A cura di Gabriel N. Toggenburg
Gli elefanti sono famosi per i loro stretti legami familiari e per la complessa – e, fra l’altro, matriarcale – struttura sociale. Se sapessero leggere probabilmente apprezzerebbero l’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, che stabilisce che «[o]gni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni». Questa breve e semplice frase racchiude quattro diritti umani fondamentali che insieme salvaguardano la nostra privacy di individui contro indebite intrusioni da parte dello Stato. L’art. 7 della Carta dell’UE tutela:
- la nostra identità e autonomia personale;
- il nostro diritto di vivere in famiglia;
- il nostro appartamento o la nostra casa;
- la segretezza della nostra corrispondenza con altri individui.
Il testo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa (CEDU) fornisce indicazioni sulle situazioni in cui il diritto può essere limitato. L’art. 8(2) CEDU afferma:
«[n]on può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del Paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui».
Questa disposizione deve essere presa in considerazione poiché l’art. 7 della Carta si applica in combinazione con l’art. 52 (1) e (3) della Carta.
La Carta in azione
La Carta è stata invocata dai tribunali nazionali in diverse situazioni, ad esempio nell’ambito dell’ammissibilità in tribunale di una fotografia e di un video raffiguranti scene intime tra un richiedente asilo maschio e un altro uomo, al fine di provare l’orientamento sessuale del richiedente asilo. Questo esempio è stato portato in tribunale davanti alla Corte suprema amministrativa in Finlandia nel 2018.
Un altro esempio concreto: in Lituania, la Corte suprema amministrativa ha citato l’art. 7 in riferimento all’ortografia dei nomi e cognomi nei documenti ufficiali. Nel passaporto della persona coinvolta, il nome era riportato con i caratteri originali, ovvero non quelli della lingua lituana, come “x” e “w”. Le autorità si sono rifiutate di rinnovare il passaporto riportante nome e cognome nei caratteri originali. Il caso è passato attraverso gli organi giudiziari, e nella decisione A-2445-624/2017 la Corte suprema amministrativa ha dichiarato che: «anche se l’articolo 7 della Carta non si riferisce esplicitamente al nome e al cognome della persona, nondimeno essi riguardano… la vita privata e familiare, come mezzi di identificazione personale e legame con una famiglia». La Corte citò anche il caso Sayn-Wittgenstein (C-208/09) della Corte di giustizia dell’Unione europea.
Il diritto alla vita privata e familiare si ritrova anche nella produzione legislativa dell’UE. La direttiva europea sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali, ad esempio, sancisce che:
«[n]el caso di minori detenuti gli Stati membri dovrebbero adottare misure opportune, quali stabilite nella presente direttiva. Tali misure dovrebbero, fra l’altro, garantire l’esercizio effettivo e regolare del diritto alla vita familiare. Il minore dovrebbe avere il diritto di mantenere contatti regolari con i genitori, la famiglia e gli amici mediante visite e scambio di corrispondenza, a meno che non si rendano necessarie restrizioni eccezionali nell’interesse superiore del minore o nell’interesse della giustizia».
Cosa dicono le Costituzioni degli Stati membri?
Il diritto alla vita privata e familiare è ben consolidato nella legislazione in materia di diritti umani. Di conseguenza, tutte le Costituzioni contengono diritti comparabili, anche se non sempre concentrati in un’unica disposizione come nel caso della Carta. In Austria, ad esempio, vi sono tre disposizioni separate (gli artt. 9, 10 e 10a) che trattano di “diritti dell’abitazione”, “privacy delle corrispondenza” e “segretezza delle telecomunicazioni”. In effetti, il fatto che tutti i diritti siano racchiusi in un unico articolo sembra essere più l’eccezione che la regola. Il testo della Carta, inoltre, è molto più sintetico rispetto a quello delle Costituzioni nazionali.
