Si è da poco conclusa la finestra di riparazione del calciomercato in cui le squadre tentano di puntellare la rosa cogliendo occasioni “low cost” o giovani scommesse. Il mercato europeo in questo gennaio non ha visto manifestarsi colpi clamorosi, di quelli che fanno sognare i tifosi o aumentare le presenze allo stadio. Dall’altra parte del mondo invece, precisamente in Cina, il calcio sembra essere diventato lo sport con la S maiuscola: investimenti faraonici in ogni finestra di mercato, stipendi da capogiro, allenatori che hanno fatto la storia del calcio ed investimenti infrastrutturali volti ad aumentare la spettacolarità delle partite. Un caso?
No. La Cina, ed in particolare il suo Presidente Xi Jinping, hanno deciso di puntare le politiche sportive sullo sport più popolare del mondo occidentale. L’obiettivo è quello di primeggiare e potersi confrontare a viso aperto con le Nazionali più forti entro il 2050. E’inutile ricordare come lo sport sia da sempre uno tra i mezzi più efficaci e più utilizzati per affermare la potenza di una Nazione a livello internazionale e per rafforzare l’unità e la coesione della propria popolazione. Se per Mao Zedong lo sport era fondamentale per la crescita dello Stato, Xi Jinping sembra aver ripreso questa politica ed il calcio ne è la pietra miliare. La visibilità globale del calcio è una vetrina fondamentale per rafforzare il soft power della Cina in Occidente.
L’investimento tuttavia non riguarda solo il calcio, è un fenomeno trasversale in tutti gli sport. La conferma è il folto calendario che aspetta la Cina come Stato ospitante di eventi sportivi internazionali: dal 2004 il circuito di Shanghai ospita il mondiale di Formula 1; nel 2008 Pechino ha ospitato le Olimpiadi con una manifestazione maestosa, che ha reso arduo il compito di Londra per l’edizione successiva. Nel 2019 il mondiale di basket si svolgerà nella capitale cinese e, con molta probabilità, Pechino sarà la prima città nella storia ad ospitare sia i giochi olimpici estivi che quelli invernali nel 2022. Come si nota, gli investimenti vengono indirizzati verso quegli sport che rappresentano il vero motore dell’economia sportiva: calcio, Formula 1, basket e giochi olimpici.
Per riuscire a raggiungere tutti questi obiettivi, nel 2014 il Governo cinese ha presentato un imponente piano economico che punta ad investire ben 815 miliardi di dollari nell’industria sportiva entro il 2025. Tale strategia coinvolge qualsiasi aspetto dello sport, dalla promozione dell’attività fisica per la popolazione, passando per l’incoraggiamento di investimenti stranieri tramite l’apertura e la semplificazione dei processi di approvazione amministrativi che da sempre risultano inaccessibili a società straniere. E’ in questo contesto che un gran numero di aziende cinesi, comprese colossi assoluti come Wanda Group (la società immobiliare più grande della Cina), Alibaba e la gigantesca proprietà del gruppo Kaisa (creatrice di fondi multi miliardari indirizzati per la costruzione degli stadi) hanno investito massicciamente, sopratutto nel calcio.
Le Riforme
Andando ad analizzare più nello specifico quest’ultimo, possiamo riassumerne brevemente i contenuti delle riforme attuate dal governo: nel 2015 viene pubblicato il primo programma sulla riforma del settore calcistico, “Il piano della riforma e lo sviluppo del calcio cinese”, caratterizzato da una semplificazione istituzionale, con l’obiettivo di assicurare maggiore flessibilità e autonomia alla federazione calcistica. Nell’aprile del 2016, la Federcalcio cinese ha pubblicato il Piano 2016-2050 per lo sviluppo a medio lungo termine del calcio cinese, di cui i punti salienti sono:
- Realizzare tra il 2016 ed il 2020, 20.000 scuole calcio con 30 milioni di praticanti tra gli studenti e 50 milioni tra tutta la popolazione. Per far in modo che questo possa realmente concretizzarsi, il governo cinese ha tramutato il calcio in una materia scolastica obbligatoria sin dalla scuola primaria per entrambi i sessi. Nello stesso periodo il governo si propone di costruire 70.000 campi da calcio in modo da avere un campo da calcio ogni 10.000 abitanti entro il 2030.
- Realizzare tra il 2021 e il 2030 una riorganizzazione del del campionato calcistico in modo da aumentarne la competitività. La Nazionale maschile deve rientrare tra le prime squadre del ranking asiatico e quella femminile deve primeggiare a livello internazionale.
- Tra il 2030 e il 2050, la Cina deve diventare una delle maggiori potenze calcistiche ed il calcio sarà lo sport più popolare in tutto il Paese.
