La campagna di Francia del 1940 rappresenta sicuramente uno degli eventi più straordinari della Seconda guerra mondiale, se non dell’intera storia militare. Le operazioni belliche che in quell’anno videro la Germania nazista sbaragliare in poco più di un mese le forze alleate sul fronte occidentale influenzano ancora oggi le tattiche adottate nei teatri di guerra contemporanei.
La vittoria tedesca sulla Francia mise in evidenza l’efficacia della dottrina bellica della Blitzkrieg (guerra lampo), ossia quella tattica militare finalizzata a provocare uno shock psicologico nelle forze avversarie e la loro conseguente disorganizzazione e disgregazione, facendo leva su quattro elementi principali: rapidità, sorpresa, superiorità di mezzi e potenza di fuoco.
Il successo tedesco, inoltre, confermò il ruolo cruciale giocato dal carro armato, un’arma che costituiva ancora una novità per l’epoca, e il cui potenziale non era compreso a pieno da tutti i Paesi belligeranti. Con la campagna di Francia, la guerra corazzata si era ormai imposta come elemento cardine di tutte le future operazioni belliche del conflitto.
Rapporti di forza
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale il 1° settembre del 1939, la Francia era ancora estremamente fiduciosa nelle proprie capacità belliche. I francesi erano, in effetti, superiori alla Germania nazista sotto diversi aspetti. Nonostante l’incremento della spesa militare tedesca negli anni precedenti al conflitto, Parigi disponeva ancora di un numero superiore di pezzi d’artiglieria e soldati mobilitabili, mentre l’aviazione francese eguagliava per effettivi la Luftwaffe.
Anche in termini di mezzi corazzati la Francia appariva di gran lunga in vantaggio con ben 3.254 carri armati dispiegati sul suo fronte nord-orientale, contro i 2.439 dei tedeschi. In aggiunta, il carro armato medio francese, il Somua S35 e il pesante Char B1 erano considerati superiori alle loro controparti tedesche, ossia il Panzer III e il Panzer IV.
A incrementare ulteriormente la confidenza francese, vi erano anche i contingenti messi in campo dalla Gran Bretagna, con una British Expeditionary Force (BEF) forte di 14 divisioni schierate sul confine con il Belgio.
Non da sottovalutare erano, inoltre, gli uomini dispiegabili da Olanda e Belgio. Di fatto, i due Paesi del Benelux, sebbene in quel momento neutrali, di fronte a un’ eventuale aggressione tedesca, si sarebbero uniti allo sforzo bellico dalla parte degli Alleati. L’esercito olandese ammontava a circa 400.000 uomini mentre quello belga a 650.000. In totale, nella primavera del 1940, le forze alleate sul fronte occidentale raggiungevano le 151 divisioni contro le sole 134 schierate dai tedeschi.
Le illusioni francesi
In seguito al primo conflitto mondiale, la Francia aveva abbandonato la sua dottrina militare tradizionale basata sull’offensiva a favore di una strategia di natura difensiva. In tale ottica, un ruolo cruciale era giocato dalla Linea Maginot, costruita tra il 1930 e il 1937, la quale proteggeva il confine francese con la Germania, dispiegandosi da Basilea, in Svizzera, sino alla frontiera tra Francia e Lussemburgo. Il mastodontico sistema di fortificazioni lasciava invece sguarnito il confine con il neutrale Belgio.
I francesi si aspettavano quindi che i piani della Germania avrebbero ricalcato quelli del precedente conflitto. Ancora una volta, i tedeschi sarebbero passati per il Belgio (esattamente come già fatto dal generale Von Moltke nel 1914), concentrando la maggior parte delle proprie divisioni in tale settore nel tentativo di sfondare il fronte e neutralizzare le forze francesi con una manovra a tenaglia da nord verso sud. I tedeschi non avrebbero mai, invece, osato sferrare un attacco centrale sul confine franco-tedesco, poiché protetto dalla Linea Maginot.
Di conseguenza, lo Stato maggiore francese considerava una priorità schierare la gran parte dei propri effettivi a protezione del confine belga. Nonostante tale scelta, solo un numero ridotto di forze veniva posizionato a protezione del settore delle Ardenne sulla parte meridionale del confine col Belgio, in quanto si giudicava non oltrepassabile tale regione a causa delle sue dense foreste e del suo territorio brullo.
Inoltre, nel 1936, sia il Belgio, che l’Olanda si erano dichiarati neutrali, impedendo quindi alle forze alleate di costituire posizioni difensive sui territori dei due Paesi.
I Piani tedeschi
L’attacco tedesco contro la Francia era pianificato inizialmente per il 12 novembre. Tuttavia, le avverse condizioni meteorologiche per quel mese e nel conseguente periodo invernale convinsero Hitler a rimandare la propria campagna sul fronte occidentale. Di fatto, si temeva che il cattivo tempo non avrebbe consentito alla Luftwaffe di supportare l’invasione di terra, mentre la Wermacht non sarebbe riuscita a procedere con la velocità prevista.