In alcuni Paesi vengono evidenziati aspetti specifici della privacy: in Portogallo si stabilisce il diritto specifico all’identità (art. 26(1)) e le Costituzioni di Bulgaria (art. 32(1)), Croazia (art. 35), Finlandia (sezione 10), Polonia (47), Portogallo (art. 26(1)), Spagna (art. 181) e Slovacchia (art. 19(1)) proteggono esplicitamente l’”onore” e/o la “buona reputazione” degli individui. L’art. 6 della Costituzione della Svezia tutela esplicitamente dalle perquisizioni personali e dalle intercettazioni, mentre alcune Costituzioni sono particolarmente esplicite nell’ambito delle motivazioni che permettono intrusioni nella corrispondenza (art. 17(2), paragrafi a-e della Costituzione di Cipro) o nel domicilio (art. 27(2), paragrafi a-e Romania). Nelle Costituzioni di Estonia (art. 27) e Irlanda (art. 41.1.1), ad esempio, si trova una definizione del termine “famiglia”.
E quindi?
L’art. 7 della Carta è un diritto che comprende diverse dimensioni e riflette in gran parte la sua disposizione corrispondente all’interno della Convenzione europea dei diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa, la CEDU. L’art. 8 (1) CEDU afferma: «Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza». Le sue diverse dimensioni mirano a tutelare la nostra privacy. L’art. 7 è, quindi, collegato al diritto alla protezione dei dati dell’art. 8 della Carta (spesso i due diritti vengono citati insieme). La protezione dei dati è regolata in dettaglio dalla legislazione europea, mentre la vita familiare non lo è. Poiché la Carta trova applicazione solo negli ambiti di competenza dell’UE, l’art. 7 è di particolare rilevanza pratica dove è presente un’importante legislazione europea. È il caso, ad esempio, della questione legata ai lavoratori migranti, o ai richiedenti asilo e alla loro possibilità o meno di raggiungere le proprie famiglie. Tuttavia, in casi che non rientrano nel campo di applicazione del diritto dell’UE, l’art. 7 della Carta può contribuire solo in modo limitato.
Questo articolo è parte del progetto “All EU-r rights”, pubblicato in inglese sul blog Eureka! e tradotto in italiano su Lo Spiegone.
Gabriel N. Toggenburg è professore onorario di diritto dell’Unione europea e diritti umani all’Università di Graz, Austria. Dal 1998 al 2008 ha collaborato come ricercatore senior con l’Accademia Europea di Bolzano (Italia). Dal 2009 lavora per l’Unione europea. Tutte le opinioni espresse dall’autore sono personali e non sono attribuibili ai suoi attuali o precedenti datori di lavoro. La sua serie di articoli “All EU-r rights”, pubblicata sul blog di EUreka! (nella versione originale in Inglese, esempi e con annotazioni a piè di pagina) mira a far conoscere meglio la Carta dei diritti fondamentali dell’UE. L’autore ringrazia Miloladesign per la gentile concessione delle opere d’arte pubblicate assieme a ogni articolo del blog. Un elenco completo e commentato di tutti i diritti della Carta è disponibile qui.
Fonti e approfondimenti
ElephantVoices, Elephants are socially complex.
Corte suprema amministrativa della Finlandia, Decisione 1762, X v the Finnish Immigration Service, KHO:2018:52, 13/04/2018.
Corte suprema amministrativa della Lituania, Decisione A-2445-624/2017, R. G.-M. and J. B. v Migration Board of Vilnius County Chief Police Commissariat, 28/02/2017.
Toggenburg, Gabriel N. 2011. Die ‘falsche Fürstin’: Zum grenzüberschreitenden Verkehr von Adelstiteln vor dem Hintergrund der Unionsbürgerschaft. European Law Reporter, 3: 74-81.
Direttiva (UE) 2016/800 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 maggio 2016 sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali. Gazzetta ufficiale L 132, 21/05/2016.
Corte di giustizia dell’Unione europea, Sentenza del 22 dicembre 2010, Ilonka Sayn-Wittgenstein v Landeshauptmann von Wien, causa C-208/09, ECLI:EU:C:2010:806.
Editing a cura di Carolina Venco
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