Prima di cadere sotto le mani del califfato nel 2014, Mosul era abitata da più di 2 milioni di persone. Oggi, dopo due anni di amministrazione jihadista, la città è circondata dalle forze di liberazione. La battaglia di Mosul è cominciata e circa un milione di abitanti saranno, purtroppo, i tristi spettatori dell’assedio.
Tantissimi cittadini sono già fuggiti e nei prossimi mesi molti altri faranno lo stesso. Secondo l’agenzia ONU per i rifugiati, l’esodo che si verrà a creare sarà la più grande crisi di rifugiati mai generata da azioni umane. Questa è la situazione, stando ai recenti sviluppi:
- Circa 20’000 sfollati hanno bisogno di assistenza, garantita per ora da vari operatori in campi d’accoglienza preparati per il primo soccorso.
- Garantire cibo ai rifugiati è per ora la priorità nelle aree di accoglienza.
- Un enorme numero di sfollati è rimasto coinvolto in esplosioni causate dalle trappole piazzate da Daesh intorno alla città.
- La crisi sanitaria è particolarmente grave, molti fattori rendono complicata la gestione dei campi d’accoglienza. Da un lato i centri d’accoglienza sono sempre più affollati, l’inverno sta per arrivare e sarà importante proteggere anziani e bambini. Inoltre i jihadisti hanno dato fuoco alle condutture petrolifere e alle raffinerie, causando una perenne coltre di fumi tossici che stanno avvelenando l’aria della regione.
I civili si dirigono principalmente verso sud, circa due terzi di questi si sono rifugiati presso Al Quayyarah, mentre molti continuano il viaggio fino a Falluja. E’ previsto un grande flusso di sfollati anche verso Erbil e Ninewa, rispettivamente a est e ovest di Mosul. Resta inoltre una grossa parte di sfollati che hanno trovato rifugio in piccole comunità sparse nella regione, molto vulnerabili e prive di copertura da parte delle organizzazioni che curano la raccolta e l’assistenza degli sfollati.
Ci si aspetta un progressivo aumento del numero di sfollati. Più il fronte si stringerà intorno a Mosul, più numerosi saranno i cittadini pronti a fuggire. Già con l’avanzata dell’esercito nei quartieri periferici si assisterà al primo esodo di massa, in quanto queste zone della città sono molto popolose.
Sette nuovi campi sono stati preparati per gestire il flusso nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Le circa 9’000 tende messe a disposizione potranno ospitare circa 55’000 persone.
Le organizzazioni in prima linea per il soccorso hanno richiesto al comando militare iracheno di creare delle corsie sicure per gestire il transito di civili.
Per ora i militari sono molto attenti al controllo dei flussi, c’è infatti il timore che tra questi si possano infiltrare dei jihadisti disertori.
I soldati iracheni dopo aver liberato Falluja e Ramadi dai jihadisti hanno rinvenuto l’ultimo atto di codardia dei jihadisti, che davanti alla sconfitta hanno tagliato la loro barba (simbolo d’appartenenza all’esercito del califfato) e si sono mischiati con i rifugiati.
Stiamo assistendo all’esodo di migliaia di cittadini da Mosul, ma ancora in molti sono letteralmente prigionieri. Daesh è una bestia ferita che dimostra tutta la sua crudeltà nel momento in cui viene ferita. Dall’altro lato, tuttavia, anche l’intervento dell’esercito regolare comporterà un grande numero di vittime tra i civili.
Quello che la macchina propagandistica del califfato mostra è una città in cui,nonostante l’accerchiamento degli infedeli, la vita prosegue. Nei vari filmati vengono mostrati i mercati ricchi di prodotti, i cittadini che comprano frutta e verdura lungo la strada, come se fosse una giornata qualunque. Queste immagini sono intervallate da frammenti in cui si mostrano le scuole distrutte e i disegni dei bambini sparsi tra le macerie. Viene mostrato anche il caos lasciato da un attacco suicida di un martire verso postazioni nemiche. Un misto di orrore e serenità a cui non crede più neanche l’IS, che governa la città in tutt’altro modo.
