La battaglia delle Midway combattuta tra il 4 e il 6 giugno 1942 tra la flotta del Pacifico degli Stati Uniti e quella dell’Impero giapponese costituisce uno degli eventi chiave della Seconda guerra mondiale. Lo scontro cambiò le sorti della guerra nel Pacifico, ribaltando i rapporti di forza tra Washington e Tokyo, e ponendo le basi per la vittoria degli Alleati in estremo oriente. Senza dubbio una delle battaglie navali più importanti della storia, lo scontro delle Midway mise anche in evidenza il ruolo di prim’ordine ricoperto dai servizi d’intelligence nel corso del conflitto.
Antefatto: Pearl Harbor e la battaglia del Mar dei Coralli
Il 7 dicembre 1941, con un attacco aereo a sorpresa, i giapponesi colpivano la base navale USA di Pearl Harbor nelle isole Hawaii. Il duro colpo inflitto agli Stati Uniti lasciava la flotta americana del Pacifico privata, almeno nell’immediato, di ben 8 corazzate, 3 incrociatori e 3 cacciatorpediniere, nonché di numerosi aerei. Come conseguenza diretta, Washington, fino a quel momento potenza non belligerante, entrava nel conflitto contro le forze dell’Asse.
Nelle fasi iniziali della guerra nel Pacifico, i giapponesi godevano di enormi vantaggi sia dal punto di vista tecnologico, che in termini numerici. Di fatto, l’attacco di Pearl Harbor aveva consentito a Tokyo di ridurre ulteriormente la capacità operativa USA in questo teatro, lasciando quindi l’iniziativa nelle mani dei giapponesi. L’ammiraglio Yamamoto Isoroku, comandante in capo della flotta nipponica, intendeva ora capitalizzare il vantaggio acquisito e neutralizzare ciò che rimaneva della marina USA nel Pacifico. In uno scenario bellico in cui le forze aeree costituivano una parte integrante delle flotte, nonché un elemento indispensabile alla vittoria, i giapponesi si misero subito a caccia delle portaerei americane.
Una prima occasione per Yamamoto si presentò nel Mar dei Coralli nel maggio del 1942. In quel momento, i giapponesi si preparavano ad attaccare Port Moresby, in Papua Nuova Guinea. Occupando questo punto strategico, l’impero del sol levante avrebbe potuto minacciare direttamente l’Australia. Proprio nel preludio di tale attacco, i ricognitori giapponesi avvistarono due delle portaerei americane, la Lexington e la Yorktown: un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Aveva così inizio, il 4 maggio, la battaglia del Mar dei Coralli. Lo scontro ebbe come esito l’affondamento della Lexington, mentre la Yorktown venne fatalmente danneggiata e costretta a rientrare alla base di Pearl Harbor. Malgrado tali perdite, gli alleati riuscirono comunque a impedire ai giapponesi di occupare Port Moresby.
Il Piano di Yamamoto
Nonostante la battuta d’arresto nel Mar dei Coralli, Yamamoto era ancora certo di poter neutralizzare la flotta USA nel Pacifico. L’ammiraglio escogitò quindi un piano per poter attirare tutte le rimanenti portaerei USA in una battaglia decisiva. Per far ciò, i giapponesi avrebbero sferrato un attacco a sorpresa contro la base strategica delle Midway. Infatti, la cattura dell’atollo avrebbe consentito ai giapponesi di minacciare direttamente la presenza militare USA nelle Hawaii situate a 1770 km a sud est dell’atollo. A quel punto, gli Stati Uniti non avrebbero avuto altra scelta se non quella di uscire allo scoperto e dare battaglia.
Intelligence
Con lo scoppio della guerra nel Pacifico, i servizi d’intelligence statunitensi si erano messi subito all’opera per decifrare i messaggi in codice dei giapponesi, ma fino a quel momento, solo il 20% del linguaggio cifrato usato dai nipponici era noto ai crittografi americani.
Nel maggio del 1942, gli ufficiali navali USA avevano iniziato a intercettare diversi comunicati giapponesi che parlavano di un imminente attacco contro un obiettivo denominato in codice AF. Fu il crittografo Joseph Rochefort a intuire che tale denominazione si riferisse all’atollo delle Midway. Di fatto, nel marzo dello stesso anno, Rochefort aveva intercettato un messaggio di una pattuglia aerea nemica la quale riferiva di trovarsi nei pressi di AF: l’unico possedimento USA nella zona di riferimento erano proprio le Midway. Rochefort segnalò subito la sua intuizione alla catena di comando. Sebbene il suo suggerimento non fosse stato preso seriamente dai suoi superiori, il brillante ufficiale riuscì comunque a far giungere tale informazione al comandante in capo della flotta americana, l’ammiraglio Chester Nimitz. Convinto dal rapporto di Rochefort, Nimitz diede subito l’ordine di verificare tale informazione. Gli americani fecero quindi emettere un comunicato falso dalla stazione radio delle Midway nel quale si riportava un guasto dell’impianto idrico della base. I giapponesi abboccarono e trasmisero un messaggio cifrato alla propria catena di comando riportando scarsità d’acqua ad AF.
