Politiche ambientali canadesi: il percorso liberale

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Il Canada è responsabile dell’1,6% delle emissioni globali di gas serra, con un totale di 704 Mton di CO2 equivalente nel 2016.

Il profilo del Canada non è distante da quello degli altri Paesi industrializzati: il 79% delle emissioni è rappresentato dalla CO2, che proviene in larga parte dalla combustione delle fonti fossili, mentre le emissioni di metano ammontano al 14%. Secondo il Natural Resources Canada la produzione dell’energia elettrica dipende per circa l’80% da fonti energetiche pulite, di cui il 18% è rappresentato dal nucleare e la restante parte da fonti rinnovabili.

 

Il Canada dopo la COP21

Nel 2016, per la prima volta, il Canada si è dotato di una legislazione a livello federale per i cambiamenti climatici. A innescare il processo di implementazione delle politiche ambientali nazionali è stata la sottoscrizione degli Accordi di Parigi (COP21) nel dicembre del 2015. Nel maggio dello stesso anno, in vista della conferenza parigina, il governo canadese (allora sotto la guida del conservatore Stephen Harper) aveva stilato e consegnato il proprio INDC, ovvero il documento programmatico con cui il Canada si impegnava a fare la sua parte per contrastare i cambiamenti climatici. Nell’INDC veniva definito il seguente obiettivo: ridurre le emissioni del 30% entro il 2030.

Il partito dei liberali, salito al governo nell’ottobre del 2015 con il suo leader Justin Trudeau, ha partecipato alla COP21 confermando la linea d’azione del governo conservatore. Era chiara la necessità di una crescita economica pulita e sostenibile, che aumentasse la resilienza ai cambiamenti climatici.

I lavori per realizzare un sistema di politiche in grado di intraprendere la transizione verso un’economia low carbon, sono iniziati a marzo del 2016 con la Vancouver Declaration on Clean Growth and Climate Change.
In questa occasione, sono stati istituiti gruppi di lavoro su 4 temi principali:

  • Pricing Carbon Pollution – le province sprovviste di un sistema di tassazione delle emissioni sono tenute ad adottarne uno entro il 2018, a scelta tra
    1) imposta diretta con importo minimo di 10$/tonCO2 nel 2018 e con aumento a 50$/tonCO2 nel 2022;
    2) sistema cap-and-trade (ovvero viene fissato un tetto massimo di emissioni e creato un mercato interno in cui possono essere acquistati dei “permessi ad inquinare”) con una riduzione progressiva del tetto di emissioni pari almeno al 30%.
  • Azioni complementari per ridurre le emissioni – ad esempio gli incentivi alle rinnovabili, la dismissione di impianti a carbone tradizionali entro il 2030 e il divieto di costruirne nuovi, strategie per i veicoli zero-emissioni.
  • Adattamento e resilienza climatica – istituzione del Canadian Centre for Climate Services, per mitigare gli effetti dei disastri ambientali dovuti al cambiamento climatico.
  • Tecnologie pulite, Innovazione e Lavoro – incoraggiamento degli investimenti in tecnologie pulite, che stimolino l’economia, creando posti di lavoro e una coscienza ambientale.

Il Pan Canadian Framework

Il risultato dei tavoli di lavoro è stato il Pan Canadian Framework, adottato a dicembre 2016. Nel documento viene dato un indirizzo comune a tutte le province e i territori canadesi, per ciascun ambito di intervento.

Tra le varie azioni disposte dal PCF c’è il Low Carbon Economy Fund, per il quale sono stati stanziati 2 miliardi di dollari nel giugno 2017. Il fondo serve a finanziare progetti a favore della riduzione delle emissioni di gas serra. È stato ripartito come segue: 1,4 mld $ sono stanziati per province e territori; la restante parte è a disposizione di progetti di aziende e ONG. I finanziamenti utilizzati fino ad oggi ammontano a 1,1 mld $ e sono stati investiti nei progetti più disparati: dalla produzione di biogas dagli escrementi nello zoo di Toronto, all’efficientamento energetico dell’università McGill di Montréal.

