A due settimane dal voto, la campagna elettorale australiana procede a un ritmo serrato. La Coalizione liberal-nazionale guidata dal Primo ministro uscente, Scott Morrison, vuole confermarsi alla guida del grande Stato federale, ma secondo gli ultimi sondaggi si trova a inseguire il Partito laburista di Anthony Albanese. A distanza, le altre forze politiche non sembrano avere grandi margini di speranza. Tuttavia, come insegna la rimonta a sorpresa dello stesso Morrison tre anni fa, nel “Paese fortunato” non conviene fare i conti con la sorte prima del previsto.
Il voto australiano: una mozione di sfiducia?
Come ogni sfida fortemente personalizzata, anche quella tra conservatori e laburisti viene spesso ridotta, in particolare sui media australiani, a uno scontro testa a testa tra i due leader. A orientare la contesa in una direzione o l’altra potrebbe allora essere una delle qualità politiche più antiche e dal valore storicamente meno negoziabile: la fiducia nella leadership.
Negli ultimi anni era stato rilevato un graduale declino nella fiducia dei cittadini australiani verso le proprie istituzioni. Più di recente, società e politica dell’isola continente si sono trovate ad affrontare sfide drammatiche sul versante ambientale, sanitario ed economico. Tra il 2019 e il 2020, gli incendi che hanno devastato il sud-est del Paese; poi è stato il turno della pandemia; infine, due mesi fa, le alluvioni e inondazioni che hanno assestato un altro duro colpo all’Australia orientale.
Per questo, è inevitabile che una buona fetta della popolazione guardi alle prossime elezioni come l’occasione per iniziare un nuovo corso e mettersi finalmente alle spalle le avversità che hanno contraddistinto il mandato di Morrison. Ciononostante, sono tanti i dubbi che si affastellano nei pensieri dell’elettorato.
Sul fronte conservatore, il Primo ministro ha scelto di concentrare la propria narrativa proprio sull’insinuazione del dubbio o per meglio dire del “rischio”, spingendo l’opinione pubblica a interrogarsi su quale contendente sia all’altezza di questa fase storica. La strategia adottata da Morrison fa leva in particolare sui temi economici, dove il leader liberale crede di avere un discreto vantaggio. Dipingere lo sfidante come impreparato a causa della sua inesperienza in questo campo e tra rami istituzionali serve a minarne la credibilità e di conseguenza la fiducia dell’elettorato nelle capacità del Partito laburista di portare il Paese fuori dalla crisi.
In risposta, Albanese ha deciso di puntare i riflettori sulla mancanza di affidabilità di Morrison. Per farlo il suo partito gioca su diversi momenti critici in cui il Primo ministro non si è fatto trovare pronto di fronte alle emergenze o più esplicitamente, si è sottratto alle proprie responsabilità. In particolare, la vacanza alle Hawaii della famiglia Morrison in contemporanea con il divampare degli incendi nel 2019 è diventata l’emblema di questa campagna comunicativa, di cui i profili dell’ALP sui social network sono i principali divulgatori.
Le stesse piattaforme in cui negli ultimi giorni la campagna elettorale ha raggiunto un nuovo livello di scontro: quello tra i meme. Secondo il professor Axel Bruns, professore alla Queensland University of Technology, la speranza dei partiti è che contenuti digitali ironici e provocatori, pensati appositamente per essere condivisi da un ampio numero di sostenitori, riescano a raggiungere anche le persone meno appassionate di politica.
Le questioni chiave: il sogno australiano in cerca di rilancio
“Queste elezioni sono una scelta tra un’economia più forte e un’economia più debole”, ha affermato Morrison nel primo dibattito televisivo. Come già accennato, su questo tema il leader liberale è convinto di avere tutte le carte in regola. Il massiccio stimolo messo in campo nella prima fase della pandemia ha avuto un forte impatto sull’economia australiana, che oggi fa registrare segnali incoraggianti, con uno dei maggiori tassi di crescita tra le economie industrializzate e un tasso di disoccupazione che si attesta al 4%, il più basso da un decennio.
