L’emergenza sanitaria ha messo in pausa anche le proteste in Colombia, ma solo per qualche mese. Lo scorso settembre un episodio molto simile all’omicidio di George Floyd negli Stati Uniti ha sconvolto il Paese andino. Javier Ordóñez, un avvocato di 46 anni, è stato assassinato a colpi di taser dagli ufficiali per aver presuntamente violato la quarantena, e l’evento ha innescato la miccia del dissenso. Il bilancio degli scontri tra civili e forze dell’ordine ha superato i 10 morti e 200 feriti, mentre studenti e lavoratori sono tornati a proclamare lo sciopero generale il 21 ottobre a poco meno di un anno da quello del dicembre del 2019.
In quell’occasione con loro c’erano alcuni indigeni, che hanno richiamato l’attenzione sulle uccisioni di vari leader e sulla mancata implementazione dell’accordo di pace tra il Governo e le FARC, la guerriglia più longeva del continente. Nell’ultimo mese però sono diventati gli assoluti protagonisti della protesta. Ottomila tra totoróes, nasas, guambianos, paeces, yanaconas, ingas e coconucos sono arrivati dal sud del Paese alla capitale Bogotà per rivendicare il diritto alla vita e alla terra in un movimento organizzato: la Minga indigena.
Cos’è la Minga
Minga, o Mink’a, è un concetto precolombiano, che riguarda il modo di concepire la società indigena. La parola deriva dal quechua e indica il lavoro e lo sforzo collettivo, portato avanti da tutti gli individui per raggiungere un obiettivo comune e distribuire equamente gli eventuali dividendi. I manifestanti hanno fatto leva politicamente sul termine trasformandolo in un atto di protesta già a partire dalla fine degli anni 90. In quell’occasione accusarono il Governo di non aver rispettato i patti scaturiti dalla nuova Costituzione, che prevedevano più terra e autonomia.
Il movimento nacque nel sud del Paese 20 anni fa, dove si concentra la maggioranza delle comunità indigene, principalmente in regioni come il Cauca. Solo in due casi ha raggiunto la capitale per richiedere un incontro diretto con il presidente: nel 2008, quando al Governo c’era Alvaro Uribe, protagonista della fase più cruenta del conflitto contro le guerriglie, e lo scorso ottobre, per protestare contro il suo più fedele alleato, il presidente Iván Duque. Alla base di entrambe le mobilitazioni ci sono gli stessi motivi, che evidenziano un problema di base: la Minga sostiene che lo Stato non ha praticamente mai rispettato gli accordi e le promesse fatte.
Le ragioni della protesta
Marilen Serna, membro della commissione politica della Minga, ha riassunto brevemente le ragioni del dissenso: “Nel 2008 ci siamo mobilitati per quattro motivi: vita e diritti umani, territorio, pace e modello economico. Oggi, nonostante la firma degli accordi di pace, la situazione è la stessa. O peggiore, perché c’è la sensazione del fallimento del processo”. Secondo le comunità indigene, il Governo non è praticamente mai stato in grado di attuare misure per affrontare i problemi di queste minoranze.
In Colombia, gli indigeni rappresentano il 5% della popolazione e sono divisi in circa 100 gruppi. Un report dell’ONU sostiene che 39 di questi potrebbero scomparire. Oltre a ciò, sono spesso tra le fasce della popolazione più economicamente svantaggiate. Dagli accordi di pace del 2016 la situazione è peggiorata e ha costretto le comunità a porsi come primo obiettivo quello di difendere strenuamente il diritto alla vita.
La ONG Indepaz ha contabilizzato gli omicidi di oltre 640 leader indigeni da quando Duque ha iniziato il suo mandato nel 2018, 233 dei quali solo durante quest’anno. Dalla fine del conflitto interno, i morti sono più di mille. La salvaguardia delle minoranze dipende dal rispetto degli accordi con le FARC e da un nuovo dialogo con l’altra grande guerriglia ancora attiva, l’ELN, con cui il Governo ha interrotto le trattative. In zone come il Cauca, infatti, oltre l’80% dei municipi è affiliato a gruppi di dissidenze delle FARC, del Clan del Golfo, dell’ELN e a strutture residuali dei paramilitari. Per la Minga, lo Stato ha inasprito ulteriormente il clima rafforzando la presenza militare nella zona.