I piani della Germania, in origine, non differivano molto da quanto francesi e britannici si aspettavano. I tedeschi avevano di fatto schierato tre gruppi d’armate sul fronte occidentale: l Gruppo d’armate B rivolto verso nord e pronto a invadere Belgio e Olanda; il Gruppo d’armate A, posizionato al centro di fronte alle Ardenne; infine, il Gruppo C, dislocato a sud lungo la Linea Maginot. In tale contesto, l’attacco principale sarebbe stato attuato dal Gruppo B, il quale avrebbe occupato repentinamente Olanda e Belgio, per poi sfondare il fronte nemico, esattamente come previsto dagli Alleati.
Fu tuttavia il tenente generale Heinz Guderian, esperto di guerra corazzata, a convincere il proprio superiore, il capo di Stato maggiore del Gruppo d’armate A, Erich von Manstein, che i suoi panzer sarebbero riusciti a oltrepassare le Ardenne senza troppi problemi. Convinto da Guderian, von Manstein propose tale idea a Hitler, il quale accettò entusiasta di modificare i piani iniziali. L’attacco principale sarebbe dunque stato effettuato dal Gruppo d’armate A attraverso le Ardenne.
In aggiunta, il Fürer decise comunque di impiegare il Gruppo B per sferrare un attacco poderoso a nord, al fine di continuare a far credere ai francesi e ai britannici che il grosso della Wermacht sarebbe giunto attraverso Olanda e Belgio. Tale diversivo avrebbe lascito il settore delle Ardenne sguarnito e consentito al Gruppo A, una volta sfondato il fronte, di effettuare una manovra a tenaglia verso nord, intrappolando così la gran parte delle forze alleate in una sacca.
Le operazioni militari
Come da copione, il 10 maggio 1940 il Gruppo d’Armate B dava il via all’invasione dei Paesi Bassi e del Belgio; mentre il Gruppo A, comandato dal generale Gerd von Rundstedt, si apprestava ad attraversare repentinamente le Ardenne. L’esercito olandese venne sbaragliato facilmente dalla Wermacht, nettamente superiore per uomini e mezzi, mentre la Luftwaffe bombardava violentemente la città di Rotterdam. Il 15 di maggio, l’Olanda si arrendeva alla Germania.
Il Belgio inizialmente tentò di resistere, ma le forze del suo piccolo esercito furono presto costrette ad arretrare e ad attestarsi lungo il fiume Dyle, nel tentativo di costituire una linea difensiva insieme alle forze alleate, le quali, con l’inizio delle ostilità, erano avanzate in territorio belga.
Nel frattempo, il 12 maggio, ossia a soli due giorni dall’inizio delle operazioni militari, il generale Guderian, a capo di 3 divisioni corazzate del Gruppo A, completava l’attraversamento delle Ardenne (ben in anticipo rispetto alle aspettative del comando tedesco) e si apprestava a occupare la città francese di Sedan. Colti alla sprovvista, i francesi non ebbero altra scelta se non quella di ritirarsi oltre la Mosa.
Il giorno seguente, poco più a nord, anche le restanti divisioni corazzate del Gruppo d’armate A attraversavano il fiume, mentre il grosso delle forze alleate era distratto dall’imponente avanzata tedesca attraverso Olanda e Belgio. Gli Alleati erano stati colti completamente alla sprovvista; la micidiale manovra a tenaglia messa a punto dalla Wermacht poteva ora iniziare a chiudersi verso nord.
Tale era lo shock subito dalle forze alleate che il Primo ministro britannico, Winston Churchill, si recò in Francia il 16 maggio per verificare lo stato della situazione. Un senso di disfatta totale pervadeva ormai il governo francese; ai britannici non restava che ritirare le proprie forze dal continente, al fine di poter continuare lo sforzo bellico.
Nel frattempo, il governo francese destituiva il generale Maurice Gamlin, fino ad allora comandante in capo delle forze Francesi, e richiamava in servizio il generale Maxime Weygand, carismatico veterano della Prima guerra mondiale.
Weygand si mise subito all’opera nel tentativo di arginare l’avanzata tedesca ordinando una controffensiva sul fiume Yser in collaborazione con le truppe del Belgio. Nonostante tale tentativo, la Wermacht era ormai incontenibile e il 24 maggio iniziò la ritirata generale.
Il miracolo di Dunkerque
Con lo sfondamento del fronte a nord attuato del Gruppo d’armate B e la manovra di accerchiamento compiuta dal Gruppo A una volta attraversata la Mosa, le forze alleate si trovavano ormai circondate. La British Expeditionary Force e le diverse divisioni francesi, si asserragliarono nella cittadina costiera di Dunkerque, al confine tra Francia e Belgio, nella speranza di essere evacuate al più presto dalla marina britannica.
