Prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, Cina e Giappone erano già impegnati nel secondo conflitto Sino-Giapponese (1937-1945). Nel marzo del 1940, nella Nanchino passata alla storia per il feroce assedio del 1937 e poi conquistata, venne instaurato un governo fantoccio filo-giapponese: la Repubblica di Nanchino. Capo del nuovo governo era Wang Ching-wei , personaggio di spicco del partito nazionalista Kuomintang e stretto collaboratore del fondatore Sun Yat-sen.
Il Kuomintag e l’occupazione giapponese
Nato il 4 maggio 1883, Wang Ching-wei conseguì i suoi studi universitari in Giappone dove entrò in contatto con alcuni circoli nazionalisti cinesi. Si guadagnò la fama di eroe nazionale quando nel 1910, rientrato in Cina, tentò di assassinare il reggente della dinastia Qing per mettere fine al potere imperiale. Fallito il tentativo e incarcerato, venne liberato nel 1911 durante la rivoluzione Xinhai che portò alla caduta dell’impero e alla nascita della Repubblica Cinese l’anno successivo. Entrò poi a far parte della cerchia di Sun Yat-sen e guidò il partito Kuomintang (KMT) nel 1925 dopo la morte del fondatore.
In quello stesso anno, le forze armate nazionaliste intrapresero la celebre Spedizione a Nord per liquidare i signori della guerra che si contendevano la Cina. In seguito al successo, il loro generale Chiang Kai-shek ottenne l’appoggio dell’ala destra di partito con cui stabilì un governo autonomo a Nanchino. Con un accordo stipulato nel 1932, Wang tornò tuttavia a essere leader del KMT e Chiang Kai-shek generale dell’esercito.
L’occupazione giapponese della Cina era già iniziata nel 1931, con l’espansione in Manciuria e la creazione dello Stato fantoccio di Manchukuo un anno più tardi. Dal 1933 Wang, che guidava il governo del KMT a Nanchino, ricoprì anche il ruolo di ministro degli Esteri. Si trovò perciò spesso a trattare con i diplomatici giapponesi e queste attività lo avvicinarono, nell’immaginario comune, al nemico usurpatore. In un ruolo politico sempre più difficile da mantenere, il culmine venne raggiunto nel 1935. Wang rimase gravemente ferito in un attentato e dovette rinunciare alla sua posizione per ricevere cure mediche all’estero.
Il generale Chiang Kai-shek, deciso a contrastare la crescete minaccia comunista, aveva preferito non intervenire contro l’avanzata giapponese, che aveva portato all’occupazione della Mongolia interna e all’instaurazione dello Stato fantoccio di Mengjiang nel 1936. Lo stesso anno, il generale venne costretto dai suoi collaboratori a fronteggiare l’esercito nipponico insieme al Partito comunista cinese (PCC) di Mao Zedong. Quando il conflitto Sino-Giapponese scoppiò ufficialmente nel 1937, Chiang Kai-shek acquisì pieni poteri approfittando della mancanza di Wang Ching-wei.
La nuova repubblica
Albori del conflitto
Nel dicembre del 1937, il governo nazionalista evacuava Nanchino a causa dell’avanzata giapponese. La nuova sede venne spostata prima a Hankow poi a Chongqing. Grazie alla sua superiorità militare, il Giappone conquistò nell’arco di due anni la quasi totalità dei porti e la maggior parte delle reti ferroviarie e occupò le principali città: Nanchino, Shangai, Tianjin, Guangzhou, Hankow, Hanyang e Wuchang. La strategia giapponese si delineò nell’istituzione di vari Stati fantoccio nei territori occupati. Nel 1937 nasceva nel Nord il governo provvisorio della Repubblica di Cina, mentre un anno più tardi, nelle regioni centrali, il governo riformato della Repubblica di Cina.
Scoraggiato dalla scarsa fiducia che nutriva nelle possibilità di vittoria cinesi, Wang si era nel frattempo recato ad Hanoi dove rilasciò una dichiarazione pubblica in cui invitava il governo di Chongqing a trovare un punto di incontro con le forze nipponiche. Respinta la proposta, Wang preferì seguire da lontano e aspettare quella che credeva l’inevitabile disfatta cinese, insieme al conseguente discredito nei confronti di Chiang Kai-shek. Nonostante i successi iniziali, il conflitto si prolungò oltre il previsto a causa della guerriglia praticata dalle truppe cinesi. In questo clima di tensione, l’ex leader del KMT decise di cooperare con le forze giapponesi per la creazione di un nuovo soggetto politico.
Nascita e ruolo
Il 30 Marzo del 1940, nasceva a Nanchino il governo Nazionale riorganizzato della Repubblica di Cina (conosciuto come Repubblica di Nanchino) con a capo Wang Ching-wei. Il nuovo soggetto nacque proclamandosi come il legittimo governo nazionalista cinese. In segno di sfida, Nanchino adottò simboli e terminologie analoghe al governo di Chiang Kai-shek: la bandiera era quella del KMT, il partito era chiamato Kuomintang e i principi su cui si basava erano i 3 principi del popolo (nazionalismo, democrazia e benessere del popolo), adottati anche a Chongqing. Subito il governo di Wang invitò pubblicamente tutti i cittadini cinesi e rappresentanti del governo di Chongqing a ricongiungersi al centro legittimo.
