L’Egitto che soffoca il giornalismo

Un murales in Egitto in protesta contro la censura
@Gigi Ibrahim - Flickr - License CC BY 2.0

Continuano ad arrivare notizie sempre più preoccupanti dall’Egitto dove, dopo l’arresto il primo maggio di alcuni giornalisti avvenuto durante un blitz all’interno del loro sindacato, si è deciso di condannare a morte due giornalisti di Al-Jazeera accusati di spionaggio a favore del Qatar.

La sentenza definitiva avrà luogo il 18 giugno ma questo avvenimento ha infiammato ancora di più gli animi in un Paese già più volte accusato di mancanza di libertà di stampa e di espressione.

Negli ultimi mesi, anche nel nostro Paese, si è spesso sentito parlare di Egitto in relazione al caso Regeni, ricercatore italiano rapito il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir, e ritrovato morto il 3 febbraio successivo.

Come si può dunque facilmente comprendere sono molti i casi in cui le autorità egiziane stentano a collaborare mentre sono in crescita i casi di molestie, arresti e torture a danno di giornalisti e ricercatori. Tutti dati che hanno portato l’Egitto ad essere definito “la seconda peggior prigione per giornalisti al mondo”, in accordo con il “CPJ’s Prison Census” stilato appunto dalla Committee to Protect Journalists.

Venendo ai fatti più recenti, sono molte le manifestazioni in questi giorni soprattutto a seguito dell’arresto del primo maggio che ha portato all’incarcerazione di alcuni giornalisti del sito web Yanair. Il blitz appena descritto, effettuato durante un sit-in di protesta dei giornalisti, è stato duramente attaccato e definito come illegale.
Su questo fatto si sono espressi molto duramente anche i coordinatori del CPJ sottolineando come in Egitto si stia abbandonando ogni sorta di ritegno per mettere a tacere i giornalisti.
Le proteste e manifestazioni si stanno intensificando sotto lo slogan de “La dignità dei giornalisti è una linea rossa” e la notizia arrivata intorno all’11 Maggio della condanna dei due reporte di Al Jazeera è andata a rendere ancora più tesa la situazione.

Ogni anno l’organizzazione non governativa (ONG) Freedom House stila dei report riguardanti i vari livelli di libertà nei diversi paesi del mondo.

Come si può ben vedere in questi report i livelli di libertà della stampa sono molto bassi e ciò porta il Paese ad essere inserito nella schiera degli Stati non liberi. Inoltre, come abbiamo già visto, anche il CPJ ha inserito l’Egitto come peggiore Stato per quanto riguarda la detenzione dei giornalisti con circa 30 reporter incarcerati da dicembre, secondo solo alla Repubblica Popolare Cinese.

La politica perseguita dal presidente Abdel Fattah al-Sisi ha, nell’ultimo anno, messo a tacere sempre più opinioni dissidenti e portato ad attacchi fisici e psicologici nei confronti dei giornalisti provenienti sia da agenti incaricati sia da normali cittadini.
A questa situazione già precaria si è andata ad aggiungere una legge antiterrorismo che, de facto, va a limitare di molto la capacità dei giornalisti di riportare fatti e notizie relative alla sicurezza nazionale.

Per quanto attiene alla parte legale, in Egitto, dal 2014, è stata adottata una costituzione che de iure conterrebbe molte disposizioni a favore della libertà di espressione e di accesso alle informazioni. Gli articoli a riguardo sono molti e spaziano dalla libertà di opinione, al libero accesso ai documenti ufficiali fino ad arrivare ad articoli a tutela contro la censura.

Nonostante ciò si è trovato però un modo per sviare questi articoli e rendere l’intero blocco di protezioni molto ambiguo. Vi è infatti la possibilità di censurare i media “in tempo di guerra o di mobilitazione generale” (art.71) e, nonostante siano eliminate le pene detentive per reati relativi al mestiere proprio dei giornalisti, è possibile essere reclusi per reati inerenti alla incitamento alla violenza, la discriminazione e la diffamazione. Si può infatti arrivare a condanne fino a cinque anni di carcere  per blasfemia, o se si “sfrutta la religione per diffondere idee estreme ai fini di incitare alla lotta o provocare danni all’unità nazionale”.

