La crisi del 2008 ha avuto indubbiamente un impatto devastante sul mercato immobiliare statunitense e mondiale, modificando radicalmente le dinamiche e la struttura su cui si fondavano. Questi cambiamenti, sviluppatisi dal 2008 in avanti in America e in Occidente in generale, stanno avendo un profondo impatto sulle economie avanzate e sulla società americana stessa. In particolare, recenti studi evidenziano come le politiche del governo americano di incentivo all’acquisto di un’abitazione, unite alle stringenti regulations sulle nuove costruzioni, abbiano avuto l’effetto di aumentare le disuguaglianze economiche, soprattutto intergenerazionali e geografiche, in America.
La crisi del 2008 in sintesi
È noto tra gli economisti come molte crisi economiche partano dal settore immobiliare per poi diffondersi in altri ambiti. Dal 1960 al 2010, circa un quarto delle recessioni nei Paesi OECD possono infatti attribuirsi a un declino dei prezzi delle abitazioni.
Dopo l’11 Settembre e il crash della bolla dot.com del 2002, la Federal Reserve tagliò i tassi di interesse in modo consistente per rassicurare i mercati e far ripartire l’economia. Allo stesso tempo, il governo Bush aveva adottato una policy in favore di maggiori incentivi per l’acquisto di case, contando sul fatto che i cittadini in possesso di un’abitazione sarebbero stati più propensi a votare per il partito Repubblicano. Le successive deregulations e l’introduzione di nuovi prodotti di ingegneria finanziaria, come la cartolarizzazione dei mutui e il modello OTD (originate-to-distribute) che permetteva alle banche di disfarsi dei mutui dopo averli impacchettati per venderli a investitori americani e internazionali, contribuirono ad aumentare la speculazione fino al punto di non ritorno.
La competizione nel settore finanziario per produrre sempre più mutui da cedere ad altri investitori portò all’aumento di pratiche di prestito discutibili, spingendo la bolla speculativa al limite. Quando i prezzi delle case smisero di crescere e i tassi di interesse iniziarono a salire, tutto il sistema crollò con ripercussioni che influenzano le nostre economie ancora oggi. Il governo e la Federal Reserve dovettero intervenire con vari piani di nazionalizzazione e salvataggio di banche e istituzioni finanziarie e industriali.
Il dopo-Crisi
Dopo la crisi, o meglio a causa di quest’ultima, la Federal Reserve ha iniettato liquidità nell’economia per far ripartire i consumi, tagliando i tassi di interesse e implementando varie versioni del quantitative easing. Come nel post-Crisi dot.com, questa liquidità ha contribuito ad aumentare nuovamente i prezzi delle case, aumenti a cui questa volta non sono, almeno per il momento, seguiti eccessi speculativi per investimenti o una corsa alle nuove costruzioni. L’assenza apparente di speculazione non ha però evitato una salita repentina dei prezzi, specialmente nelle grandi città americane, con valutazioni ormai ben più alte rispetto al pre-2008 in diverse città come New York, Los Angeles o San Francisco (in Europa, Londra, Amsterdam e Monaco di Baviera possono essere prese come esempio parallelo).
Le ragioni di questi aumenti sono da ricercarsi nell’esplosione della popolazione che cerca casa in questi centri (anche spinta dall’immigrazione) e dalle leggi locali in vigore che limitano nuove costruzioni in quartieri a forte domanda (conosciute anche come zoning laws negli Stati Uniti). Studi hanno stimato che se le restrizioni sulle costruzioni di abitazioni in solo tre città americane (New York, San Francisco e San Josè) fossero ammorbidite, il PIL Americano potrebbe essere più alto del 4% (cioè poco meno di 800 miliardi di dollari, una cifra altissima pari a quasi metà del PIL Italiano).
Politiche governative e disuguaglianze
Politiche governative per favorire l’acquisto di un’abitazione di proprietà negli Stati Uniti sono state promosse da governi democratici e repubblicani fin dagli inizi degli anni ’50. Il risultato è un gap generazionale dove le generazioni passate hanno potuto favorire di ogni sorta di incentivo alla proprietà, soprattutto nei centri urbani dove è situata la maggior parte delle prospettive lavorative.
Questi incentivi, che nel tempo come accennato hanno anche contribuito alla crisi del 2008, oltre ad aver avuto l’effetto di favorire chi ha acquistato casa in passato, hanno aiutato chi ha aperto mutui consistenti (ad esempio tramite la deduzione del pagamento degli interessi del mutuo), aumentando quindi ulteriormente le disparità geografiche tra aree urbane e rurali e tra generazioni. Gli incentivi all’acquisto hanno infatti favorito un cosiddetto feedback positivo nel quale la disponibilità di credito e le deduzioni hanno contribuito a spingere i prezzi ancora più in alto.
Con i prezzi in costante aumento e l’avversione a nuove costruzioni in quartieri ad alta domanda da parte dei favorevoli al cosiddetto movimento not-in-my-backyard (NIMBY), molti giovani si trovano a essere costretti a rimanere in affitto o al non potersi trasferire nei luoghi con maggiori opportunità lavorative (pagando spesso prezzi esorbitanti in proporzione alla paga mensile per gli affitti). La questione dell’housing, dato il suo impatto sulle disuguaglianze intergenerazionali, è anche considerata come una delle key issues alla base delle rivendicazioni del nuovo movimento di ispirazione socialista che sta fiorendo negli Stati Uniti.
