Il Consiglio di sicurezza: cos’è e come funziona

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Recentemente si è parlato molto della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU, a proposito degli insediamenti nella West Bank, argomento che abbiamo già trattato approfonditamente. Andiamo adesso ad analizzare insieme che cosa è il Consiglio di sicurezza e quali poteri ha.

Il Consiglio di sicurezza nasce nel 1945 a seguito della conclusione della seconda guerra mondiale. Durante la Conferenza di San Francisco, il 26 giugno del 1945, è stata firmata la Carta delle Nazioni Unite, che prevede, secondo l’articolo 7, la creazione di questo organo. Il Consiglio di sicurezza si è riunito per la prima volta nel gennaio del 1946, dopo che, nell’ottobre del 1945, la Carta è stata ratificata dai cinque Membri permanenti, ovvero le potenze uscite vincitrici dalla seconda guerra mondiale.

Il capitolo della Carta che riguarda questo organo dell’ONU che noi stiamo analizzando è il V e, secondo l’articolo 24, questo ha la responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internaziona.

 

Da chi è composto il Consiglio di sicurezza?

Questo organo originariamente era composto da 11 Stati membri, ma con l’emendamento del 1963 il numero dei membri è stato portato a 15. Secondo l’articolo 23, 5 di questi Membri sono permanenti (Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti) e 10 vengono eletti dalla Assemblea generale a maggioranza dei 2/3. Per eleggere i Membri, l’Assemblea generale deve tener conto del contributo che gli stessi danno al fine di mantenere la pace e la sicurezza internazionali, ma anche della posizione geografica, ovvero vengono eletti 3 stati dell’Africa, uno dell’Europa Orientale, 2 dell’America Latina, 2 dell’Asia e 2 dell’Europa Occidentale ed altri (Australia, Canada e Nuova Zelanda). I Membri non permanenti sono eletti per 2 anni e non sono rieleggibili per un secondo mandato consecutivo.

 

Come funziona la procedura di voto?

La procedura di voto viene stabilita dell’art. 27 della Carta; ciascun Membro del Consiglio ha un voto, rispettando il principio dell’uguaglianza, stabilito dall’art.2. Il secondo paragrafo dell’articolo recita che per quanto riguarda le questioni di procedura, serve il voto favorevole di 9 Membri, mentre il terzo recita che per le decisioni riguardanti ogni altra questione, nei nove voti favorevoli, devono essere inclusi i 5 voti dei Membri permanenti. L’art. 27 non precisa quando il voto riguardi questioni di procedura o ogni altra questione. Per capire quali siano le altre questioni si deve far riferimento al fatto che queste possano scatenare una serie di eventi. Per una maggiore sicurezza, nel caso di dubbio, la questione deve essere risolta con la maggioranza qualificata ovvero comprendendo il voto favorevole di tutti i Membri permanenti.

 

Che cos’è il potere di veto?

Il  potere di veto è la facoltà che ha un Membro permanente d’impedire con il suo voto contrario la formazione di una deliberazione valida del Consiglio stesso, pertanto non impedisce che questa produca effetti giuridici, ma elimina sul nascere la formazione della volontà del Consiglio. I Membri elettivi possono esercitare il veto collettivo o di blocco in opposizione al veto dei Membri permanenti e sono necessari almeno sette voti.  Durante il periodo della guerra fredda il ricorso al veto è stato molto frequente da parte dell’URSS, mentre da dopo la decolonizzazione c’è stato un aumento dei veti occidentali, soprattutto da parte degli Stati Uniti. Attualmente la prassi usata è quella del consensus, ovvero il portare avanti dei negoziati diretti ad evitare il voto.

Possono verificarsi alcune situazioni particolari durante la procedura di voto: ovvero l’astensione, la non partecipazione al voto oppure l’assenza. L’astensione, secondo l’art. 27, se parliamo di un Membro permanente,  può essere obbligatoria, quando un membro è parte di una controversia ed ovviamente a questo è negato il diritto di veto. Per quanto riguarda l’astensione volontaria di un Membro permanente questa non  si deve interpretare come un veto, ovvero un’obiezione, infatti non genera conseguenze sulla formazione della volontà collegiale. La non partecipazione al voto è  simile all’astensione negli effetti, la differenza sta nel fatto che la non partecipazione mostra implicitamente la volontà di dissociarsi da una determinata deliberazione. Per quanto riguarda invece l’assenza di un Membro permanente, ci sono stati solamente due casi di assenza, da parte dell’URSS nel 1946 e nel 1950. L’assenza quindi non è considerata equivalente al veto e non ha impedito al Consiglio di deliberare, stesso vale per l’assenza di un membro non permanente.