Tuttavia, gli elementi di incertezza non mancano: i salari rimangono bloccati, mentre l’aumento dei tassi di interesse, deciso pochi giorni fa dalla Banca centrale, potrebbe portare a nuove tensioni, legate soprattutto ai bilanci delle famiglie meno abbienti. A questo proposito, i dati raccolti dal World Inequality Database non lasciano dubbi rispetto alla distribuzione della precarietà nel tessuto socioeconomico australiano.
Come in altri Paesi passati dalla stagione neoliberale, il divario continua ad ampliarsi dagli anni Ottanta, con l’1%più ricco che nel 2021 possedeva quattro volte la ricchezza del 50% più povero. Se i sostegni al reddito introdotti nella prima fase della pandemia sono intervenuti per diminuire la povertà e le disuguaglianze, quando i primi sono stati ritirati le seconde sono tornate a crescere.
In questo scenario, la campagna elettorale di Morrison si concentra sui suoi elementi di forza, presentando il leader liberale come l’artefice della ripresa economica e scommettendo sulla creazione di nuovi posti di lavoro.
Sul versante opposto, la campagna di Albanese fin dall’inizio si è focalizzata su alcuni punti chiave legati all’“economia della cura”. Tra questi, uno dei più rappresentativi riguarda i lavoratori dell’assistenza agli anziani, che in questi due anni hanno dovuto sostenere enormi carichi di stress a fronte di retribuzioni molto basse. Per questo, nella retorica laburista essi sono assurti a simbolo di una forza lavoro che vede la propria fatica aumentare e i propri salari reali arretrare.
L’economia figura tra le priorità degli elettori in compagnia di altri temi strettamente connessi alle politiche fiscali del governo, ovvero il costo della vita e, sempre più importante nel dibattito pubblico, il prezzo degli immobili, che recentemente ha visto un’impennata. Non si tratta solamente di una questione di accessibilità: storicamente la casa di proprietà è stata vista come una delle fondamenta del “sogno australiano”, la promessa di una vita prospera che ha caratterizzato i trent’anni successivi alla Seconda guerra mondiale. Un sogno che oggi poggia su basi sempre meno solide: come rilevato dal Grattan Institute, dagli anni Ottanta i tassi di proprietà sono scesi per diverse fasce sociali, in particolare per quelle meno abbienti, di tutte le età.
Per rilanciarlo, i partiti hanno messo sul piatto diverse proposte. I laburisti promettono un sostegno pubblico per l’acquisto di una nuova casa, che sarà rivolto ogni anno a 10.000 australiani con reddito medio-basso. Viceversa, i conservatori intendono estendere a un totale di 35.000 beneficiari il piano di garanzie già esistente, che assicura agevolazioni agli acquirenti per quanto concerne l’assicurazione ipotecaria normalmente richiesta. Entrambe le proposte si muovono in direzione di un ampliamento della cerchia dei destinatari, ma si rivelano piuttosto moderate: secondo l’analisi di “The Conversation”, un cambio davvero strutturale necessiterebbe di risorse che al momento sembrano fuori discussione.
Il riscaldamento globale: tra seggi marginali e promesse al ribasso
In ogni caso, i temi economici non sono gli unici protagonisti di questa tornata. Dopo gli eventi che hanno scandito il mandato di Morrison, sarebbe da stupirsi se in cima alle priorità degli elettori non ci fosse il riscaldamento globale, che pende come una spada di Damocle sul prossimo esecutivo.
Più del 70% della popolazione è oggi preoccupato dai cambiamenti climatici, rispetto al 34% di dieci anni fa. L’Australia, d’altronde, è uno dei Paesi su cui i loro effetti sono più evidenti. Inoltre, i tentacoli del riscaldamento globale avvinghiano molte altre questioni sul tavolo, comprese le già citate politiche abitative. L’ultimo rapporto del Climate Council, la principale organizzazione australiana di comunicazione sui cambiamenti climatici, sottolinea infatti come un quarto delle proprietà australiane sarà “ad alto rischio”, con costi annuali che le renderanno non assicurabili entro il 2030. I rapporti tra il mondo politico e i combustibili fossili, tuttavia, procedono a gonfie vele. Secondo l’Australia Institute, il sostegno all’industria nell’ultimo anno è aumentato del 12%, con le sovvenzioni del governo federale e di quelli statali che superano gli 11 miliardi di dollari australiani.
