. Allo stesso tempo, Likud è uno degli attori politici che si batte per la fine dei privilegi degli ebrei ultra ortodossi, chiedendo uguaglianza nel servizio militare e si schiera tra i contrari al Jewish State Bill, che enfatizza il carattere religioso sopra quello democratico dello stato di Israele.

Unione Sionista

– Ha’Avodà

Lo storico nemico numero uno di Likud è Ha’Avodà. Anch’esso si dichiara sionista, è nato nel 1968 grazie all’alleanza tra tre partiti socialisti laburisti ed ha dominato la scena politica fino al 1977, quando Menachem Begin ha preso il posto di Yitzahk Rabin come Primo Ministro.  La leadership del partito è attualmente rivestita da Isaac Herzog.

Riguardo il conflitto arabo-israeliano, Ha’Avodà è da anni a favore di una soluzione pacifica della questione che preveda anche il ritiro da parte di Israele delle truppe di occupazione dei territori palestinesi e la costruzione di uno stato palestinese.

Il partito ha promesso nelle ultime tornate elettorali che, in caso di vittoria, avrebbe provveduto ad applicare riforme economiche e sociali, cominciando dal fermare la privatizzazione delle infrastrutture pubbliche e dei servizi sociali, contemporaneamente all’innalzamento del salario minimo.

Il Labour Party forma, con Hatnuah e il Movimento dei Verdi, l’Unione Sionista, che si è aggiudicata 24 seggi nell’attuale parlamento. L’Unione Sionista, ha aumentato negli ultimi anni il suo seguito grazie al popolare malcontento nei confronti del Primo Ministro Netanyahu.

– Hatnuah

Hatnua è il partito fondato nel novembre 2012 da Tzipi Livni, che era stata negli anni precedenti a capo di Kadima, con l’obiettivo di creare un partito sionista, liberale, laico e democratico. La Livni era stata ministro della giustizia e le era stato assegnato il gruppo di negoziazione con i palestinesi per la risoluzione del conflitto arabo-israeliano durante la legislatura Netanyahu del 2013. Il movimento condivide, infatti, la soluzione dei due stati per concludere il conflitto israelo-palestinese definitivamente, incolpando Israele stesso per il mancato raggiungimento di un accordo a causa dell’occupazione della West Bank. Nelle elezioni successive, però, il movimento ha deciso di allearsi con il Labur Party, non condividendo l’estremismo del Primo Ministro Benjamin Netanyahu.

Hatnuah è contrario all’esenzione degli ultra ortodossi dal servizio militare, si oppone infatti al Jewish State Bill.

Lista Araba Unita

La terza forza all’interno dell’attuale Knesset è la coalizione formata da Balad, Hadash e Ta’Al. E’ stata formata nel gennaio 2015 nella consapevolezza della necessità di collaborazione per dare una giusta rappresentanza in parlamento alla popolazione non sionista del Paese.

La lista supporta la creazione di uno Stato palestinese nei territori della West Bank e della Striscia di Gaza, con la suddivisione dilla città di Gerusalemme tra israeliani e palestinesi.

A livello domestico, il gruppo si adopera per far sì che gli arabi israeliani abbiano gli stessi diritti del resto della popolazione dello Stato.

Yesh Atid (C’è un futuro)

Il partito è stato fondato nel 2012 dall’ex giornalista Yair Lapid, con l’obiettivo di rappresentare l’elettorato centrista.

Yair Lapid condivide con Likud l’idea che anche la parte ultra ortodssa della popolazione debba concorrere alla contribuzione sociale e che sia arrivato il momento che venga abolita l’esenzione degli stessi dalla servizio militare. Allo stesso tempo però, si discosta da Likud riguardo il tema del conflitto arabo-palestinese essendo Lapid, così come il suo elettorato, convinto che sia necessario riaprire le trattative di pace cercando di giungere alla conclusione definitiva delle tensioni con la costituzione di uno stato palestinese ritirando le forze di occupazione dalla West Bank.

Kulanu (Tutti noi)

Fondato nel novembre del 2014 da Moshe Kahlon, Kulanu è un partito centrista con l’obiettivo di fare particolare attenzione alle questioni di ordine economico e riguardanti il costo della vita.

Per quanto riguarda la questione arabo-israeliana, Kahlon è passato da una linea dura, che mette in primo piano la sicurezza dello Stato di Israele, escludendo la possibilità di evacuazione dei territori della West Bank, all’appoggio della soluzione dei due Stati.

Bait Hayehudi (La Casa Ebraica)

Il partito fondato da Naftali Bennet nel 2008, è riuscito ad ottenere 8 seggi nelle elezioni del 2015. Il suo programma, rigorosamente di destra e guidato da sentimenti religiosi, si scontra fortemente con la possibilità di creare uno stato palestinese per concludere una volta per tutto la questione arabo-israeliana; al contrario Bait Hayehudi supporta gli insediamenti ebrei di occupazione, ritenuti illegali dal diritto internazionale, definito da Bennet “sbagliato”.

