Il 6 febbraio si è celebrata in tutto il mondo la Giornata internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili (le FGM, Female Genital Mutilation), istituita dalle Nazioni Unite nel 2012 per portare all’attenzione globale un problema troppo spesso sottostimato, la cui soluzione appare ben difficile da trovare. La questione è particolarmente spinosa, infatti, poiché in essa si intrecciano aspetti culturali, religiosi ed economici.
Dal punto di vista clinico, le FGM sono l’insieme delle pratiche eseguite per rimuovere o alterare in tutto o in parte gli organi genitali femminili esterni senza alcuna necessità medica.
La pratica della mutilazione genitale femminile è atavica e saldamente radicata nelle culture di varie zone del mondo, in particolare dell’Africa subsahariana, del Medio Oriente e dell’Asia. La forza con cui ancora oggi viene esercitata ha motivazioni diverse, che però portano tutte alla completa distruzione della donna sia dal punto di vista fisico che dal punto di vista psicologico. In queste zone, le FGM sembrano essere una tappa obbligata nella vita delle bambine, che sancirebbe il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Le donne che vi sono sottoposte sono spesso giovanissime: l’età massima per esservi sottoposte è di 15 anni.
Dal punto di vista giuridico, le FGM rappresentano un’evidente violazione dei diritti della persona. Durante l’infanzia, o prima giovinezza, queste donne si vedono strappati i diritti fondamentali riconosciuti a tutti gli esseri umani: in primis, il diritto alla libertà, poi il diritto alla salute psicofisica, all’integrità fisica e alla sessualità, nonché il diritto di non subire tortura o ogni altra forma di trattamento inumano e degradante.
Le FGM sono diffuse soprattutto nei contesti culturali dei paesi meno sviluppati, dove la considerazione della donna è ancora scarsa. Nel caso specifico, attraverso queste pratiche, la donna viene privata di un aspetto fondamentale per un sano sviluppo personale: l’integrità fisica. Ciò si accompagna a una visione mercificata della donna, anche considerando che le si nega la possibilità di avere una vita sessuale sana e soddisfacente. In quasi tutti i casi le vengono poi negati diritti collaterali allo sviluppo della persona, come quello all’istruzione e quello alla salute, oltre all’indipendenza personale ed economica, pagando lo scotto della realtà sociale e culturale in cui avvengono queste pratiche.
Secondo la World Health Organization, ad oggi, vi sono oltre 200 milioni di donne mutilate, e si stima che quelle a rischio ogni anno siano più di 3 milioni. I dati continuano a crescere, dato che nelle zone in cui queste pratiche vengono perpetrate si registra una costante crescita demografica: se il ritmo dovesse mantenersi così elevato, si stima che quasi 70 milioni di donne vi saranno sottoposte entro il 2030.
Anche se non c’è alcuna religione che presenti disposizioni esplicite sulla necessità delle FGM, le implicazioni culturali e religiose vengono spesso utilizzate come scudo per le critiche.
Invece, è stato evidenziata dal Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA, l’agenzia dell’ONU per la salute sessuale e riproduttiva) l’impossibilità di legittimare un tale uso della violenza – specie in considerazione del fatto che le norme culturali sono, per loro natura, mutevoli e pertanto non possono essere considerate come una giustificazione inscalfibile.
Gli interventi normativi internazionali
Proprio per questi motivi, sia la comunità internazionale che la comunità europea si sono attivate per contrastare queste violenze, ma nonostante ciò non esiste ancora una convenzione o un trattato che sia dedicato esclusivamente alle FGM.
Tra gli interventi internazionali, il ruolo di caposaldo è – come sempre -rivestito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948. Qui viene chiaramente sancito il diritto alla salute e all’integrità fisica, il diritto di non essere sottoposti a tortura o ad altri trattamenti inumani e degradanti (rispettivamente negli artt. 3 e 5).
Successivamente, da queste linee guida si sono sviluppati altri interventi normativi intitolati alla salvaguardia dei diritti e all’integrità personale delle donne e dei bambini. Spicca la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne – adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU nel 1979 ed entrata in vigore nel 1981 – incentrata sul perseguimento della parità sociale, economica, culturale, da concretizzare negli Stati firmatari per mezzo di tutti gli strumenti legislativi necessari, sia a livello nazionale che a livello internazionale.
