Crisi sui cieli del Golan

America latina, USA e Gerusalemme Ovest
@James Emery - wikimedia commons - Licenza: Attribution 2.0 International (CC BY 2.0)

Sabato 10 febbraio Israele ha abbattuto un drone iraniano che stava sorvolando le alture del Golan e successivamente la Siria ha abbattuto l’F-16 israeliano inviato a colpire una base aerea siriana. Questa rapida escalation di eventi avrebbe potuto culminare con il coinvolgimento diretto di Israele nel conflitto siriano e, quindi, con l’ampliamento dello scenario di guerra in Medio Oriente. Tuttavia, questa prospettiva sarebbe stata troppo pericolosa per tutte le parti in causa – Israele, Siria, Iran, Hezbollah e in ultimo Russia: dopo un ulteriore attacco a 12 target militari in territorio siriano (di cui 4 iraniani) e la mediazione di Mosca, la crisi è rientrata.

Era dalla guerra in Libano del 1982 che un velivolo israeliano non veniva abbattuto da una contraerea siriana ed è stata la prima volta che forze israeliane e iraniane si sono scontrate apertamente, seppur per un brevissimo tempo. Si è trattato di una dimostrazione di forza e di intenti: Teheran è determinata a mantenere, se non aumentare, la sua influenza in Siria e Libano, ma d’altronde Tel Aviv è altrettanto determinata ad impedire che questo accada.

Fin dall’inizio della guerra siriana Israele si è mantenuto su di una posizione di strategica neutralità, sebbene negli ultimi anni le circostanze siano mutate. Quando Assad ed i suoi alleati hanno cominciato a guadagnare terreno, Israele ha iniziato a temere che, con un eccessivo avvicinamento ai propri confini, i suoi acerrimi nemici avrebbero potuto facilmente attaccarlo senza esporre apertamente al conflitto i loro territori. Considerando Iran ed Hezbollah minacce dirette per la propria sicurezza nazionale, lo stato ebraico ha effettuato diversi attacchi a convogli e depositi armamentari in Siria; la situazione sul confine Israele-Siria-Libano si è fatta poi particolarmente tesa negli ultimi mesi.

Il Golan conteso

La situazione tra Siria e Israele è definita dall’armistizio del 1974, successivo alla guerra dello Yom Kippur del 1973. A questo, infatti, non è mai seguito un vero e proprio trattato di pace che demarcasse se non altro una linea di confine, per cui le Alture del Golan rimangono, tutt’oggi, un territorio conteso tra i due stati. La regione è per la maggior parte occupata da Israele, una condizione che perdura dal 1967, cioè dall’invasione mossa durante la Guerra dei Sei Giorni.

L’area, che si estende per circa 1.800 km, è prevalentemente montuosa e, per le sue caratteristiche geologiche e posizione, ha sempre goduto di un’importanza strategica notevole. Gli eventi sopra citati non sono altro che capitoli di una lunga storia: nell’antichità, controllare i valichi del Golan significava controllare le rotte commerciali dell’intera regione, nonché possedere un punto d’osservazione privilegiato di tutto il territorio circostante. Per questi motivi l’area è sempre stata teatro di conflitti e razzie, ma la sua centralità è sopravvissuta alle diverse fasi storiche e allo sviluppo tecnologico degli armamenti. Innanzitutto, fino al 1975 era passaggio obbligato della Trans-Arabian Pipeline, che collegava i giacimenti di petrolio sauditi al Libano, e più recentemente alcuni test preliminari hanno riportato la presenza di gas naturale nel sottosuolo.

Inoltre, un altro argomento particolarmente ostico, e che si frappone alla normalizzazione dei rapporti tra Israele e Siria, è la questione dell’acqua. Con un terreno fertile e ricco di falde acquifere e corsi d’acqua, le alture sono un importante bacino idrico per il Medio Oriente. Attualmente rimangono il punto di passaggio e di confluenza di circa un terzo delle risorse idriche di Israele, un asset a cui Tel Aviv non è disposto a rinunciare. Negli ultimi trentacinque anni sono stati costruiti numerosissimi insediamenti agricoli israeliani sui quali l’esercito vigila meticolosamente.

