Ottanta anni fa, nel luglio del 1940, Franklin Delano Roosevelt (FDR) veniva nominato come candidato presidenziale dei democratici per la terza volta, dopo aver servito il Paese come 32° presidente degli Stati Uniti d’America per due mandati. Quel giorno di mezza estate, a Chicago, alla convention del Partito Democratico si stava scrivendo la storia. Mai prima di allora (e mai più sarebbe successo) un presidente USA uscente aveva osato infrangere la regola non scritta di ricandidarsi dopo la fine del suo secondo mandato. Ma chi era e per cosa è ricordato il presidente più longevo della storia statunitense?
Primo e secondo mandato di FDR: il New Deal
Nato il 30 gennaio 1882 a New York da una potente famiglia di origine olandese, FDR fu assistente segretario della U.S. Navy, senatore e governatore dello Stato di New York prima di sconfiggere Herbert Hoover per essere eletto presidente nel 1932.
Durante il suo primo mandato, Roosevelt promulgò il suo programma di riforme sociali ed economiche denominato New Deal, che mirava a far uscire gli USA dalla Grande Depressione. Già pochi anni dopo il suo insediamento nel marzo 1933, le condizioni economico-sociali della popolazione statunitense erano migliorate nettamente.

Le riforme del New Deal migliorarono notevolmente la situazione economica negli States distrutti dalla Grande Depressione, senza pesare eccessivamente sul bilancio pubblico (soprattutto se paragonate agli enormi costi di finanziamento della Seconda guerra mondiale).
Grazie ai risultati ottenuti dalle politiche socio-economiche progressiste del New Deal, FDR dominò le elezioni presidenziali del 1936 sconfiggendo il governatore repubblicano del Kansas Alf Landon con il quarto più grande margine di voto di sempre, vincendo in 46 stati su 48.
Nel quadriennio successivo, FDR poté continuare a implementare le riforme sociali che tanto lo avevano reso popolare nel primo mandato.
Terzo mandato: Seconda guerra mondiale
Naturalmente, FDR non aveva solo sostenitori, ma anche tanti oppositori, che crebbero quando egli decise di ripresentarsi come candidato presidenziale democratico quel giorno a Chicago. La scelta di ricandidarsi fu attaccata non solo dai repubblicani, ma anche da numerose figure di spicco del Partito Democratico, tra i quali il suo storico vice John Nance Garner, che decise di abbandonare la sua campagna elettorale. Nonostante la sua popolarità, un terzo degli statunitensi, in particolare gli uomini d’affari più benestanti, votarono contro di lui. Il loro timore era che FDR stesse portando gli Stati Uniti sulla strada di un socialismo tirannico sul modello sovietico.
Infatti, fin dai tempi del primo presidente George Washington, che rinunciò a correre per il terzo mandato nel 1796, nessun successore è rimasto in carica per più di due mandati presidenziali. La decisione volontaria di Washington di rifiutare un terzo mandato è stata vista da molti anche come una salvaguardia contro l’instaurazione di un potere tirannico, come quello della Corona britannica durante l’era coloniale. Solo Ulysses S. Grant e Theodore Roosevelt (lontano parente di FDR) avevano tentato di ottenere un terzo mandato, non riuscendoci. Tuttavia, FDR sosteneva che fosse suo dovere continuare a condurre il Paese attraverso la crisi crescente in Europa, dove la Germania nazista di Hitler era in ascesa. Ad accentuare l’eccezionalità di quel giorno estivo di ottanta anni fa, alla convention democratica di Chicago, risuona ancora la frase “this is no ordinary time”, con la quale la first lady Eleanor Roosevelt esortava i delegati a sostenere la terza candidatura del marito.
Sostenendo con forza la tesi del bisogno di stabilità in un’epoca offuscata dall’incertezza, FDR uscì vincitore da quella convention. Fu proprio lo slogan di tenere gli USA fuori dalla guerra in Europa che gli fece sconfiggere lo sfidante repubblicano, l’avvocato e dirigente Wendell Willkie.
FDR godeva ancora dell’appoggio di buona parte della popolazione che apprezzava le grandi misure di politica interna e guardava con diffidenza alla prospettiva di una nuova guerra oltreoceano. In un sondaggio del 1937, il 94% degli statunitensi si diceva contrario agli interventi della politica statunitense in guerre estere.
In realtà, gli Stati Uniti avevano cominciato a prepararsi alla guerra fin dall’invasione nazista della Polonia nel settembre 1939, ma il loro supporto si era limitato ai servizi di logistica e alla produzione di prodotti bellici per gli alleati. Le posizioni non-interventiste furono però ribaltate quando i caccia giapponesi alleati dei nazisti, bombardarono la base militare hawaiana di Pearl Harbor. Nell’attacco perirono più di duemilaquattrocento militari statunitensi. Da quel giorno, il terzo mandato di FDR fu dominato dal coinvolgimento degli States nella Seconda guerra mondiale.
Il quarto mandato e il 22° Emendamento
All’epoca molti repubblicani e democratici erano d’accordo sulla necessità di porre un limite temporale ai mandati presidenziali per evitare derive antidemocratiche. In un discorso elettorale, lo sfidante repubblicano di Roosevelt, il governatore di New York Thomas Dewey affermò che “quattro termini o 16 anni è la più pericolosa minaccia alla nostra libertà mai proposta”. Ma contro le più ottimistiche previsioni di buona parte dei parlamentari e di Dewey, nel 1944, con la guerra ancora in corso, Roosevelt sconfisse il suo avversario con il 54% del voto popolare e si aggiudicò altri quattro anni alla Casa Bianca. Il quarto mandato di FDR tuttavia non durò a lungo; il 12 aprile 1945, dopo solo undici settimane dal suo insediamento, morì all’età di 63 anni.
Dopo la sua scomparsa, i legislatori statunitensi hanno deciso di fare un passo indietro, sostenendo che i limiti di termine erano necessari per tenere sotto controllo l’abuso di potere. Nel 1947 il Congresso a maggioranza repubblicana approvò infatti il 22° Emendamento della Costituzione, che limita le condizioni di eleggibilità del POTUS e fu ratificato dalla maggioranza richiesta degli Stati nel 1951. Da allora, nonostante i tentativi intrapresi nel corso del tempo da alcuni parlamentari, il 22° Emendamento non è mai stato abrogato.
Eredità politica
Nonostante le numerose critiche, anche postume, contro il terzo (e quarto) mandato e alcune sue posizioni, FDR resta uno dei protagonisti principali del Novecento, capace come pochi altri di influenzare la politica mondiale. Nei suoi dodici anni, un mese e otto giorni di servizio come presidente USA, egli ha guidato il Paese attraverso momenti tragici della storia, come la Grande Depressione e la Seconda guerra mondiale. Non a caso, egli viene tutt’oggi ricordato come uno dei presidenti più amati di sempre insieme a George Washington e Abraham Lincoln.
Fonti e approfondimenti:
History Editors, “FDR nominated for unprecedented third term“, A&E Television Networks, 28/07/2019.
Wiegand, Steve. Die Geschichte der USA für Dummies. John Wiley & Sons, 2010, pp. 268 ss.
Grafica: Marta Bellavia – Instagram: illustrazioninutili_