Tra risoluzioni e missioni: le Nazioni Unite in Libia

Le Nazioni Unite in Libia
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Tra gennaio 2017 e agosto 2018 la Missione delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL) e l’Ufficio dell’alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani hanno raccolto le testimonianze di 1300 persone, pubblicando nel dicembre 2018 un rapporto in cui sono stati denunciati “orrori inimmaginabili” che rifugiati e migranti sono costretti a subire nei campi di detenzione in Libia.

Per comprendere il susseguirsi degli eventi in Libia, oggetto di un dibattito ricorrente e molto acceso tra i soggetti della comunità internazionale, è interessante soffermarsi sul ruolo che le Nazioni Unite hanno rivestito nel territorio libico a partire dal 2011.

Lo scopo dell’articolo è quello di evidenziare gli interventi che le Nazioni Unite hanno intrapreso in Libia, il che significa focalizzarsi su una serie di risoluzioni adottate dal Consiglio di Sicurezza nel primo anno di guerra civile e concluse con l’istituzione della Missione ONU a supporto della Libia, ancora in vigore, dal settembre 2011.

2011: L’intervento ONU in Libia

Sulla scia di quanto stava succedendo in Medio Oriente e Nord Africa, anche la Libia fu soggetta, nei primi mesi del 2011, a una ondata di proteste e manifestazioni, a cui venne assegnato dai media occidentali il nome di primavera araba. Questa ventata di rivendicazioni si trasformò, in breve tempo, in una guerra civile tra i fedeli di Gheddafi e le forze ribelli, riunite nel Consiglio Nazionale di Transizione (CNT), che volevano destituire il leader, al potere dal 1969.

In questo panorama, il 26 febbraio 2011 venne adottata dal Consiglio di Sicurezza la Risoluzione 1970, con la quale la comunità internazionale si inseriva nello scontro civile. La risoluzione, presentata da Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, venne votata all’unanimità e delineò delle linee di intervento non militare volte a limitare azioni violente nei confronti dei civili. Nello specifico, venivano imposte una serie di sanzioni, tra cui embargo sulle armi, congelamento dei beni e divieto di viaggiare per alcuni esponenti della famiglia o altre persone vicine a Gheddafi.

A distanza di poche settimane, l’intensificarsi delle violenze portò nuovamente Francia e Regno Unito, questa volta appoggiati dal Libano, a presentare al Consiglio di Sicurezza la Risoluzione 1973. Quest’ultima venne approvata il 17 marzo 2011, con 10 voti favorevoli e 5 astensioni, tra cui quella di Cina e Russia che, seppur Membri permanenti del Consiglio, decisero di non ricorrere al diritto di veto. La Risoluzione 1973 metteva in luce l’inadempienza da parte delle autorità libiche della risoluzione precedente, sottolineando come le violenze in atto potessero considerarsi crimini contro l’umanità e costituissero una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale.

Tramite l’uso della formula “il Consiglio di Sicurezza autorizza a prendere tutte le misure necessarie per proteggere i civili e le aree dove risiede la popolazione civile minacciate di attacco”, si autorizzavano gli Stati Membri a ricorrere all’uso della forza.  Il divieto sancito dall’art.2.4 della Carta ONU veniva così meno a favore di quanto stabilito dal Capitolo VII della stessa e, in particolar modo, dall’art. 42. Veniva, però, esclusa la possibilità di ricorrere, da parte della comunità internazionale, a una occupazione del territorio e veniva istituita una no-fly zone sulla Libia.

La Risoluzione 1973 del 2011 rappresenta una delle decisione più dibattute dalla comunità internazionale e dagli studiosi di diritto internazionale e sancì così l’inizio di uno degli interventi umanitari più controversi dalla fine della Guerra Fredda. L’intervento della NATO, autorizzato dal Consiglio di Sicurezza, non si fece attendere e, pochi giorni dopo l’approvazione della risoluzione, iniziarono i bombardamenti. L’operazione prese il nome di Unified Protector e vide la conquista in pochi mesi delle maggiori città della Libia e, soprattutto, la presa di Sirte cui seguì la cattura di Gheddafi, ucciso il 20 ottobre 2011 per mano di alcuni membri del CNT. La missione si concluse definitivamente il 31 ottobre dello stesso anno.

UNSMIL- United Nations Support Mission in Libya

Sul finire dello scontro, che prese il nome di prima guerra civile in Libia, il 16 settembre 2011 il Consiglio di Sicurezza approvò la Risoluzione 2009 con la quale venne istituita la Missione di Supporto delle Nazioni Unite in Libia. La missione, di natura esclusivamente politica, venne approvata su richiesta delle autorità libiche e con lo scopo di supportare il Paese, nel periodo post-conflitto, a realizzare gli obiettivi necessari per il raggiungimento di un ordine democratico. L’obiettivo iniziale della missione era, dunque, di ripristinare l’ordine pubblico, promuovendo un dialogo politico, lo stato di diritto e dare inizio alla fase costituente e al processo elettorale.