[Anche in Cisgiordania l’acqua costituisce un fattore strategico per Israele. Per più info vedi qui]

Già nel 1981 il parlamento israeliano aveva approvato una legge che sanciva l’annessione allo Stato delle alture del Golan, suscitando però violente manifestazioni di protesta da parte di coloro che (ancora oggi) rifiutano l’autorità di Tel Aviv. L’area è abitata soprattutto da drusi: da decenni questa comunità vive in un limbo politico internazionale, ma mantiene buoni rapporti sia con Israele che con la Siria e intrattiene legami di parentela anche con le comunità druse residenti negli stati limitrofi.

Tel Aviv non è mai tornata sui propri passi ma, anzi, in più occasioni ha ribadito la propria sovranità sulle alture, anche criticando la comunità internazionale per il mancato riconoscimento dell’annessione. Il Primo Ministro Netanyahu non è intenzionato a restituire nemmeno un palmo dei territori occupati nel 1967, a prescindere da qualsiasi processo di pace e qualunque entità verrà a crearsi nella Siria post-guerra.

La regione è un importante fattore strategico per Israele. Negli ultimi anni Tel Aviv ha cercato di creare una “zona cuscinetto” all’interno del confine siriano per evitare che forze ostili si avvicinassero troppo ai suoi confini. Il suo intervento si è concretizzato con l’invio di aiuti umanitari e con assistenza medica ai combattenti, nonché con il probabile invio di armi e munizioni ai ribelli siriani anti-Assad. Nell’estate scorsa Russia e Stati Uniti hanno promosso un cessate il fuoco nell’area che ha calmato temporaneamente la situazione. Mosca, infatti, si è ritagliata un ruolo di non poco conto nel conflitto siriano e, avendo mantenuto buoni rapporti sia con Assad che con Netanyahu, oggi risulta essere un interlocutore privilegiato e un mediatore credibile.

Tuttavia, Israele rimane scettico. Innanzitutto perché, nonostante la presenza russa, le forze di Hezbollah e dell’Iran paiono ambiziose e talvolta completamente ingestibili da parte di Mosca. Poi, l’accordo potrebbe portare alla concentrazione di forze militari nemiche appena al di là del confine, pronte a muovere contro Israele stesso.

Venti di guerra?

È dal 1973 che Israele non mobilita contro di sé fronti arabo-islamici; nel frattempo, e in particolar modo successivamente ai fatti del 2011 e alla riabilitazione a livello internazionale dell’Iran (a seguito degli accordi sul nucleare), lo scenario mediorientale è totalmente mutato.

Oggi lo scoppio di un nuovo conflitto arabo-israeliano appare davvero improbabile. Due «nuovi» attori hanno saputo consolidare la propria posizione e creare importanti sfere di influenza: Arabia Saudita e Iran. Allo stato delle cose, le divisioni createsi paiono talmente profonde che a pensare ad un asse Teheran-Riyad contro Tel Aviv si cadrebbe nell’assurdo. Anzi, un attacco di Hezbollah ad Israele potrebbe scatenare forze opposte, ovvero un’alleanza israelo-saudita. Intenzionate a controbilanciare il peso geopolitico di Teheran, Tal Aviv e Riyad si sono già avvicinate per una collaborazione politico-strategica, nonché economica.

Al momento tutte le parti in causa hanno preoccupazioni interne e forti interessi a non aprire un nuovo conflitto. Ma fino a che punto forze nemiche così vicine saranno in grado di tollerare tensioni e provocazioni senza far precipitare la situazione a un punto di non ritorno?

 

Fonti e approfondimenti

https://www.economist.com/news/middle-east-and-africa/21737044-brink-and-back-israel-and-iran-square-syria

http://www.limesonline.com/cartaceo/le-alture-della-discordia

https://www.al-monitor.com/pulse/originals/2018/02/israel-netanyahu-syria-clash-airspace-idf-iran-russia-putin.html

http://www.ispionline.it/it/pubblicazione/la-tentazione-di-hezbollah-trascinare-israele-nella-guerra-siriana-19652

http://www.ispionline.it/it/pubblicazione/israele-vs-iran-siria-cosi-la-guerra-fredda-cambia-passo-19667

 

Leave a comment

Your email address will not be published.


*


%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: