La segregazione nelle scuole in Bosnia-Erzegovina

Articolo a cura di Francesca Romana Salomone

A più di vent’anni dalla fine della guerra in Bosnia (1992-1995), il sistema scolastico locale risente ancora oggi delle divisioni e delle fratture etniche lasciate in eredità dal conflitto.

La guerra in Bosnia ebbe fine nel 1995 con gli Accordi di Dayton, stipulati sotto l’egida della comunità internazionale, dai rappresentanti delle tre popolazioni principali del Paese: Slobodan Milošević, presidente della Serbia, Franjo Tudjman, presidente della Croazia, e Alija Izetbegović, presidente della Bosnia-Erzegovina.

Tali accordi hanno previsto per la Bosnia una soluzione sui generis, secondo la quale il Paese è stato articolato su base federale e organizzato politicamente e amministrativamente in due distinte entità: la Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina, a maggioranza serba, e la Federazione di Bosnia-Erzegovina, a maggioranza croato-musulmana, a sua volta suddivisa in dieci cantoni (5 a maggioranza musulmano bosniaca, 3 a maggioranza croata, 2 a composizione mista). La rinnovata fisionomia della Bosnia-Erzegovina è quindi una realtà estremamente frammentata che ricalca a livello territoriale le divisioni etnico-religiose della popolazione.

Tali fratture sono ancora oggi rintracciabili all’interno del sistema educativo bosniaco-erzegovese. Le istituzioni scolastiche in Bosnia-Erzegovina sono organizzate secondo un sistema scolastico tricefalo, che affida l’educazione ad una gestione ripartita a livello locale tra le tre distinte realtà della Bosnia: la Repubblica Serba, i cantoni croati della Federazione e quelli bosgnacchi (musulmano bosniaci). Si tratta di un sistema educativo fortemente eterogeneo, all’interno del quale le scuole sono amministrate in maniera diversa in ciascuna delle singole porzioni territoriali in cui si divide il Paese.

Mentre la Repubblica Serba, in cui è forte il dominio etnico del gruppo maggioritario serbo, ha mantenuto un controllo centralizzato sull’educazione, la Federazione di Bosnia-Erzegovina, condivisa da croati e bosgnacchi, ha optato per una giurisdizione a livello cantonale del sistema scolastico, in modo tale che ciascun cantone possa attuare una disciplina dell’educazione funzionale alla salvaguardia dei valori culturali su cui si fonda la propria identità nazionale.

Tale ripartizione dei livelli di gestione dell’educazione su base federale, cantonale e municipale, è prescritta dall’Art. 3 della Sez.V della Costituzione della Bosnia-Erzegovina, che autorizza ciascun cantone a delegare la propria giurisdizione sull’educazione alle realtà municipali sottostanti; autorizzazione che diventa obbligatoria per tutte quelle municipalità in cui la maggioranza nazionale locale non corrisponde a quella su scala federale.

In sintesi, il servizio scolastico viene offerto agli studenti in maniera diversa a seconda della loro appartenenza etnica, in quanto ciascuna popolazione ha il diritto di disciplinare autonomamente un settore, quello scolastico, da cui dipende fortemente la trasmissione dei valori di riferimento della propria cultura.  Questo però ha inevitabilmente delle conseguenze negative in termini di integrazione e di rimarginazione delle profonde fratture etniche sancite dalla guerra.

Secondo un accordo stretto nel 2002 dai Ministri dell’Educazione di entrambe le entità, a ciascuna popolazione deve essere assicurata una “educazione adeguata” in cui sia garantito l’insegnamento delle cosiddette “materie nazionali” (quali storia, religione, geografia, arte e letteratura), definite tali in quanto importanti veicoli di trasmissione dei valori fondamentali della cultura di ciascun gruppo.

Il rispetto del diritto delle minoranze di ricevere un’educazione “etnicamente corretta”, che tuteli le specificità culturali di ciascuna minoranza, ha finito però per normalizzare lo stato di separazione nonché di segregazione degli studenti bosniaco-erzegovesi, ed ha esposto le scuole stesse al rischio divenire un potente strumento nelle mani dei nazionalismi locali, attraverso cui ottenere il controllo dell’opinione pubblica. 

Nei luoghi in cui non è presente il dominio etnico di un’unica popolazione si è risolto il problema, nel 2002, sottoponendo alcune scuole al programma “due scuole sotto lo stesso tetto”, volto a garantire la divisione su base etnica degli studenti anche all’interno delle medesime strutture scolastiche.