Shas

Fondato nel 1982, Shas è un partito sefardita ultraortodosso. Vengono definiti sefarditi gli ebrei provenienti dalla penisola iberica. Il partito è fortemente mosso da sentimenti religiosi, tanto che è il Consiglio dei Saggi dell Torah a selezionarne i candidati e a deciderne il programma.

Esso punta al ritorno all’osservanza della religione e dell’eredità culturale dei fondatori dello Stato di Israele, sostiene le comunità sefardite più povere, in cui pratica un particolare tipo di insegnamento chiamato El ha-Ma’ayan, che rappresentano il suo bacino elettorale ed è dichiaratamente omofobo.

Riguardo il conflitto tra israeliani e palestinesi, il partito riconosce che le vite umane valgono più dei territori, quindi è necessario far cessare le ostilità, anche se il gruppo si è sempre dichiarato contrario al blocco dello sviluppo degli insediamenti israeliani nella West Bank.

Yisrael Beiteinu (Israele è casa nostra)

Fondato nel 1999 da Avigdor Lieberman e supportato dagli ebrei emigrati dai territori dell’ex Unione Sovietica, Yisrael Beiteinu è un partito sionista nazionalista che spesso si schiera in posizioni discutibili riguardo in conflitto arabo-israeliano, opponendosi ai processi di pace. Allo stesso tempo però, il leader del partito auspica la creazione di uno stato Palestinese “vitale”, cioè i cui confini circoscrivano le aree con la più alta densità di popolazione araba.

In politica interna, auspica un riforma del sistema che aumenti la divisione tra legislativo ad esecutivo e cerca di moderare l’influenza dei rabbini in politica, anche se non auspica la separazione tra stato e religione.

Giudaismo Unito della Torah

Si tratta di un partito askenazita ultrortodosso fondata nel 1992. Gli askenaziti sono gli ebrei che provengono dalla parte orientale dell’Europa. Anche questo partito si concentra prevalentemente su tematiche religiose, infatti si oppone all’introduzione del matrimonio civile, del servizio militare per gli ultra ortodossi e del divieto di lavoro il sabato e nelle festività religiose.

E’ grazie a questo partito che la comunità degli ultra ortodossi ha ottenuto i privilegi che oggi possiede e contro cui, molti degli altri partiti del Knesset, si battono.

Meretz (Energia)

Gli esponenti di questo partito, creato nel 1992, si definiscono socialdemocratici e portano avanti una corrente sionista di sinistra. Il programma si basa infatti sui diritti umani, uguaglianza economica e sociale, ambientalismo e libertà di religione.

Il partito è a favore della promozione di un processo di pace, possibilmente definitivo, con il mondo arabo, e con i palestinesi in particolare, schierandosi per la soluzione dei due stati e il ritiro delle truppe di occupazione dalla West Bank.

Kadima

In più c’è Kadima: Kadima è il partito nato nel 2005 dalla scissione tra Likud e l’ex Primo Ministro Ariel Sharon, a seguito di scontri interni sulla questione israelo-palestinese. Sharon fu seguito da altri esponenti politici di spicco, come Shimon Peres, che diventerà Presidente dello Stato due anni dopo.

Il partito si descrive come un’alternativa centrista e sionista ai partiti esistenti, in un momento in cui la sinistra era stata indebolita dal fallimento degli accordi di Camp David del 2000 e Likud era ancora schierato in posizioni contrarie alla soluzione dei due stati auspicata a livello internazionale.
Kadima, dopo un inizio di storia burrascoso a causa dei malanni di Sharon, che hanno portato Olmert a prendere le redini del partito senza però ottenere i successi sperati, è riuscito ad ottenere il maggior numero di seggi nel Knesset nel febbraio 2009, quando era capeggiato da Tzipi Livni. Anche la vittoria si è però alla fine rivelata una sconfitta: fu infatti Benjamin Netanyahu ad ottenere la carica di primo Ministro, come ricordato in precedenza. Il partito no ha partecipato alle elezioni del 2015 a causa della progressiva perdita di voti iniziata nel 2012, quando la Livni ha perso le primarie, lasciando il posto a Saul Mofaz, il quale si è poi ritirato dopo la disfatta del 2013La successiva giuda del partito, Akram Hasson, ha abbandonato il suo ruolo accettando l’offerta di partecipare alle elezioni nella lista di Kulanu.

Come analizzato, molti sono gli attori del panorama partitico israeliano, il quale si presenta frammentato a destra, a sinistra e al centro. Partiti laici, religiosi, sionisti ed arabi si contendono più seggi possibili ad ogni elezione. Una tale frammentazione rende precaria la stabilità dei governi, essendo possibile raggiungere la maggioranza parlamentare solo attraverso coalizioni, non sempre durature. Spesso, infatti, si è ricorsi ad elezioni anticipate.

 

Fonti e Approfondimenti:

http://www.knesset.gov.il/description/eng/eng_mimshal_beh.htm

https://www.washingtonpost.com/news/worldviews/wp/2015/03/13/these-are-the-political-parties-battling-for-israels-future/?utm_term=.bbd512398fc6

http://www.israelelection2015.org/parties/

http://www.economist.com/blogs/economist-explains/2015/03/economist-explains-11

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