Esiste una pianta che viene utilizzata da millenni come medicinale. Con le sue fibre sono state tessute le vele e le cime delle caravelle che hanno portato Colombo in America. Gli stessi fogli utilizzati per la Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti derivano dalla stessa, onnipresente, pianta. L’antica medicina, la scoperta dell’America e la dichiarazione d’indipendenza degli States hanno un comune denominatore: la cannabis!
Mille usi, un misuso
In ambito economico, la cannabis può essere considerato un prodotto cash cow. La sua produzione multifunzionale potrebbe garantire flussi di cassa costanti e positivi, per i produttori privati, ma soprattutto per le casse statali. L’uso ricreativo del prodotto è solo un aspetto marginale delle sue proprietà, nonostante ad oggi rappresenti il mercato principale. La cannabis è diffusa in molti Paesi come medicinale, può essere usata nel tessile, nell’edilizia, come bioplastica e carburante e come sostituto ecologico della carta.
Conviene essere “al verde”?
Nonostante alcuni Stati permettano la coltivazione della cannabis, molti altri pongono limiti, controlli e barriere che non ne permettono uno sviluppo fluente nel mercato. Inoltre, vi è un’enorme mancanza di armonizzazione tra i quadri giuridici dei Paesi e ciò crea confusione. Oggi coltivare la cannabis, anche non a scopo ricreativo, impone rischi non trascurabili.
Ottemperando al principio dell’analisi dei costi-benefici per valutare il prodotto cannabis, bisognerebbe stimarne il valore nel suo insieme e non focalizzandosi su qualche sostanza psicoattiva. Purtroppo il dibattito sulla liberalizzazione della cannabis ha assunto toni da stadio. Un’analisi super partes del valore economico della decriminalizzazione della cannabis è più che mai opportuna. A tal proposito, si osservano quattro categorie che emergono dalle discussioni sulla legalizzazione.
Risparmi
Un’eventuale legalizzazione snellirebbe i costi della giustizia. Basta considerare i costi dell’attività persecutoria attualmente in vigore, che comprendono quelli processuali, giudiziari, correzionali e di ordine pubblico. Nel contesto italiano, questi costi oscillano tra i 500 e i 750 milioni di euro all’anno. La popolazione carceraria è costituita al 35,2% da persone che hanno commesso reati legati agli stupefacenti (+53% negli ultimi quindici anni) e circa la metà di essi sono relativi a sostanze cannabinoidi. Le entrate derivanti da multe e confische di beni andrebbero sottratte al calcolo dei benefici, ma sono solo una parte residuale rispetto alle spese persecutorie.
I guadagni non si limiterebbero al settore giudiziario, ma anche a quello sanitario. Infatti, il prodotto illegale è spesso adulterato con sostanze nocive, per abbassare i costi di produzione, che possono recare danni ai consumatori. Inoltre, l’aumento di produzione ridurrebbe i costi dei farmaci. Nel caso del Sativex, ad esempio, utilizzato dai malati di SLA, e per questo legale in tutta l’UE, tre settimane di prodotto possono costare anche 650 euro.
Entrate fiscali
Le proiezioni delle entrate fiscali sono di per sé intrinsecamente incerte, perché si basano su ipotesi relative all’impatto sconosciuto dell’offerta del mercato nero sulla domanda dei consumatori nei mercati reali. Inoltre, bisogna tenere a mente vari fattori che potrebbero influenzare positivamente o negativamente l’indotto fiscale. Anzitutto, bisogna considerare che tipo di legalizzazione potrebbe essere varata. Con una legalizzazione light, in cui la produzione e la vendita del prodotto sarebbe autorizzata dal monopolio di Stato, come per le sigarette, l’introito potrebbe essere considerevole. Mentre con una legalizzazione totale, con privati che possono coltivare, vendere e pubblicizzare autonomamente il prodotto, il gettito fiscale potrebbe crescere esponenzialmente. In tal caso, aumenterebbero gli introiti con tasse sulla coltivazione e sulla distribuzione di licenze, inoltre si creerebbero innumerevoli attività commerciali.
Ragionando in termini macroeconomici non ha molto senso stimare un preciso introito fiscale. Prima di tutto, esso implica una certezza assoluta del posizionamento del prodotto legale nel mercato. Ad esempio, non è sicuro che il prodotto legale venda più di quello illegale. Inoltre sorgerebbero problematiche rispetto al prezzo di vendita, visto che la criminalità organizzata tenderebbe ad abbassarlo per tornare ad essere leader di mercato. Per le mafie, non sottoposte a vincoli di qualità e tutele lavorative, produrre costerà sempre meno che allo Stato o al privato.
Infine, occorre che gli Stati si dotino di un quadro normativo ben preciso. Devono essere scongiurati casi di conflitti di interesse, come accaduto in Oregon, dove la cannabis a scopo medico veniva venduta privatamente al prezzo di costo, mentre il piano di legalizzazione per quella a scopo ricreativo prevedeva un costo di vendita controllato, causando distorsioni nel mercato. Altri fattori da considerare, seppur meno rilevanti, sono le possibili minori entrate fiscali dei beni succedanei, usati come sostituti, come gli alcolici e l’evasione fiscale nel caso di vendita al dettaglio tra privati.