Fedele alla matrice giapponese, la neonata repubblica di Nanchino adottò anche l’ideologia del pan-asianesimo in chiave anti occidentale, attraente per molti cinesi. Questa consisteva nella concezione di un’unica comunità asiatica, intesa come la somma di tutte le etnie asiatiche del continente unite contro l’usurpatore occidentale. Altri due pilastri dell’orientamento politico del governo erano l’anti-comunismo (per cui firmò il patto Anti-Comintern nel 1941) e l’opposizione al governo di Chiang Kai-shek.
Il motivo principale per cui il Giappone aveva sostenuto Wang era infatti quello di attrarre Chiang Kai-shek al trattato di pace e all’accettazione dell’occupazione giapponese. Su questa base Tokyo garantì il riconoscimento diplomatico a Nanchino solo otto mesi dopo la sua nascita, quando ormai ogni tentativo di pace era fallito, con il trattato del 30 novembre 1940. Con esso, il neo-Stato dovette riconoscere l’indipendenza della Manciuria, limitando il proprio controllo sul territorio. Questo era composto dai precedenti Stati fantoccio delle regioni centrali e del Nord, e solo nominalmente dallo Stato mongolo del Mengjiang. Il Giappone mantenne un forte controllo militare ed economico sull’area, garantendo a Nanchino la responsabilità sui propri affari interni.

In rosso l’area controllata dalla Repubblica di Nanchino – Fonte: Wikimedia
Evoluzione strategica
Quando nel 1941 scoppiò la Guerra del Pacifico, il Giappone si trovò a dover impiegare ancora più risorse. Nel corso del conflitto, la strategia tenuta nei confronti della Cina mutò gradualmente. In questo contesto, il regime di Nanchino fu di vitale importanza perché garantiva il mantenimento dell’occupazione giapponese in territori ricchi di risorse come carbone e minerali ferrosi a cui attingere. Successivamente, il governo giapponese rinunciò a concessioni e diritti sul territorio e conferì al governo di Wang il controllo amministrativo dell’area di Shanghai.
Il nuovo piano dell’impero giapponese era ora diventato quello di riconoscere al governo di Nanchino lo status di un alleato alla pari. In seguito a un trattato stipulato il 30 ottobre 1943 il governo di Wang assunse quindi la postura di alleato autonomo pronto a combattere insieme al Giappone per una nuova Asia unita. Con questo riconoscimento, che annullò così il precedente trattato del 1940, si concedevano più poteri decisionali per cercare di provocare un effetto all’interno del governo nazionalista di Chongqing. Il Giappone voleva legittimare ulteriormente agli occhi di Chiang Kai-shek il governo di Nanchino, anch’esso di stampo nazionalista, per suggerirgli un alleato contro la crescente minaccia del PCC che stava guadagnando i consensi della popolazione rurale. L’idea di un’ operazione congiunta Chongqing-Nanchino guadagnò presto consensi nel KMT di Chiang Kai-shek. Questi vedevano in Mao Zedong e nel comunismo un pericolo più grande nel lungo periodo, poiché il Giappone stava raccogliendo pesanti sconfitte nella Guerra del Pacifico.
Disfatta giapponese
Wang morì a Nagoya il 10 gennaio del 1944 e con lui ogni prospettiva di pace con Chiang Kai-shek. Le redini del governo passarono al generale Chen Gongbo che aveva però poca influenza sul regime. Con la morte di Wang la Repubblica di Nanchino perse quel poco di legittimità e autorevolezza che aveva guadagnato. Il 9 settembre 1945, in seguito alla resa giapponese, l’area passò alle forze armate del KMT di Chongqing.
Tutti i collaborazionisti non passati dalla parte di Chongqing dopo la presa dell’area, vennero portati a processo come traditori. Tra questi c’era chi sosteneva l’aspetto patriottico del governo di Nanchino nel cercare la collaborazione col nemico per preservare i cittadini delle aree occupate. Negli anni dal 1940 al 1945, il governo di Wang Ching-wei garantì una forma di tutela dal nemico che era stato capace del massacro di Nanchino, in cui si stima persero la vita 300 mila persone senza contare gli innumerevoli stupri perpetrati dai soldati giapponesi.
In uno scacchiere cinese composto da due fazioni, quella nazionalista di Chiang Kai-sek e quella comunista di Mao Zedong, che adottarono la tattica della resistenza al nemico, il governo di Nanchino può essere considerato come la terza via che scelse la strategia della collaborazione. Qualunque fossero i veri intenti di Wang e dei suoi sostenitori, questo governo rappresentò un’esplicita minaccia a quello nazionalista di Chongqing e al PCC. Per questa sua posizione Wang perse gradualmente l’alone di eroicità conquistato agli inizi della sua carriera. In Cina Wang è stato additato come traditore del popolo sia dal KMT che dal PCC, la sua tomba distrutta secondo gli ordini di Chiang Kai-shek nel 1946 e il suo cadavere bruciato. Da patriota modello a traditore della Patria, la figura di Wang Ching-wei è ancora oggi oggetto di speculazioni per il suo schieramento dalla parte del Giappone.
Fonti e approfondimenti:
Boorman, H. (1964). Wang Ching-Wei: China’s Romantic Radical. Political Science Quarterly, 79(4), 504-525.
De Matos C., Caprio M. (2015). Japan as the Occupier and the Occupied, Springer.
The Editors of Encyclopaedia Britannica. Second Sino-Japanese War
1937–1945. ENCYCLOPÆDIA BRITANNICA.
University of Nottingham (2020). Signing of Japan-Manchukuo-China Joint Declaration.
Grafica: Marta Bellavia – Instagram: illustrazioninutili_
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