Il cambiamento climatico non colpisce allo stesso modo tutta la popolazione. Come riportano le Nazioni Unite, sono le donne e le ragazze a soffrire in misura maggiore. Le ragioni sono molteplici: le donne sono sovrarappresentate nella parte più povera della popolazione e sono coloro che fanno più affidamento sulle risorse naturali (e che sono quindi più esposte ai rischi di eventi estremi).
Inoltre, al momento di redigere e attuare politiche di adattamento al cambiamento climatico, spesso non si tiene conto delle disuguaglianze di genere. La partecipazione disuguale delle donne nei processi decisionali e politici e nel mercato del lavoro impedisce loro di contribuire alla pianificazione delle politiche di contrasto al cambiamento climatico.
Si tratta di un problema particolarmente sentito nell’America latina e nei Caraibi. Nella stessa regione, tuttavia, si registrano anche dei segnali di cambiamento. Sempre più Paesi del Centro e Sud America hanno menzionato, nei loro piani di uguaglianza di genere, la crisi climatica e otto – Repubblica Dominicana, Grenada, Panama, Uruguay, El salvador, Honduras e Messico – ne hanno fatto un pilastro della strategia.
L’impatto del cambiamento climatico
La regione dell’America latina e dei Caraibi costituisce una delle aree del mondo con più biodiversità. Allo stesso tempo, è una delle più colpite dal cambiamento climatico, come testimoniano gli eventi estremi che si sono abbattuti sui Paesi della regione negli ultimi anni. Incendi, periodi prolungati di siccità estrema e scarsità di risorse idriche, uragani e cicloni hanno contribuito ad allargare le diseguaglianze e la povertà.
Solo nel 2020 ci sono state oltre 30 tormente tropicali. Tra queste, due hanno causato oltre 1,7 milioni di sfollati. Nel 2024, le tormente tropicali sono state 11, con la più grave, l’uragano Beryl, che ha causato oltre 20.000 sfollati nella regione dei Caraibi. Sempre lo scorso anno, lo stato brasiliano di Rio Grande do Sul è stato colpito da piogge torrenziali impreviste che hanno causato la morte di 183 persone e lo sfollamento di altre 700.000.
L’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) ha previsto, entro la fine del XXI secolo, la perdita del 43% delle specie di alberi in Amazzonia, un incremento del livello del mare e una riduzione sempre maggiore dei terreni favorevoli alla coltivazione (in particolare di caffè).
La Banca Interamericana di Sviluppo (Idb), invece, riporta che negli ultimi cinquant’anni gli eventi legati al cambiamento climatico sono triplicati, con danni sugli ecosistemi e sulle economie. Il Cile è stato il Paese più colpito nel 2023. Anche l’Idb considera la regione una delle più vulnerabili al cambiamento climatico e stima che, per la risposta agli eventi naturali, l’adattamento e la mitigazione, serviranno investimenti per almeno 470 miliardi di dollari.
L’intersezionalità tra cambiamento climatico e genere
Alle donne, specialmente in comunità povere e/o indigene, è affidato il compito di gestire le risorse naturali, procurando cibo, acqua e legname per le necessità familiari e/o della comunità.
Questo compito viene reso più difficile in situazioni di disastri naturali o in condizioni avverse come estrema siccità. In questi casi, il lavoro svolto dalle donne risulta più complesso e aumenta anche il rischio di esposizione ad altre violenze. Inoltre, se pensiamo alla questione climatica come una fonte di conflitti territoriali, la vulnerabilità delle donne è maggiore: nei conflitti sono infatti donne e bambini le principali vittime.
Un’altra forma di violenza che colpisce le donne è quella contro le attiviste per l’ambiente. Secondo la Mesoamerican Initiative of Women Human Rights Defenders, le donne attiviste, e in particolare quelle indigene, sono sottoposte non solo a campagne diffamatorie e calunnie, ma anche ad assalti fisici, omicidi, stupri e altre forme di violenza. Nel 2023 l’organizzazione ha registrato oltre 6.000 attacchi. Tra il 2012 e il 2023, segnala Global Witness, sono state uccise oltre 9.000 donne.
La carenza di informazioni o l’impossibilità di accedervi, la mobilità limitata e lo scarso potere decisionale, a cui sono sottoposte le donne nella società, rendono più pericolosi gli effetti del cambiamento climatico.
A questo si aggiungono la scarsa disponibilità di risorse tecnologiche e informative, il mancato accesso al diritto di proprietà sui terreni – le donne che possiedono uno o più appezzamenti sono solo il 25% – e la minore istruzione. Inoltre, i disastri climatici possono interrompere o complicare i servizi sanitari, compresi quelli che riguardano la salute riproduttiva.
L’uguaglianza di genere nelle strategie climatiche regionali
A livello regionale, l’agenda per la parità di genere considera la questione del cambiamento climatico nel Consenso di Brasilia, adottato nel corso dell’undicesima sessione della Conferenza delle donne in America latina (2010). Il testo riconosce che «cambiamento climatico e disastri naturali possono avere un impatto negativo sullo sviluppo produttivo e sull’impiego del tempo nelle attività da parte delle donne, soprattutto in aree rurali, oltre che nel loro accesso ad un impiego».
Un ulteriore strumento introdotto a livello regionale è la Strategia di Montevideo per l’attuazione di un’agenda di genere nel quadro dello sviluppo sostenibile 2030. Si riconosce la necessità di una maggiore inclusione dei diritti di genere nell’adattamento al cambiamento climatico.