Inaspettatamente, il 24 maggio, Hitler diede l’ordine di arrestare momentaneamente l’avanzata, concedendo quindi tempo preziosissimo agli Alleati.
Molti storici si sono interrogati sulle motivazioni di questo rallentamento dell’offensiva tedesca. Una delle ipotesi vedrebbe un Hitler timoroso di continuare l’avanzata senza prima riorganizzare le proprie forze e consolidare le linee di comunicazione e rifornimento. In effetti, dopo l’avanzata repentina, erano molti i carri armati tedeschi che avevano bisogno di riparazioni; Hitler, probabilmente, non voleva rischiare di attaccare una formazione nemica, comunque molto consistente, senza prima aver ripristinato al 100% l’efficienza delle proprie forze. Un’altra ipotesi interpreta invece tale decisione come un gesto di apertura verso Londra, nel tentativo di ottenere un armistizio con i britannici. In questo modo, Hitler avrebbe potuto rivolgere tutte le proprie forze verso est, senza doversi preoccupare di una riapertura del fronte a occidente.
Quale che fosse la ragione di tale rallentamento, la scelta di Hitler consentì ai britannici di far ritornare in patria le proprie forze dispiegate sul continente. Tra il 26 maggio e il 4 giugno, ben 320.000 militari britannici, ma anche diverse migliaia di soldati francesi, vennero evacuati dalla città di Dunkerque e trasportati in Inghilterra attraverso il canale della Manica. Per compiere tale manovra di sganciamento (complicatissima dal punto di vista logistico) il governo di Londra diede l’ordine di mobilitare ogni imbarcazione disponibile, sia militare che civile; date le circostanze, il successo dell’operazione sembrò un vero miracolo.
La resa francese
Con la BEF fuori dai giochi, l’andamento delle operazioni militari, già fino ad allora nettamente a favore dei tedeschi, non ebbe che una direzione sola.
Il 5 giugno, la Wermacht dava inizio a una nuova offensiva sulla Somme, mentre, il 10 giugno, esattamente un mese dopo l’inizio della campagna militare, anche l’Italia dichiarava guerra alla Francia e si univa allo sforzo bellico dalla parte della Germania; un atto che venne definito dal Presidente degli Stati Uniti, Frankiln Delano Roosevelt, ‘a stab in the back’, una pugnalata alla schiena.
Sbaragliate le ultime linee difensive, i tedeschi avanzarono rapidamente verso Parigi, occupando la capitale il 14 giugno. Il governo francese, ormai ritiratosi a Bordeaux e persa oramai ogni speranza di resistere, si apprestava ad arrendersi alla Germania.
Il 21 giugno, la delegazione francese incontrò Hitler e i suoi generali nella foresta di Compiegne, nello stesso vagone ferroviario dove, nel 1918, i tedeschi si erano arresi alle potenze Alleate. Il 22 giugno, l’armistizio venne firmato dal governo di Bordeaux: la Francia era stata sconfitta.
La campagna di Francia segna una tappa fondamentale per la storia militare. Se il carro armato era già apparso sui campi di battaglia negli ultimi anni della Grande Guerra, l’invasione tedesca della Francia del 1940 aveva dato prova di quanto i mezzi corazzati costituissero ormai un elemento fondamentale per la vittoria. La superiorità della Germania rispetto agli alleati era dovuta non tanto all’entità delle forze messe in campo, ma ai metodi innovativi con cui esse vennero utilizzate.
Gli Alleati disponevano di un numero superiore di carri armati, ma essi venivano ancora concepiti principalmente come unità di supporto per la fanteria. D’altro canto, i tedeschi avevano organizzato i propri panzer in divisioni corazzate, trasformando tali formazioni nella spina dorsale della Wermacht. Fondamentale era stato anche il ruolo giocato dalla Luftwaffe, la quale fornì supporto aereo nel corso delle operazioni terrestri. Ciò che si era già iniziato a vedere durante l’invasione della Polonia del 1939 veniva consacrato con la campagna di Francia: era nata la Blitzkrieg.
Fonti e approfondimenti:
Ennio Di Nolfo, Storia delle Relazioni Internazionali, dal 1918 ai Giorni Nostri, Editori La Terza, Roma, 2009. p. 341-356
John T. Correll, The Fall of France, Air Force Magazine, 27 Novembre 2018
Raymond Limbach, Blitzkrieg, Encyclopaedia Britannica, accesso effettuato il 10 luglio 2020
Video documentari:
Greatest Events of WWII in Colour, Episodio 1 – Blitzkrieg, Netflix
World war II in Colour, Episodio 2 – Lightning War, Netflix
Grafica: Marta Bellavia – Instagram: illustrazioninutili_
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