 “Siamo convinti che un ambiente pulito e un’economia forte vadano di pari passo. Il Low Carbon Economy Fund garantirà una crescita economica e sostenuta per gli anni a venire.” ha affermato Catherine McKenna, Ministro dell’Ambiente e dei Cambiamenti Climatici.

Tuttavia, continuano a esserci difficoltà per l’attuazione della carbon tax in alcune province. Per Ontario, Manitoba, Saskatchewan e New Brunswick, i cui sistemi di tassazione sono risultati insufficienti o non sono stati presentati affatto, entrerà in vigore da aprile 2019 un’imposta federale di 20$/tonCO2. Non sono mancate polemiche davanti al pugno di ferro di Ottawa da parte dei premier di tali province e dell’opposizione, che hanno approfittato della situazione per screditare il governo di Justin Trudeau.

Ad esempio, il leader conservatore Andrew Scheer ha dichiarato che:

“I canadesi sanno cosa farà Justin Trudeau. Ora che la carbon tax è qui, è destinata solo ad aumentare. E se verrà rieletto tra 10 mesi, aumenterà ancora di più.”

 

Ancora tanto da fare

Sebbene il governo Trudeau abbia fatto dei significativi passi in avanti rispetto ai suoi predecessori, l’obiettivo definito negli Accordi di Parigi è ancora lontano.

Se da un lato è stato emanato il divieto per le petroliere nei porti della British Columbia, dall’altro sono stati approvati progetti di ampliamento per alcuni oleodotti (Kinder Morgan’s Trans Mountain e Enbridge’s Line 3). Nel 2016 è stato sottoscritto l’emendamento Kigali al protocollo di Montréal (che punta ad una sostanziale diminuzione delle emissioni di HFC), ma sono anche stati rinnovati i sussidi alle fonti fossili.

Il Climate Action Tracker (un progetto scientifico che valuta le politiche per il clima, sviluppato da un consorzio di enti di ricerca) ha creato una proiezione delle emissioni del Canada nel 2030 e ha giudicato le politiche ambientali attuali altamente insufficienti. Gli obiettivi fissati dal Canada sembrano non rispondere all’urgenza di contenere l’aumento della temperatura entro i 2°C, anzi secondo una recente analisi dell’Energy Innovation e del Pembina Institute, lo scostamento tra le politiche reali e il target definito nel NDC potrebbe essere anche maggiore di quello previsto dal governo.

Nonostante l’immaginario collettivo identifichi i canadesi come i cugini ambientalisti degli americani, le loro politiche non sono all’avanguardia in senso assoluto. D’altra parte, il governo liberale ha continuato a ribadire il proprio impegno ambientale ed è stato definito il più green che il Canada abbia mai avuto. Questa linea d’azione potrebbe essere confermata o cambiata drasticamente da qui a pochi mesi: le nuove elezioni si avvicinano.

 

 

Fonti e Approfondimenti

Greenhouse gas emissions projections, Government of Canada,
https://www.canada.ca/en/environment-climate-change/services/climate-change/greenhouse-gas-emissions/projections.html

Government of Canada, Pan Canadian Framework, 2016,
https://www.canada.ca/en/services/environment/weather/climatechange/pan-canadian-framework.html

Climate Action Tracker (sito ufficiale)
https://climateactiontracker.org/countries/canada/

UNFCCC – NDC submissions (sito ufficiale)
https://www4.unfccc.int/sites/submissions/indc/Submission%20Pages/submissions.aspx

Vancouver Declaration on Clean Growth and Climate Change, 2016,
https://itk.ca/wp-content/uploads/2016/04/Vancouver_Declaration_clean_Growth_Climate_Change.pdf

SGI (sito ufficiale)
http://www.sgi-network.org/2017/Canada/Environmental_Policies

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