Indotto occupazionale
Oggi il mercato di sostanze cannabinoidi è praticamente un monopolio delle mafie. Le industrie che producono cannabis a scopo industriale e farmaceutico sono solo una piccola parte. In questo senso, la liberalizzazione della cannabis potrebbe essere una buona opportunità. Occorrerebbero campi, fattorie, fabbriche, industrie, farmacie, negozi, centri commerciali per venderne i derivati. Basti pensare al Canada, che ha legalizzato la cannabis per tutti gli scopi e ha incrementato l’occupazione nel settore del 350% in un anno. Stesso discorso negli Stati Uniti, che contano 250mila posti di lavoro nel settore, nonostante la cannabis sia totalmente legale in undici Stati.
Nuovi costi
È irrealistico pensare che la legalizzazione non comporterebbe dei costi diretti in termini di assistenza sanitaria, servizi sociali e giustizia penale. L’entità e il costo dell’aumento del consumo possono essere previsti solo stimando la domanda e l’offerta. È economicamente sensato affermare che la legalizzazione aumenterà il consumo del prodotto a scopo ricreativo. Alla depenalizzazione dell’offerta di un prodotto finora illegale corrisponde un abbassamento dei costi indiretti della produzione (possibilità di multe/arresto, violenza dei concorrenti sul mercato, etc.), che causa un abbassamento del prezzo del prodotto e, di conseguenza, una domanda maggiore. Il prezzo si abbasserebbe ancora di più qualora non venisse fissato dalle autorità pubbliche, perché eliminerebbe i costi illegali e svilupperebbe una forte concorrenza tra i produttori. Anche sul lato della domanda, i costi non monetari a carico del consumatore nel comprare illegalmente, favorendo la criminalità organizzata, sarebbero ridotti, stimolando l’aumento di consumo.
Discussione: legalizzazione, depenalizzazione, monopolio di Stato
La legalizzazione della cannabis altera la domanda e l’offerta, per questo è imprescindibile pensare a delle riforme mirate quando si parla di legalizzazione. Un modo potrebbe essere quello di influenzare direttamente il mercato per scoraggiare il consumo. Per fare ciò, le autorità pubbliche potrebbero pensare a tasse o a una limitazione di rivenditori autorizzati. Un altro metodo per spostare in alto la domanda del consumo (e alzare i prezzi) è quello di creare un monopolio pubblico, in cui le autorità agiscono come unico fornitore in base alla domanda dei consumatori.
Un’ulteriore strategia potrebbe essere l’implementazione di modelli legislativi che decriminalizzino il prodotto, controllandolo allo stesso tempo. A tal proposito, il possesso potrebbe essere sanzionato, con una sanzione amministrativa, qualora esso superi un determinato massimo fisso. Il modello svizzero prevede, ad esempio, una multa di 100 franchi svizzeri (93,20 euro) per un possesso superiore ai 10 g di prodotto. Allo stesso modo, in Australia e in Portogallo sono previste sanzioni amministrative per detenzioni superiori, rispettivamente, a 10 g e 25 g . Né in Svizzera, né in Australia, né in Portogallo vi sono stati effetti considerevoli sull’aumento di consumo medio. Tuttavia, vi è stato un incremento di uso nelle fasce di età più giovani, che ha comportato maggiori spese di prevenzione e trattamento delle dipendenze. L’evidenza empirica dimostra che un’iniziazione precoce alla cannabis, ovvero in età preadolescenziale, aumenta il rischio di dipendenza, minore livello di istruzione e problemi della salute mentale.
Un modello spesso preso come esempio è quello dell’Uruguay, dove il governo è il principale fornitore di cannabis così da mantenere il controllo sulla quantità prodotta e sui prezzi di vendita. I produttori privati hanno dei limiti per non riuscire a usufruire di economie di scala e il prezzo fissato dal governo riesce a rimanere stabile a 20 pesos/grammo (0,40 euro), così da poter eguagliare i prezzi del mercato nero e ridurre le entrate dei cartelli criminali. Altri modelli di legalizzazione prevedono produzioni su piccola scala dove il prezzo è determinato dal mercato. Il modello olandese è un esempio, nonostante abbia una contraddizione per quanto riguarda i coffee-shops, che possono vendere nei limiti imposti dalla legge, i loro fornitori hanno il divieto di coltivare, importare e vendere il prodotto. In undici Stati statunitensi, come Colorado, Washington o California, vi è una certa autonomia nell’implementare misure di commercio della cannabis a scopo ricreativo.
Ci vuole precauzione
Essere “al verde” conviene da sempre, bisogna però osservare alcuni accorgimenti per ridurre le esternalità negative e usufruire appieno delle potenzialità della cannabis. Le politiche repressive sono costose e hanno un impatto limitato sul consumo. La legalizzazione ridurrebbe significativamente i budget per la giustizia e andrebbe a creare indotto fiscale e occupazionale in vari settori economici. Tuttavia, occorrerebbero maggiori fondi allocati a obiettivi come l’educazione e la prevenzione. Inoltre, affinché il prodotto legale possa competere col mercato nero, il prezzo deve essere controllato. Il prezzo è un fattore determinante della domanda. Se i prezzi sono troppo alti, il mercato illegale viene incoraggiato; se è troppo basso, il consumo potrebbe decollare e, insieme a esso, i costi che ne deriverebbero.
Fonti e approfondimenti
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