 

Chi partecipa al Consiglio?

A partire dagli anni Sessanta, a seguito della decolonizzazione, molti stati hanno chiesto di partecipare alle discussioni del Consiglio. L’art. 32 della Carta stabilisce che ogni Stato membro dell’ONU, pur non facente parte del Consiglio, ma essendo parte di una controversia, sarà invitato a partecipare alla discussione, ma senza avere la possibilità di voto. Secondo gli artt. 31 e 32 gli stati ammessi a partecipare alle riunioni possono non solo discutere, ma anche presentare proposte e progetti di risoluzione, senza però l’obbligo, da parte dei Membri del Consiglio, di una votazione riguardante la loro proposta, a meno che non sia uno Stato membro a richiederla. Per far partecipare uno Stato ai dibattiti del Consiglio si deve far riferimento agli artt. 31 e 32  e molto spesso, il Consiglio di sicurezza ricorre anche all’art. 39 del regolamento provvisorio di procedura.

 

Quali sono i poteri del Consiglio di sicurezza?

Il Consiglio di sicurezza, secondo l’art. 30 della Carta, ha il potere di auto-organizzazione e quindi può adottare il proprio regolamento. Il regolamento provvisorio di procedura è stato adottato nel gennaio 1946 ed emendato più volte, da ultimo nel 1982. Questo regolamento disciplina, tra le altre cose, le riunioni del Consiglio, l’ordine del giorno, l’organizzazione dei lavori e il sistema di votazione. Un altro potere è quello di istituire gli organi sussidiari, stabilito dall’art.29 della Carta. Tra questi ci sono tre comitati  permanenti che rappresentano gli Stati membri: il Comitato di esperti  per l’esame del regolamento provvisorio di procedura, il Comitato sull’ammissione di nuovi Membri ed il Comitato per le riunioni del Consiglio fuori della sede principale. Sono organi sussidiari anche i tribunali penali e i comitati delle sanzioni. Il Consiglio di sicurezza ha anche potere di azione al fine del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali e, secondo l’art. 24, ha il potere di definire una situazione come illecita rispetto la Carta. L’art.25 afferma  che gli Stati membri delle Nazioni Unite, anche se contrari rispetto quanto deciso dal Consiglio, sono tenuti a rispettare la decisione in quanto, altrimenti, l’organo sarebbe privato dei poteri che gli vengono conferiti dalla Carta stessa.

Il Consiglio di sicurezza ha poteri di natura conciliativa, cioè quelli che riguardano controversie e situazioni che gli vengono sottoposte oppure poteri coercitivi. Secondo l’art. 35 ogni membro può sottoporre al Consiglio controversie o situazioni e questo potrà decidere se formulare raccomandazioni o  prendere in esame la questione. Il Consiglio, una volta accertata l’esistenza di una minaccia alla pace, secondo l’art. 39, va ad agire in conformità agli articoli 41 e 42 . L’art. 41 riguarda misure coercitive non implicanti l’uso della forza nei confronti di uno stato che  ha minacciato la pace. Il Consiglio può chiedere agli Stati membri di adottare delle sanzioni, che possono essere, ad esempio, interruzione delle relazioni economiche, diplomatiche, embargo, e di prassi queste decisioni sono vincolanti. Secondo l’art. 42 il Consiglio di sicurezza può portare avanti ogni azione necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionali. Questi interventi militari possono essere intrapresi non solo in caso di minaccia alla pace, ma anche in casi di carattere umanitario (es. genocidio del Ruanda nel 1994).

Gli atti del Consiglio di sicurezza sono definiti risoluzioni. Queste possono essere raccomandazioni e quindi non avere effetti vincolanti oppure decisioni obbligatorie. Altre risoluzioni possono essere le autorizzazioni, ovvero la sospensione, per gli Stati membri, dell’obbligo all’astensione rispetto l’uso della forza.

Dopo la caduta del muro di Berlino si e vista la necessità di una riforma del Consiglio di sicurezza, voluta soprattutto dai paesi non allineati. Gli aspetti da modificare sono essenzialmente due: nuovi metodi di lavoro del Consiglio per migliori rapporti tra i Membri e l’ampliamento del numero dei Membri. La questione si e protratta negli anni e persiste anche oggi, senza arrivare ad una conclusione.

 

 

Fonti e Approfondimenti

S. MARCHISIO, L’ONU. Il diritto delle Nazioni Unite, Il Mulino, Bologna, 2012

http://www.un.org/en/charter-united-nations/index.html

http://www.un.org/en/sc/repertoire/

https://treaties.un.org/doc/publication/ctc/uncharter.pdf

 

Leave a comment

Your email address will not be published.


*