Caratteristica del pensiero femminista occidentale è l’idea che la battaglia di tutte le donne del mondo sia identica: quella per l’emancipazione dall’uomo. Un’idea di universalità e omogeneità che è stata messa in discussione, soprattutto a partire dagli anni Novanta, dall’emergere di movimenti femministi nei Paesi in via di sviluppo – dall’Africa all’Asia, dall’America Latina al Medio Oriente. Essi mettono in luce la necessità di riconoscere le differenze tra le donne. Infatti, area di provenienza, cultura, religione, etnia e storia influenzano profondamente i bisogni delle donne e le loro rivendicazioni.
Il pensiero femminista africano
Il pensiero femminista africano nasce dall’intersecarsi di tre forme di oppressione: genere, classe e razza. La loro origine è da ricercare nell’esperienza coloniale che ha portato con sé concetti razziali, sfruttamento economico e nuovi modelli sociali.
Per quanto riguarda l’oppressione di genere, secondo Gwenndolyn Mikell, nel contesto africano l’introduzione da parte degli europei di un modello familiare, quello patriarcale, prima sconosciuto alla società locale, ha creato nuove forme di diseguaglianza per le donne africane.
Infatti, nel periodo precoloniale, sebbene molte popolazioni africane avessero sviluppato un’idea di famiglia patrilineare, le donne rivestivano posizioni di prestigio a livello economico, sociale e politico, in condizione di parità con gli uomini, e si riteneva che i due sessi si completassero a vicenda. L’avvento dei coloni, invece, diffuse l’idea che solo l’uomo fosse legittimato a negoziare con gli europei, perciò la donna iniziò a trovarsi in una posizione di subordinazione.
Per questo, secondo Amina Mama, una delle massime pensatrici africane, il femminismo in Africa: «Segnala il rifiuto dell’oppressione e un impegno a lottare per la liberazione delle donne da ogni forma di oppressione – interna, esterna, psicologica, emotiva, socioeconomica, politica e filosofica».
Lottare contro le strutture sociali introdotte dalla colonizzazione è quindi uno degli obiettivi del movimento femminista africano. Coniando il concetto di Stiwanism (Social transformation including women in Africa), Omolara Ogundipe-Leslie sostiene che la donna africana debba opporsi a quei sistemi che pongono l’uomo al vertice della società. Non si tratta solo di una battaglia per l’emancipazione economica e politica della donna, ma anche di una trasformazione ideologica. È necessario, infatti, decostruire un pensiero occidentale, il sistema patriarcale, che, nonostante contrasti con la cultura africana originaria, oggi è accettato da molte donne africane come normale.
Oltre che per l’emancipazione di genere, il femminismo africano lotta anche contro diseguaglianze razziali e di classe. Adottando il termine Africana Womanism, le femministe del continente rivendicano con orgoglio la loro identità culturale africana e criticano il movimento femminista occidentale che non considera l’esperienza di oppressione razziale e di classe derivante dalla colonizzazione e dal capitalismo. Si tratta di un’esperienza che accomuna donne e uomini africani che, secondo le femministe, hanno più in comune tra di loro di quanto abbiano le donne africane e bianche. Quindi, accanto all’emancipazione di genere, derivante della struttura famigliare patriarcale, la battaglia femminista diventa anche una lotta di donne e uomini insieme contro discriminazioni razziali e di classe.
Tante Afriche
Tuttavia, non si può parlare un unico movimento femminista africano. Infatti, i particolarismi regionali, le differenze etniche, politiche e religiose influenzano il modo in cui le donne affrontano discriminazioni di genere, razza e classe nei vari contesti. Come scrive Naomi Nkealah: «Il femminismo africano si sforza di creare una donna africana nuova, libera, produttiva e autosufficiente all’interno delle culture eterogenee dell’Africa».
Il Nord Africa, ad esempio, è la culla del femminismo islamico che mette in discussione l’interpretazione patriarcale del Corano ed evidenzia il messaggio egualitario delle fonti religiose islamiche. Questa teoria ha influenzato anche la zona del Sahel e del Corno d’Africa. Alcune delle principali rivendicazioni delle femministe islamiche riguardano l’equità tra uomo e donna nella famiglia, il diritto delle donne a guidare la preghiera e l’assenza di spazi divisi tra uomini e donne nella moschea.
Nel Corno d’Africa e nell’Africa occidentale una delle sfide principali per le femministe è quella contro le mutilazioni genitali. In Nigeria, invece, è nata la Women in Nigeria, un’organizzazione che ha una coscienza sia di classe che di genere, riconoscendo infatti la discriminazione delle donne in questi due ambiti. In Sudafrica, infine, molte femministe cercano la partecipazione politica per ottenere l’approvazione di leggi che tutelino i diritti delle donne.
L’istituzionalizzazione dei movimenti femministi: il Forum Femminista Africano
Nonostante le differenze tra i diversi contesti africani, nel 2006 centoventi donne provenienti da sedici Paesi del continente decisero di riunirsi ad Accra, in Ghana e fondarono il Forum Femminista Africano (AFF). Fu un avvenimento unico, in quanto per la prima volta un gruppo così numeroso di attiviste si riunì per dibattere autonomamente sui passi futuri dei movimenti femministi in Africa. Infatti, un gruppo composto interamente da donne, in modo autonomo e così numeroso, attraverso il Forum, aveva la possibilità di affrontare le tematiche dei diritti civili delle donne, il loro ruolo nella società, nell’economia e nella politica.
Il risultato principale del Forum fu l’elaborazione e adozione della Carta dei Principi delle Femministe Africane. Prima del Forum, le possibilità per le donne di condividere idee ed esperienze sui movimenti femministi africani erano poche e frammentate, spesso inserite all’interno delle agende degli incontri delle organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite e l’Unione Africana.
Il Forum Femminista Africano si tenne più volte a partire dal 2006. Nel 2008, il secondo AFF venne organizzato in Uganda, seguito da un terzo in Senegal due anni dopo e da un quarto in Zimbabwe nel 2016. Parallelamente, si vennero a creare, nel corso degli ultimi quindici anni, una serie di Forum femministi più piccoli, che coinvolgono solo uno o alcuni Paesi del continente. In questo modo, è stato possibile portare al centro della discussione temi e problematiche rilevanti per gli specifici contesti locali coinvolti.
L’AFF viene organizzato in modo creativo e partecipativo. Una serie di tematiche principali – per esempio famiglia, benessere, comunità, economia, ambiente, istituzioni, tutte in ottica femminile – vengono definite dal gruppo organizzativo del Forum, composto da alcune attiviste, e vengono affrontate sia in sessioni plenarie sia in workshop. Sono organizzati spettacoli, attività artistiche, tavoli di discussione e laboratori di attività manuali, dove le partecipanti possono mettere a disposizione le proprie abilità, competenze ed esperienze. Al termine dei Forum vengono redatti dei report riportanti le considerazioni emerse durante gli incontri e il tutto viene reso accessibile sul sito web.
Il significato più importante di tutto ciò sta nell’istituzionalizzazione vera e propria del movimento femminista africano, che d’ora in avanti non sarebbe più stato qualcosa di informale e frammentato ma avrebbe avuto una sua espressione centralizzata
La Carta dei Principi delle Femministe Africane
La Carta è certamente il risultato più importante derivante dal primo Forum del 2006. Essa funge tuttora sia da quadro etico, in cui si inseriscono i principi femministi, che da strumento pratico per definire, valutare e conformare l’impegno individuale e istituzionale nei confronti del movimento femminista.
Vengono qui delineati i cambiamenti che sono auspicati da parte del movimento e i passi per poterli raggiungere. La Carta ha diversi obiettivi: porre fine alla società patriarcale, che caratterizza gran parte dei contesti africani, enfatizzare il dovere di difendere e rispettare i diritti di tutte le donne, ricordare e proteggere l’eredità delle donne femministe del passato. Inoltre, la Carta celebra le diversità tra le donne provenienti dall’intero continente e stila una lista di principi individuali e istituzionali da seguire. Infatti, grazie alla Carta le donne possono trovare la sicurezza di esprimere se stesse e legittimare le loro scelte sia a livello personale che istituzionale, rivendicando piena libertà di espressione in tutte le sfere della vita privata e sociale. Per poter raggiungere questi risultati, il Forum si raccomandò con le partecipanti di diffondere i principi della Carta nella maniera più ampia possibile, traducendola in diverse lingue e parlandone con i principali media.
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Editing a cura di Giulia Lamponi