I cittadini fuggiti da Mosul sono in molti casi restii a raccontare dettagliatamente quanto accade: sono liberi da Daesh ma non dal clima di terrore. In molti si rifiutano di raccontare ciò che accade in città, temono ripercussioni verso i loro cari rinchiusi a Mosul. E’ inoltre fortemente radicata la convinzione che ci siano jihadisti infiltrati tra gli sfollati. L’assistenza di cui i rifugiati hanno bisogno non è solo materiale, ma soprattutto psicologica. Hanno bisogno di tornare a contatto con l’umanità dopo due anni di inferno. I bambini sono i più colpiti, le loro facce spaventate, molti non hanno avuto accesso all’istruzione per due anni; una madre racconta che suo figlio ha dimenticato come si legge.
Diversi sono i casi in cui i civili si ritrovano coinvolti negli scontri. I jihadisti entrano nelle case e le usano come postazioni, soprattutto se intorno a loro si trovano abitazioni civili. I combattenti in ritirata hanno costretto interi villaggi a seguire la loro marcia verso la città, prendendo in ostaggio i cittadini. La strategia del califfato è quella di utilizzare gli abitanti come “scudi umani” ovvero far leva sulla loro presenza in zone strategiche per impedire all’esercito di utilizzare l’intero potenziale.
L’esercito non può utilizzare armi senza guida, come missili e bombe, lo Stato Islamico, che controlla ancora la città, ha come arma principale circa un milione di abitanti. Non farà un passo indietro e porterà l’esercito a impegnarsi in una guerriglia urbana. Potrebbe verificarsi un bagno di sangue se l’esercito intervenisse massicciamente con bombardamenti, non è detto che ciò non avverrà con una guerra di posizione all’interno della città.
Dall’altro lato della barricata, si sono verificati molti casi di abusi perpetuati dalle forze d’assedio. Queste vanno dal divieto di lasciare i campi, se non per cure urgenti, fino a stupri e maltrattamenti sulla popolazione. L’esercito regolare sta tentando in tutti i modi di escludere le milizie Curde e Sciite dall’amministrazione dei profughi. La tensione tra il governo e il resto della coalizione è un nodo molto intricato.
La gestione dei civili è affidata all’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, questo coordina i vari uffici ONU e le ONG per costruire una rapida e omogenea risposta a crisi umanitarie.
L’ufficio ha raccolto moltissimi dati sulla situazione dei civili a Mosul, e ha allestito i diversi campi che accolgono la popolazione in tutto il paese. Il budget annuo dell’ufficio è di 110 milioni di dollari. L’ UNOCHA sta raccogliendo i fondi necessari per gestire la crisi di Mosul, che si trova ancora ad uno stadio iniziale. Sono stati raccolti ad oggi 528 milioni di dollari, ne servono ancora 332 per finanziare totalmente il progetto. Questo comprende svariati interventi, analizzati punto per punto dal manifesto elaborato dall’ufficio.
Il team incaricato di gestire la crisi in Iraq dell’UNOCHA ha lanciato un appello. Si sottolinea quanto la crisi irachena dei civili sia sottovalutata e priva del supporto che necessiterebbe. Nell’appello si riconosce al governo di aver compito sforzi tesi a mettere in sicurezza più di 3 milioni di persone, ma allo stesso tempo si avverte che oramai questo non è più in grado di far fronte alla crisi.
La crisi, si afferma nell’appello, se mal gestita potrebbe riportare l’Iraq al punto di partenza, destabilizzando ulteriormente il paese e l’intera regione.
Fonti e Approfondimenti:
http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-37780443
http://edition.cnn.com/2016/10/17/middleeast/mosul-isis-iraq-humanitarian-crisis/