Secondo tale programma, la cui durata sarebbe dovuta essere temporanea, ma che in molti casi si è rivelata indeterminata (molte scuole rispettano ancora tale politica di separazione), gli studenti di etnie differenti frequentano le lezioni in classi separate e con professori diversi, seppur all’interno dello stesso edificio. Si tratta di una divisione accurata, garantita anche dalla gestione di orari d’ingresso e d’uscita differenti che precludano gli studenti dall’incontro e dal contatto inter-etnico. Il fenomeno delle “due scuole sotto lo stesso tetto” è un vero e proprio caso di segregazione sociale, basato ancora oggi sulla “appartenenza etnica” degli studenti.

Oltre alla divisione fisica, inevitabile nei cantoni monoetnici della Bosnia, ma artificiale in quelli multietnici, attraverso il sistema delle scuole sotto lo stesso tetto, gli studenti sono sottoposti a differenze di tipo curricolare; anche i programmi scolastici sono diversi. La forte caratterizzazione etnica dell’insegnamento fa sì che i libri di testo siano differenti per ciascuna delle tre popolazioni del Paese. A partire dalla fine della guerra, i libri di testo in Bosnia-Erzegovina hanno rappresentato un importante strumento nelle mani delle élites nazionaliste locali, per fornire agli studenti informazioni selezionate o filtrate che assecondassero gli interessi e i valori del proprio gruppo etnico di riferimento.

In un libro scritto per il quarto anno di scuola elementare, Poznavanje drustva (“La conoscenza della società”), in adozione nella Repubblica Serba nel 2001, risultava completamente negata l’esistenza della Bosnia-Erzegovina e la Repubblica Serba era rappresentata sulla cartina geografica al fianco della Federazione Jugoslava (non più esistente). I bambini di scuole diverse ricevono dunque rappresentazioni differenti, spesso conflittuali, di una stessa realtà, con il grave rischio di minimizzare completamente il senso d’appartenenza ad un unico Paese, la Bosnia-Erzegovina, che rappresenterebbe invece una base comune – attraverso la condivisione della medesima nazionalità bosniaca, invece che serba, croata o bosgnacca – da cui partire per il superamento delle divisioni “etniche” rafforzate dalla guerra e mantenute negli anni successivi.

Sebbene tale organizzazione del settore scolastico, all’insegna della separazione, sia volta alla salvaguardia dei diritti culturali di ciascun gruppo etnico-religioso, una simile situazione ha come diretta conseguenza quella di creare le basi per la reiterazione nel tempo delle ostilità etniche tra le generazioni più giovani, piuttosto che per la rimarginazione delle stesse. La situazione risulta particolarmente pericolosa nel momento in cui il principio di salvaguardia delle culture diventa una vera e propria arma nelle mani dei nazionalismi: non stupiscono, all’interno di un tale stato di assuefazione alla politica della separazione, le parole del Ministro dell’Educazione del Cantone Centrale della Bosnia in carica nel 2007, Greta Kuna, secondo cui, in riferimento ai bambini di diversa appartenenza etnica, “non si possono mettere insieme mele e pere. Le pere vanno con le pere e le mele con le altre mele”.

La politica della pulizia etnica portata avanti durante la guerra ha lasciato alla popolazione bosniaca, oltre che un esorbitante e ingiustificabile numero di morti, una divisione su base etnica di territori che prima del conflitto erano multi-etnici, multi-culturali e multi-religiosi. Bosgnacchi, serbi e croati vivono ora in una situazione di isolamento e separazione i cui presupposti trovano supporto nell’educazione scolastica stessa, orientata verso la consacrazione delle differenze nazionali tra popoli (serbi, croati e bosgnacchi) piuttosto che verso l’esaltazione di una comune appartenenza nazionale bosniaca.

 

Fonti e Approfondimenti:

http://www.ispionline.it/it/articoli/articolo/europa/gli-accordi-di-dayton-14230

http://www.limesonline.com/lo-stallo-instabile-la-bosnia-erzegovina-20-anni-dopo-dayton/76496

http://unesdoc.unesco.org/images/0011/001171/117188e.pdf

https://rpd.unibo.it/article/viewFile/4685/4177

http://www.unicef.org/bih/media_21050.html

http://www.tpi.it/mondo/bosnia-erzegovina/scuole-a-met

http://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Un-tetto-per-tre-35301

http://www.eastjournal.net/archives/75845

http://www.balcanicaucaso.org/zone/Bosna-i-Hercegovina/Bosnia-Erzegovina-a-scuola-di-separazione-89607

http://www.eastjournal.net/archives/9127

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