La durata di UNSMIL doveva essere inizialmente di soli tre mesi, periodo che venne, di volta in volta, prolungato di 6 mesi o un anno, fino a giungere all’ultima risoluzione in materia, approvata dal Consiglio di Sicurezza (Risoluzione 2434) nel settembre 2018, che ha esteso la missione fino al 15 settembre 2019.

A fondamento dell’intera missione vige il principio di proprietà territoriale, che, dunque, deve essere tutelato da tutte le azioni e le attività promosse dall’ONU sul territorio. Inoltre, UNSMIL agisce sotto la leadership di un Rappresentante Speciale del Segretario Generale ONU, nominato da quest’ultimo. Al momento il ruolo è rivestito da Ghassan Salamé.

Sviluppo della missione

 

Come è facilmente intuibile, il costante prolungamento di UNSMIL è stato dettato da un susseguirsi di eventi e intensificarsi di difficoltà sul territorio in questione. La fine della guerra del 2011 e la morte di Gheddafi non misero fine a uno scontro interno, che, pian piano intensificandosi, diede vita nel 2014 alla cosiddetta Seconda guerra civile in Libia, la cui fine sembra ancora lontana.

In questi anni, UNSMIL ha, dunque, seguito le diverse fasi dell’evoluzione della situazione in Libia e si è strutturata in diversi settori e campi di interesse, sempre in rispetto di quanto stabilito nella risoluzione del 2011. In particolare, i maggiori campi di azione della missione possono essere identificati nel dipartimento degli affari politici, nell’assistenza elettorale e nella sezione di salvaguardia e monitoraggio dei diritti umani, della giustizia e del rule of law.

In linea con l’obiettivo iniziale della missione di supporto, il dipartimento di affari politici dà ampia priorità al processo di transizione verso la democrazia, cercando di creare un dialogo inclusivo e trasparente tra gli schieramenti in campo. Inoltre, esso fornisce consulenza tecnica alle principali istituzioni del Paese.

Il ruolo principale svolto dal dipartimento per l’assistenza elettorale è indubbiamente il supporto e il sostegno, in collaborazione con un team del programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), alle autorità libiche nell’organizzazione delle elezioni, la cui buona gestione e trasparenza rappresentano uno degli elementi necessari per la transizione verso le democrazia. Fino a oggi, il dipartimento ha svolto un ruolo importante nelle elezioni del 2012, le prime post-Gheddafi, e nelle successive elezioni del 2014. Inoltre, un’attenzione particolare è rivolta al consolidamento delle coscienze dei cittadini nei confronti delle elezioni, all’inclusione delle donne e all’analisi dei sistemi elettorali.

In ultimo, ma non per importanza, bisogna menzionare il dipartimento per i diritti umani, la giustizia e lo stato di diritto, il cui compito è quello di monitorare e rilevare il rispetto o la violazione dei diritti umani. Il dipartimento, che lavora in stretta collaborazione con l’Ufficio dell’Alto Commissariato dell’ONU, svolge un ruolo fondamentale per l’implementazione del diritto internazionale dei diritti umani. Il dipartimento non si è risparmiato condanne nei confronti di alcuni Stati. Nel report pubblicato lo scorso dicembre, si chiedeva all’Europa e agli Stati membri di riconsiderare le politiche di gestione della migrazione. Infine, è di pochi giorni fa la condanna che l’ONU, per voce dell’Ufficio del Commissariato dei Diritti Umani, ha inviato al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano, riguardo alla violazione delle convenzioni di diritto internazionale sui diritti umani di alcune direttive del nostro governo, quale il cosiddetto Decreto sicurezza bis.

Fonti e Approfondimenti

Risoluzione 1970 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, 26/02/2011

Risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, 17/03/2011

Risoluzione 2009 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, 16/09/2011

Fercione Giovanni ,” Le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza sulla Libia”, in Quaderni di Relazioni Internazionali, ISPI, Milano, 15/11/2011

United Nations Mission in Libya (UNSMIL), Mandate

United Nations Mission in Libya (UNSMIL), Background

United Nations Peace Operations, Political and Peace Building Affairs

UN Report, dicembre 2018, Migrants and refugees crossing Libya subjected to “unimaginable horrors”

Scuccimarra Luca, Proteggere l’Umanità, Il Mulino, Bologna, 2016

Martorana Veronica, “Missione Nato Unified Protector- Libia 2011”, in Archivio Disarmo, 16/03/2015

 

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