Dai dati relativi agli ultimi mesi si può notare come sia stato molto facile per le autorità trovare una copertura a livello giuridico per continuare ad arrestare e perseguire i giornalisti. La situazione si è andata ad aggravare con l’entrata in vigore della legge antiterrorismo che va a limitare notevolmente il campo di azione dei giornalisti stessi. Questa situazione va peggiorando. Il governo sta lavorando per aumentare le proprie capacità di sorveglianza elettronica nascondendosi dietro la necessità di controllare e difendere gli egiziani da eventuali attacchi informativi.

Tutti i piani previsti dalla costituzione del 2014, come la creazione di un organo per regolare i vari media indipendenti, non sono stati attuati e vanno molto a rilento.
Si assiste inoltre all’implemento di leggi molto restrittive nei confronti delle ONG che si battono a tutela dei diritti e della libertà di espressione dei giornalisti, tra cui emerge il decreto firmato dal presidente nel 2014 al fine di vietare tutti i finanziamenti esteri che possono danneggiare l’interesse nazionale. Tra questi rientrerebbero anche quelli dedicati alle ONG.

Per quanto attiene invece il dato più strettamente politico ed economico, anche qui le cifre sono preoccupanti.

Le principali testate giornalistiche vengono indirizzate verso un pieno appoggio del governo andando a reprimere e sopprimere qualsiasi fonte considerata critica.
Nel territorio egiziano non esistono testate che vanno ad opporsi al governo e chi prova a farlo o a scrivere notizie che potrebbero andare ad intaccare quella che viene definita la “sicurezza nazionale” rischia multe elevate o il carcere.

L’AFTE, ONG egiziana,  ha documentato decine di attacchi fisici contro i giornalisti nel 2015, commessi sia da forze dell’ordine che civili. E sono molte le testimonianze di giornalisti detenuti senza accusa che hanno riferito di aver subito torture durante il periodo di detenzione.

A questa situazione già complicata si va ad aggiungere il fatto che su 89 milioni di persone la circolazione delle testate più importanti non raggiunge il milione. In questo ambiente così ristretto e controllato, i social media come Facebook assumono un’importanza fondamentale nonostante l’accesso alla rete internet sia difficoltoso in molte parti del Paese ed, essendo spesso di proprietà governativa, viene interrotto nei periodi considerati “caldi”. 

Inoltre, anche se i vari siti non sono ufficialmente controllati ed ufficialmente non viene effettuato un blocco o filtraggio dei contenuti. Si assiste ad un incremento netto dell’autocensura tra gli egiziani che vogliono evitare di finire nel mirino delle forze dell’ordine il che porta anche ad una diminuzione di attivismo digitale ed organizzazione politica sul web.

Sono state portate avanti infatti, oltre alla legge antiterrorismo approvata nell’agosto 2015, anche leggi contro il Cyber-crime che potrebbero ipoteticamente essere utilizzate per reprimere chiunque si opponga al governo e che prevedono multe fino a 450’ooo dollari e reclusioni che possono arrivare all’ergastolo. Entrambe hanno trovato una fervente opposizione da parte dei vari attivisti locali e delle ONG per i diritti umani.

Nel  2014, l’Egitto aveva già istituito l’Alto Consiglio per la sicurezza informatica (HCC) per proteggere la nazione da attacchi informatici. L’HCC è composto da rappresentanti di vari ministeri, della banca centrale e del servizio di intelligence ed è guidato dal Ministro delle comunicazioni. La preoccupazione principale sta come sempre nel fatto che  l’HCC potrebbe essere utilizzato per monitorare le attività politiche di chi critica il governo.

Gli appelli del CPJ continuano a crescere così come crescono le richieste all’interno del Paese per una maggiore libertà di espressione mentre si susseguono proteste sia interne sia a livello internazionale per la scarcerazione dei giornalisti di Yanair ed in vista del 18 Giugno per il processo dei due corrispondenti di Al Jazeera.

 

Fonti ed approfondimenti:

https://freedomhouse.org/report/freedom-press/2016/egypt

https://freedomhouse.org/report/freedom-net/2015/egypt

http://www.tpi.it/mondo/egitto/egitto-condanna-morte-6-persone-2-giornalisti-al-jazeera

CPJ Census –  https://cpj.org/imprisoned/2015.php#egypt

https://www.cpj.org/2016/05/egypt-police-raid-journalists-syndicate-arrest-two.php

https://www.cpj.org/2016/04/attacks-on-the-press-breaking-the-silence.php

https://cpj.org/2016/05/egyptian-court-recommends-death-penalty-for-three-.php#more

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