Studi del FMI hanno confermato come il debito contratto per mutui stimoli l’economia nel corto periodo per poi portare inevitabilmente a contrazioni nel medio periodo, quando i consumi sono tagliati per pagare le rate. Per questo motivo, il governo americano e molte controparti europee si trovano ora a dover intervenire in un settore importantissimo per l’economia, ora pieno di inefficienze.
Possibili soluzioni
Come accennato, operare nel settore immobiliare, soprattutto in America dove i diritti di proprietà privata sono estremamente radicati, è tutt’altro che facile per il governo centrale e/o i governi locali degli Stati. Alcuni esempi virtuosi si possono trovare in Svizzera e Singapore, dove alcuni ritengono che la costruzione e la pianificazione studiata di nuove abitazioni abbia contribuito a evitare la scia di populismo di destra e sinistra in chiave anti-elitaria che stiamo osservando in molti Stati occidentali (Stati Uniti e Gran Bretagna in primis).
A complicare la situazione in America, è possibile che il ricordo della crisi del 2008, nella quale il settore immobiliare ha giocato un ruolo di primo piano, stia ancora influenzando le dinamiche creditizie del settore bancario, più circospetto nel prestare denaro nel dopo-crisi e del settore delle costruzioni, stretto tra regolamentazioni e avversione al rischio. Per il momento, sembra che non ci siano alternative per risolvere la crisi dell’offerta immobiliare se non rilassare le zoning laws e permettere la costruzione in verticale dove prima era vietata (cioè costruire più appartamenti).
Altre nazioni europee alle prese con gli stessi problemi hanno adottato in certi casi misure ancora più drastiche. Per esempio una città del Lussemburgo, per far fronte alla scarsità di offerta di abitazioni, ha appena passato una legge che aumenta le tasse sui terreni edificabili di ben venti volte, per spronare i proprietari a convertire i lotti vuoti in alloggi. È infatti noto che i terreni edificabili possono crescere di valore ancora più velocemente che per equivalenti lotti edificati, portando a problemi di speculazione da parte dei proprietari (che li lasciano quindi vuoti apposta). Questa misura draconiana dà un’idea dell’entità delle difficoltà dei governi nel mitigare i problemi legati all’affordable housing.
Altre misure consigliate da alcuni esperti consistono nell’aumentare la frequenza della tassazione sui terreni edificabili e sugli alloggi sfitti. Queste misure, unite a una rivalutazione frequente degli immobili, dovrebbero incentivare la costruzione di nuove abitazioni o la vendita dei lotti a chi ha intenzione di costruire. Il rischio in questo caso, come molti studi in altri ambiti dell’economia hanno confermato, è che le tasse diventino eccessive limitando la dinamicità del mercato immobiliare. Risulta evidente da questo dilemma come il cosiddetto fine tuning (ottimizzazione) della politica sull’affordable housing sia estremamente complesso da implementare.
In America come negli altri Paesi affetti da questi problemi, lo Stato centrale e/o i Governi locali potrebbero limitare le deduzioni sugli interessi dei mutui (che come accennato precedentemente hanno contribuito alla salita repentina dei prezzi), così da ridurre la domanda per case di proprietà e favorendo gli affitti. Iniziative pubbliche o in partnership pubblico/privato per l’acquisto e la costruzione verticale di nuovi edifici potrebbero essere il mezzo per calmierare il mercato immobiliare.
Per esempio, la città di Arlington in Virginia, scelta recentemente da Amazon per il suo HQ2 (Quartier Generale 2), sta valutando un’emissione speciale di bonds per finanziare un massiccio investimento in affordable housing. Questo sistema, se funzionasse adeguatamente, potrebbe essere uno dei pochi esempi virtuosi dove un ambiente business friendly (le tasse sulle imprese e l’IVA sono basse in Virginia rispetto agli Stati limitrofi) attira imprese che aumentano le entrate dei governi locali, che a loro volta finanziano progetti di costruzione nell’area.
L’affordable housing è una delle principali sfide che attendono l’America, le economie sviluppate e in via di sviluppo alle prese con un’urbanizzazione rapida e crescenti migrazioni verso i centri economici principali. Il modo in cui i governi agiranno tramite politiche specifiche nell’affrontare il problema potrebbe determinare il grado di vivibilità di molti centri abitati in un futuro molto prossimo.
Fonti e approfondimenti
Jason Thomas, Thinking Beyond Cycle, 05/2019
Jenny Schuetz, How can government make housing more affordable, 15/10/2019
Sam Khater, Chief Economist, Len Kiefer, Venkataramana Yanamandra, The housing supply shortage, 27/02/2020
Len Kiefer, US home ownership rates, 10/02/2019
Mark Landler and Sheryl Gay Stolberg, Bush can share the blame for the Financial Crisis, 20/09/2008
The Economist, Home ownership is the West’s biggest economic policy mistake, 16/01/2020
The Economist, Housing is at the root of many of the rich World’s economic problems, 16/01/2020
Matthew C.Klein, The housing market is rebounding. Thank the Federal Reserve for its rate cuts, 18/09/2019
Heleed Pritchard, Maurice Frick, Diekirch ramps up tax on empty housing, 2/03/2020
Jan Strasky, Making housing more affordable in Luxembourg, 11/07/2019
AHAC, Fairfax County affordable housing advisory committee recommends bonds, 26/09/2019