Grazie al lavoro dei crittografi americani, gli USA avevano ora la possibilità non solo di contrattaccare, ma anche di tendere loro stessi un agguato ai giapponesi.
Dispiegamento di forze
Per sferrare il suo attacco, l’ammiraglio Yamamoto designò il viceammiraglio Nagumo Chuichi come comandante in capo della forza mobile giapponese (il Kido Butai) con l’ordine di occupare le Midway, indurre la flotta americana a uscire allo scoperto e distruggerla. La formazione navale nipponica era costituita da ben quattro portaerei pesanti, l’Akagi, la Hiryu, la Kaga e la Soryu, 2 portaerei leggere, 7 corazzate, 15 incrociatori, 42 cacciatorpediniere e 10 sottomarini.
A tale forza di dimensioni impressionanti si opponeva la flotta dell’ammiraglio Nimitz, la quale comprendeva inizialmente due portaerei, la Hornet e l’Enterprise, 8 incrociatori e 18 cacciatorpediniere. Il gruppo navale americano venne raggiunto in un secondo momento anche dalla portaerei Yorktown, la quale era stata riparata e resa operativa in pochissimo tempo a seguito degli ingenti danni subiti nel corso della battaglia del Mar di Corallo. I rapporti di forza sembravano in favore dei giapponesi, ma la flotta americana era comunque determinata a ribaltare le sorti del conflitto.
La battaglia
La forza mobile giapponese, sicura di avere ancora l’elemento sorpresa dalla sua parte, iniziò ad avvicinarsi alle Midway il 3 giugno 1942. Verso le nove del mattino, gli aerei di ricognizione americani avvistarono i primi vascelli giapponesi a circa 800 km a ovest delle Midway. I velivoli USA vennero bersagliati prontamente dalla contraerea navale giapponese e costretti a rientrare.
Presso mezzogiorno, quando ormai la forza di invasione giapponese si trovava a circa 350 km di distanza, i bombardieri B-17 americani, in quel momento nella base aerea delle Midway, vennero mandati all’attacco contro il Kido Butai. Tali bombardieri strategici, sebbene capaci di operare ad alta quota, si rivelarono totalmente inefficaci in un contesto di guerra navale, dove si trovavano a dover bersagliare obiettivi in movimento. Non un esito migliore ebbe l’attacco sferrato dagli idrovolanti USA PBY Catalina, i quali, con i loro siluri, arrecarono solo danni marginali ai vascelli giapponesi.
La battaglia vera e propria iniziò solo alle prime luci del 4 giugno, quando i giapponesi sferrarono dalle loro portaerei un primo e devastante attacco aereo contro le Midway. Formazioni di bombardieri in picchiata Aichi D3A e Nakajima B5N Kate, affiancati dai celebri caccia Mitsubishi A6M Zero, si abbatterono sulle Midway trovando l’opposizione disperata degli aerei statunitensi. In superiorità numerica e con un notevole vantaggio tecnologico dalla loro parte (gli Zero erano in quel momento superiori a qualunque caccia USA), i giapponesi sbaragliarono i difensori e bombardarono le infrastrutture di Eastern Island e Sand Island, infliggendo ingenti danni.
L’errore di Nagumo
I nipponici avevano colpito le Midway duramente, ma considerando che gli americani continuavano a scagliare attacchi aerei dall’atollo, il viceammiraglio Nagumo decise che sarebbe stato necessario un secondo raid per pacificare le Midway una volta per tutte e procedere con la loro occupazione. Non sospettando minimamente dell’avvicinarsi della flotta statunitense, Nagumo diede quindi l’ordine di riarmare i velivoli da combattimento disponibili e di sostituire i siluri, utilizzati nei combattimenti navali, con le munizioni da bombardamento terrestre.
Le sicurezze di Nagumo si sgretolarono qualche momento più tardi, quando i ricognitori giapponesi avvistarono, circa alle 7:30 del mattino, 10 navi da guerra americane che si dirigevano verso il Kido Butai. I giapponesi si trovarono all’improvviso di fronte alla possibilità che navi portaerei avversarie si trovassero nelle vicinanze. Al corrente di tale rischio e sorpreso dalla comparsa di una forza navale americana nei pressi delle Midway, Nagumo diede l’ordine di fermare il processo di riarmo dei propri velivoli e di preparare all’attacco gli aerei ancora equipaggiati con siluri. In tutto ciò, gli americani continuavano a scagliare attacchi aerei, sebbene inefficaci, dalle Midway.