Infine, l’Accordo di Escazù entrato in vigore nel 2021 promuove i diritti dei difensori dell’ambiente in America latina ed è considerato uno dei patti più all’avanguardia in termini di intersezione tra lotta ai cambiamenti climatici e tutela dei diritti umani. L’Accordo infatti assegna priorità alla tutela delle fasce vulnerabili della società. Tra le misure consigliate per colmare il divario c’è un accesso più equo alla finanza per lo sviluppo.
L’uguaglianza di genere nelle strategie climatiche nazionali
Anche a livello nazionale, alcuni Paesi dell’America latina e dei Caraibi hanno predisposto delle strategie che identificano specifiche questioni di genere in relazione al cambiamento climatico.
Dal 1997 al 2021, l’Osservatorio per l’uguaglianza di genere in America latina ha rilevato 37 piani per l’uguaglianza di genere, 20 dei quali includono il termine «cambiamento climatico». Tra questi, sette lo inseriscono all’interno di un obiettivo strategico o di un pilastro del programma. Si tratta di Repubblica Dominicana (2018), Grenada (2014), Panama (2016), Uruguay, Honduras (2010), Messico (2014) ed El Salvador (2016).
Il Planegg III della Repubblica Dominicana (riferito al periodo 2018-2030) include tra i suoi temi «l’ambiente, la gestione dei rischi e il cambiamento climatico» e prevede di adottare un approccio di parità di genere nell’attuazione della strategia igenico-sanitaria nazionale. Inoltre, stabilisce che – in tutte le fasi di pianificazione e attuazione dei progetti legati a tutela ambientale, gestione dei territorio, adattamento e riduzione dei rischi climatici – debbano essere presi in considerazione i diritti delle donne.
Il governo di Grenada nel suo Piano di azione per le politiche di uguaglianza di genere (Gepap) ha stabilito che nelle politiche pubbliche debbano essere riconosciuti e integrati i diversi ruoli di genere. Oltre al fatto che, nello sviluppo di meccanismi di adattamento al cambiamento climatico, il governo deve assicurare una partecipazione equa.
Panama ha sviluppato due piani d’azione – uno nel 2012 e uno nel periodo 2016-2019 – pensati per aumentare la partecipazione femminile nella gestione ambientale e nelle attività come pesca, ecoturismo, settore agro forestale e tutela della biodiversità. Viene anche incorporato l’approccio di tutela dei diritti di genere nei progetti legati alla prevenzione dei disastri naturali.
Il caso del Messico
Il Messico, nel suo Programma nazionale per le pari opportunità e la non discriminazione delle donne, pubblicato per la prima volta nel 2014 e poi rinnovato, parla della necessità di armonizzare i diritti delle donne con la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. Inoltre, suggerisce di promuovere la partecipazione femminile nell’accesso, controllo e gestione delle risorse naturali e di rendere «protagoniste» le donne nei processi decisionali legati alla conservazione della biodiversità.
Partendo dalla versione del 2014 del piano, il governo del Messico ha avviato un processo di inclusione delle politiche ambientali in quelle di genere, e viceversa. Nel 2022, il Paese ha lanciato il proprio Piano nazionale per l’azione climatica e di genere.
«Il Messico ha promosso l’integrazione di una prospettiva trasversale dell’uguaglianza di genere e dei diritti umani in tutte le questioni negoziali multilaterali per un’azione efficace per il clima», si legge nell’introduzione del documento. Il piano si basa su tre elementi progressivi: leadership femminile, costruzione delle capacità istituzionali, finanziamento e cooperazione.
L’impegno del Messico, già avviato negli anni scorsi, ha visto una svolta con l’elezione a giugno 2024 di Claudia Sheinbaum, ingegnere ambientale e prima donna presidente del Paese. Tra le sue priorità rientrano la lotta alla violenza di genere e quella al cambiamento climatico, che si intersecano nella difesa delle istanze delle donne indigene, di cui la neo presidente si è fatta promotrice. Anche la scelta di una donna come ministra dell’Ambiente – Alicia Barcena, già ministra degli Esteri nel governo precedente – rappresenta un altro esempio di impegno in questo senso.
Cambiamento climatico e focus di genere
Anche altri Paesi dell’America latina e dei Caraibi hanno sviluppato dei piani di azione climatica con un focus di genere. Inoltre, la maggior parte degli Stati della regione ha incluso la questione nei progetti di riduzione delle emissioni di carbonio (Ndc).
Nell’ambito del proprio impegno per la parità di genere e, riconoscendo che «raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile è reso più difficile se le diseguaglianze esistenti sono aggravate dalla crisi climatica», il governo di Barbados ha proposto alcune riforme del sistema finanziario internazionale. In particolare, ha chiesto agli attori internazionali di fornire liquidità immediata e ripristinare la sostenibilità del debito, mobilitare gli investimenti privati e aumentare lo sviluppo del settore pubblico nelle attività legate agli obiettivi di sviluppo sostenibile.
I prossimi passi
I piani proposti dai governi delle regione si dividono in due categorie. Da una parte, ci sono quelli che assimilano la questione di genere a quella più ampia della tutela dei diritti umani e, in tal senso, programmano strategie di lotta al cambiamento climatico che tengano conto delle fasce più vulnerabili e tutelino i loro diritti.
Dall’altro lato, invece, ci sono strategie che includono una maggiore partecipazione politica delle donne nei settori dell’economia e della transizione verso la sostenibilità, oltre che nello sviluppo e nell’attuazione dei piani di tutela ambientale e riduzione dei rischi.
La necessità di riflettere sul legame tra il ruolo delle donne e il cambiamento climatico è stata evidenziata anche durante la Cop29, che si è tenuta nel 2024 a Baku. In tale occasione infatti, è stato deciso di sviluppare un nuovo piano d’azione sulle questioni di genere, che sarà discusso durante la Cop30, che si svolgerà a fine 2025 in Brasile.
Fonti e approfondimenti
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