La necessità di una vera transizione ecologica, invocata a gran voce dai rapporti sempre più inquietanti dell’IPCC, ha incontrato numerosi oppositori in Australia. Ma vista la crescente attenzione sulle sorti del Pianeta, le piattaforme dei due principali partiti sono state quasi costrette a includere dei punti programmatici su energie rinnovabili e infrastrutture sostenibili.
Il piano più ambizioso è quello presentato dai laburisti, che pongono come obiettivo una riduzione delle emissioni di gas serra del 43% rispetto al 2005, laddove i conservatori confidano di arrivare al 30-35% grazie agli sviluppi della tecnologia. Mentre l’ALP prevede investimenti per potenziare la rete elettrica e rendere i veicoli elettrici più economici, la strategia sul clima della Coalizione mette al centro investimenti sulla cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) e sull’idrogeno verde. In entrambi i casi, però, si tratta di manovre poco ambiziose, soprattutto in ragione dell’immenso potenziale che avrebbe l’isola continente se avesse una classe politica seriamente intenzionata a cambiare pagina.
Proprio nel tentativo di favorire questo processo, la piattaforma Climate 200, nata nel 2019 su iniziativa dell’imprenditore Simon Holmes à Court, ha scelto di finanziare le campagne elettorali di 22 candidati indipendenti uniti nel segno del clima, dell’integrità e dell’uguaglianza di genere. I candidati verde acqua, dal loro colore di bandiera, rappresentano una sfida che molti hanno interpretato come interna alla coalizione di governo, dato che stanno raccogliendo consensi presso elettori storicamente liberali disaffezionati alla causa del partito. Non sono abbastanza forti da costituire una sorpresa per il sistema politico australiano, ma in diversi seggi marginali – in cui la differenza tra i contendenti nelle scorse elezioni è stata più bassa – la loro candidatura può essere l’ago della bilancia. Con le rilevazioni demoscopiche che continuano a fotografare una fiducia pressoché stabile degli elettori, il verde potrebbe rivelarsi il colore vincente, per i laburisti.
Fonti e approfondimenti
ACOSS/UNSW. 2022. COVID, INEQUALITY AND POVERTY IN 2020 & 2021.
Australia Institute. 2022. Fossil fuel subsidies in Australia (2021-22).
Australian National University, “Marginal seats: what are they and why do they matter?”, 11/04/2022.
Butler, Josh, “Labor and the Liberals are waging an election meme war – but what is the point?”, The Guardian, 1/05/2022.
Climate Council. 2022. UNINSURABLE NATION: AUSTRALIA’S MOST CLIMATE-VULNERABLE PLACES
Dassonneville, Ruth, and Ian McAllister. 2021. Explaining the decline of political trust in Australia. Australian Journal of Political Science 56.3: 280-297.
Hewson, John, “Morrison focuses on the economy at the expense of workers”, The Saturday Paper, 30/04/2022.
Jackson, Angela, “Which party is better at managing the economy? There’s no easy answer”, The Sidney Morning Herald, 10/04/2022.
Nethery, Amy, “Why teal independents are seeking Liberal voters and spooking Liberal MPs”, The Conversation, 3/05/2022.
Gergis, Joëlle, “Past the warning stage on climate”, The Monthly, April 22.
Grattan Institute. 2022. Orange Book 2022: Policy priorities for the federal government.
Griffith University. 2022. Climate Action Survey.
Hanman, Peter, “Shock interest rate rise shows Australia’s economic exceptionalism is fading”, The Guardian, 4/05/2022.
Ong ViforJ, Rachel, “For first homebuyers, it’s Labor’s Help to Buy versus the Coalition’s New Home Guarantee. Which is better?”, The Conversation, 2/05/2022.
Tingle, Laura, “Scott Morrison’s ‘plan for the future’ is all about the economy – but with aged care in crisis, can it win him the election?”, ABC, 1/04/2022.
Editing a cura di Emanuele Monterotti