La vita delle comunità indigene è strettamente legata a un altro diritto, quello alla terra, sia per motivi religiosi che di sussistenza. Le politiche estrattive e lo sfruttamento degli idrocarburi si uniscono alle rotte del narcotraffico, costringendo i civili a migrare internamente. Per queste ragioni, la Minga ha protestato in più occasioni contro il modello economico e ha denunciato l’assenza dello Stato nei confronti di chi ha dovuto riconvertire le coltivazioni di coca, come previsto dalla pacificazione.
Durante gli scioperi generali, il movimento ha infine appoggiato altri settori della società civile nel perseguimento delle loro battaglie. Per esempio, insiste sulla riforma della Polizia, per vincolarla al Ministero dell’Interno e non a quello della Difesa ma, soprattutto, sul miglioramento del sistema sanitario, che nelle zone rurali è praticamente inesistente.
Lo scontro con Duque
Quando la Minga decide di recarsi a Bogotà deve intraprendere un lungo viaggio, che può durare vari giorni. Quindi, se decide di farlo è perché considera che non ci siano altre soluzioni. Nel caso più recente, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è rappresentata da un mancato incontro con Duque a Cali, capitale del Valle del Cauca. I leader indigeni auspicavano un colloquio diretto con il presidente, ma al suo posto è arrivata una delegazione capitanata dal ministro dell’Interno Alicia Arango. A quel punto, la carovana di chivas, il mezzo di trasporto indio per eccellenza, ha attraversato altre quattro città per raggiungere la capitale.
Il Governo ha risposto lanciando accuse di vario genere. Prima ha criticato la Minga per aver deciso di scendere in piazza durante la pandemia; poi ha sostenuto che sarebbe stata integrata da dissidenze delle FARC, come il gruppo Segunda Marquetalia di Iván Márquez. Duque e Arango prevedevano scontri violenti ed episodi di vandalismo, ma la marcia è stata tra le più tranquille e pacifiche di sempre. Anzi, gli indigeni sono stati molto apprezzati per lo stato perfetto in cui hanno lasciato il palazzetto dello sport, messo a loro disposizione dalla sindaca della capitale Claudia López, una delle principali oppositrici dell’uribismo.
Durante il soggiorno della Minga nella capitale, Duque non si è mai reso disponibile per un eventuale incontro. Il presidente si è rifiutato più volte perché considera la protesta un semplice atto politico e non una rivendicazione dei diritti. A suo parere, gli indigeni non hanno riconosciuto gli sforzi dell’Esecutivo, che avrebbe investito circa 90 milioni di dollari. Tuttavia, la Minga si è posta fin dal principio l’obiettivo di non appoggiare nessuna parte politica e ha più volte sottolineato che i compromessi raggiunti con il Governo non hanno alcun valore se non vengono tradotti in misure concrete.
Una questione irrisolta
La questione indigena resta tuttora irrisolta in Colombia. Subito dopo la protesta del 21 ottobre, la violenza è tornata a colpire: uno dei leader della Minga, Feliciano Valencia, è sopravvissuto a un attentato mentre tornava verso il sud del Paese. L’episodio ricalca le stesse dinamiche che portarono alla morte di Edwin Legarda nel 2008, anche lui attaccato sulla strada del ritorno dalla mobilitazione contro Alvaro Uribe. Nel frattempo, il ministro dell’Interno Arango ha affermato che il Governo è aperto al dialogo e si è riunito con una commissione formata principalmente da funzionari amministrativi per stabilire un “percorso metodologico e rispondere alle inquietudini della Minga”. Duque, per il momento, non ha mostrato segnali di apertura.
Fonti e approfondimenti
Catalina Oquendo, La calle desafía al Gobierno de Iván Duque en Colombia, El País, 22/10/20
Pablo Montoya, Minga indígena llega a Bogotá y pide reunirse con Iván Duque, Nodal, 19/10/20
Catalina Oquendo, Un senador indígena sufre un atentado a días de la marcha de las comunidades en Bogotá, El País, 30/10/20
Semana Sostenible, El trasfondo medioambiental de la minga, 21/10/20
El Tiempo, Siete cosas ejemplares que dejó el paso de la minga indígena, 22/10/20
Catalina Oquendo, Más de 8.000 indígenas se movilizan hasta Bogotá para exigir al Gobierno de Iván Duque que los escuche, El País, 20/10/20
Daniel Pardo, Colombia: qué es la Minga Indígena y qué impacto puede tener su apoyo al Paro Nacional, BBC Mundo, 21/10/20
Alessandro Leone, Proteste in Colombia: i perché della crisi del governo Duque, Lo Spiegone, 3/12/19
Agencia EFE, Pueblos indígenas colombianos están en peligro de extinción cultural, El Espectador, 13/09/19
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