Proprio quando i caccia giapponesi avevano appena finito di respingere gli attacchi americani, Nagumo ricevette conferma dai propri ricognitori che, effettivamente, delle portaerei americane si trovavano nei paraggi: la flotta USA era arrivata nel momento migliore. Di fatto, le formazioni aeree che avevano sferrato il primo attacco contro le Midway stavano ancora rientrando, mentre le squadriglie poste a difesa del Kido Butai avevano bisogno di rifornimenti e munizioni a seguito dello scontro appena concluso. Posto sotto pressione, Nagumo decise di tentare il tutto e per tutto e di ordinare nuovamente di riarmare tutti i propri aerei con siluri al fine di sferrare un attacco massiccio e coordinato contro le portaerei statunitensi, come prescritto dalla dottrina navale giapponese. Ordine dopo ordine, sui ponti delle portaerei nipponiche regnava la confusione. Tale era il caos, che bombe e munizioni, per mancanza di tempo, vennero lasciate sui ponti delle portaerei, rendendole dei bersagli vulnerabili.
L’attacco finale USA
La forza di attacco americana si trovava adesso nella posizione migliore per sferrare un colpo durissimo e neutralizzare le portaerei giapponesi. Tuttavia, gli attacchi iniziali statunitensi, ancora una volta, non si rivelarono efficaci come sperato. I mezzi di comunicazione a disposizione della marina USA erano ancora alquanto primitivi. Tale fattore, sommato all’inesperienza degli americani (entrati nel conflitto solo da qualche mese), si tradusse in una serie di attacchi non coordinati e poco incisivi.
Fu la fortuna di un gruppo di bombardieri in picchiata Douglas SBD Dountless a cambiare le sorti della battaglia. Tale squadrone, decollato dalla Enterprise, aveva infatti perso l’orientamento nei momenti iniziali dell’attacco statunitense ed era riuscito a intercettare le portaerei giapponesi solo in un secondo momento seguendo a distanza un cacciatorpediniere nemico in procinto di ricongiungersi con il resto del Kido Butai. Alle 10:20 circa del 4 giugno, attaccando col sole alle spalle, i Dountless bombardarono con successo le portaerei Kaga e Akagi, mentre una seconda squadra, decollata invece dalla portaerei Yorktown, colpì la portaerei Soryu. Nel giro di pochi minuti, ben tre navi portaerei giapponesi vennero danneggiate fatalmente e ridotte in fiamme.
Delle quattro portaerei iniziali del Kido Butai ne rimaneva solo una: la Hiryu. Da questa venne scagliato un ultimo ma devastante attacco giapponese che colpì la portaerei USA Yorktown. Alle 15:00 circa del pomeriggio, l’equipaggio della Yorktown era costretto ad abbandonare la nave.
Nonostante la perdita di una portaerei, gli americani si trovavano adesso in vantaggio numerico e, scagliando attacchi aerei dall’Enterprise a dalla Hornet, ridussero la portaerei Hiryu in un relitto. Nel tardo pomeriggio, gli USA erano ormai padroni delle acque intorno alle Midway e ciò che rimaneva del Kido Butai era costretto a ritirarsi.
I combattimenti continuarono anche nei due giorni successivi (5 e 6 giugno), con gli americani che ormai godevano di superiorità aerea incontrastata. La flotta USA si mise al lavoro per dare la caccia alle navi da guerra giapponesi, riuscendo ad affondare un incrociatore e a danneggiare pesantemente due cacciatorpediniere e un secondo incrociatore.
Con questa schiacciante vittoria, Washington era riuscita ad arrestare l’avanzata dell’Impero del Sol Levante nel Pacifico, ottenendo l’iniziativa in questo teatro bellico. Privata di ben quattro portaerei e circa 320 aeroplani, la potenza navale giapponese non era più la stessa. Tokyo vedeva così andare in fumo i propri piani di costringere gli americani alla resa con una serie di vittorie fulminanti prima che la macchina industriale statunitense potesse porre tutto il suo peso sul piatto della bilancia. La battaglia delle Midway aveva posto gli Stati Uniti sulla strada della vittoria finale.
Fonti e approfondimenti
The Battle of Midway, Greatest events of WW2 in Colour, Netflix, 2019.
Michael Ray, Battle of Midway, Encyclopedia Britannica, ultimo accesso 22 luglio 2022.
Battle of the Coral Sea, Encyclopedia Britannica, ultimo accesso 22 luglio 2022.
Battle of Midway, History.com, 21 ottobre 2021.
Editing a cura di Francesco Bertoldi
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