Per quanto encomiabile e necessaria, in questa Convenzione non c’è un chiaro riferimento alle FGM, bensì un’indicazione (pur sempre vincolante) affinché “gli Stati prendano ogni misura adeguata […] al fine di modificare gli schemi e i modelli di comportamento socioculturale degli uomini e delle donne e di giungere a una eliminazione dei pregiudizi e delle pratiche consuetudinarie o di altro genere, che siano basate sulla convinzione dell’inferiorità o della superiorità dell’uno o dell’altro sesso, o sull’idea di ruoli stereotipati degli uomini e delle donne” (art. 5).
Di poco successiva è la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza – approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 20 novembre 1989 – il cui obiettivo primario è quello di assicurare il diritto alla vita e allo sviluppo a ciascun essere umano. Si evidenziano in particolare gli artt. 19, 24 e 37 che impegnano gli Stati a prendere “ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento (…)”, a riconoscere “ il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile”, e infine a vigilare “affinché nessun fanciullo sia sottoposto a tortura o a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti”.
Gli interventi normativi europei
Gli interventi in ambito europeo si muovono in due direzioni. Da una parte, ci sono gli interventi tesi a evitare che la pratica delle FGM si tramuti in realtà sul territorio europeo, a causa dei flussi di mobilità migratoria; dall’altra, ci sono gli interventi diretti a chi è già stata vittima di FGM – o abbia un elevato rischio di esserlo.
Infatti, grazie alla direttiva 2013/33/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio sull’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, viene specificato che “nelle misure nazionali di attuazione della presente direttiva, gli Stati membri tengono conto della specifica situazione di persone vulnerabili (…) quali le vittime di mutilazioni genitali femminili” (art 21). La condizione di vulnerabilità non solo è espressamente riconosciuta ma dà anche una specifica connotazione soggettiva al richiedente, facendolo rientrare di diritto nella classificazione di persona vulnerabile.
Un traguardo importante è stato poi raggiunto con la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica del 2011 – nota come Convenzione di Istanbul – grazie alla quale non solo viene condannata la pratica delle FGM in termini generali, ma viene stabilito che “le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per perseguire penalmente” gli atti delle le pratiche mutilatorie, chiunque le effettui e che favorisca il loro perpetrare. Grazie a questa Convenzione, il problema ha ottenuto una risposta specifica nel diritto criminale ed è stata recepita negli ordinamenti nazionali, che hanno provveduto a inserire una norma ad hoc nei codici penali.
Il Parlamento Europeo ha promulgato la Risoluzione 2012/2684 sull’abolizione delle mutilazioni genitali femminili, che sottolinea i fattori di rischio ricorrenti anche in Europa, e impegna tutti gli Stati membri in un attento monitoraggio dei soggetti a rischio e in tutte le attività che possano portare alla fine della pratica.
È evidente che la costante attenzione dedicata alle FGM dalle istituzioni, a livello sia europeo che internazionale, è mirata a porre una fine a queste pratiche in un tempo più o meno breve. L’Agenda ONU del 2030 per lo Sviluppo Sostenibile si configura come un piano d’azione per lo sviluppo globale delle persone e dell’ambiente, inaugurato nel 2015. Si prefigge di raggiungere 17 “Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile”, – per un totale di 169 target, che funzionano da linee guida di intervento e indicano i singoli problemi da affrontare – e uno di questi è la parità di genere. Per poter raggiungere questo traguardo, si dovrà per forza passare attraverso la sconfitta di tutte quelle pratiche lesive della dignità umana, come le FGM. Impakter.com
Fonti e approfondimenti
“Zero tolerance for female genital mutilation”, European Parliament http://www.europarl.europa.eu/thinktank/en/document.html?reference=EPRS_ATA(2017)595916
“Eliminating female genital mutilation”, European Commission https://ec.europa.eu/info/policies/justice-and-fundamental-rights/gender-equality/gender-based-violence/eliminating-female-genital-mutilation_en
“Female genital mutilation (FGM) frequently asked questions”, United Nations Population Fund https://www.unfpa.org/resources/female-genital-mutilation-fgm-frequently-asked-questions#where_practiced
“Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne” Assemblea Generale ONU https://www.unicef.it/Allegati/Convenzione_donna.pdf
“Convention on the Rigths of the Child”, Assemblea Generale ONU https://www.unicef.it/Allegati/Convenzione_diritti_infanzia_1.pdf
Direttiva 2013/33/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32013L0033&from=EN
“Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” https://www.coe.int/en/web/conventions/full-list/-/conventions/rms/09000016806b0686
Agenda ONU 2030, Unric https://www.unric.org/it/agenda-2030