Se questa è l’ambizione del governo cinese, risulta scontato come i maggiori gruppi privati cinesi siano in prima linea nello sviluppo delle squadre della Chinese Super League: da una parte hanno la possibilità di investire con il pieno appoggio del governo, dall’altra vedono la possibilità di inserirsi in un mercato mai in sofferenza, che a differenza di tutti gli altri settori (anche nonostante la crisi) ha incrementato il suo valore e i suoi margini di profitto.
Investimenti Interni ed Espansione
Se si analizzano le proprietà delle principali squadre della Super League, quanto appena detto viene facilmente confermato. Il Guangzhou Evergrande, attualmente la squadra più forte del campionato e tra le più forti in tutto il continente asiatico, è detenuta per il 60% dall’Evergrande Real Estate Group (seconda società immobiliare cinese per numero di proprietà che negli ultimi anni è diventata una vera e propria conglomerata espandendosi anche in altri settori come quello energetico, assicurativo e agroalimentare) e per il 40% da Alibaba (la maggior compagnia di commercio online del mondo) che, tra l’altro, possiede una quota di minoranza proprio della Evergrande Group. Jack Ma, fondatore di Alibaba e Xu Jiayin, fondatore dell’Evergrande Real Estate Group, sono rispettivamente primo e secondo tra gli uomini più ricchi della Cina. Lo Jangsu Suning, secondo nell’ultimo campionato, è di proprietà della Suning Appliance Group, anch’essa attiva nel settore immobiliare e tra le maggiori azioniste della grandissima catena di vendita al dettaglio Suning Commerce.
Il secondo azionista della Suning Appliance Group, Zhang Jindong, possiede (con il 100% delle azioni) la Suning Holdings Group. Questa gruppo è esattamente quello che nella scorsa estate ha acquisito la quota di maggioranza dell’Inter (66,55% delle azioni). Questo è un altro punto fondamentale quando parliamo di calcio in Cina: gli investimenti infatti non vengono relegati esclusivamente al campionato cinese, ma si espandono a macchia d’olio in tutto il globo e mirano ad acquisire club non di seconda fascia, bensì società ben avviate e con una storia alle spalle.
L’Inter lo abbiamo già citato, l’Atletico Madrid e l’Olympique Lione hanno venduto il 20% delle quote rispettivamente al gruppo Wanda e all’IDG Capital Partners. Il Nizza è per l’80% in mano ad un gruppo di investimento cinese-statunitense. Lo Slavia Praga è di maggioranza del gruppo energetico cinese CEFC, così come la seconda squadra di Barcellona, l’Espanyol, ha come socio di maggioranza il gruppo Rostar, principale rivenditore di auto in tutta la Cina. L’Aston Villa, club inglese, è passata da mani statunitensi all’imprenditore cinese Tony Xia fondatore del Recon Group. Queste sono solo alcune delle squadre più importanti passate in mano cinese. L’unica eccezione in campo europeo è la Germania che ha volontariamente precluso la possibilità a investitori cinesi di entrare nella Bundesliga.
Tornando in Italia, il 3 marzo ci dovrebbe essere il closing per il passaggio del Milan dal gruppo Fininvest alla Sino Europe Sports, anch’esso gruppo di investimento cinese tra cui uno dei maggiori investitori è un fondo statale: si tratta di Haixia Capital, società controllata dallo Stato che si occupa di investimenti nelle infrastrutture nell’area del Fujian, la provincia sud-orientale cinese di cui è capoluogo. A capo di Haixia Capital c’è Lu Bo, che nella sua carriera si è occupato di investimenti statali cinesi.
Ecco un altro punto fondamentale che ci riporta alla chiave di tutto il discorso iniziale: è lo stesso governo cinese a spingere gli investimenti nell’industria calcistica come mezzo per un ulteriore affermazione in campo internazionale. Questo meccanismo viene effettuato sia tramite fondi o società private, sia attraverso società private con quote di minoranza in mano allo Stato, sia con società di cui la maggioranza delle azioni è in mano ad esso. Non dobbiamo mai scordare che il governo cinese seppur abbia aperto l’economia, mantiene un ruolo fondamentale in qualsiasi gruppo cinese e nelle scelte economiche da questi effettuate.
Non sorprende dunque che scorrendo la classifica della Super League, troviamo in terza posizione lo Shanghai Sipg, detenuta dal gruppo Shanghai International Port (operatore esclusivo di tutti i terminal pubblici del Porto di Shanghai) di cui il maggior azionista è il governo municipale di Shanghai con il 60% delle quote e in quarta posizione lo Shanghai Greenland Shenua detenuto dal Greenland Group, di cui il maggior azionista è ancora il governo municipale di Shanghai. Nella massima serie cinese ci sono anche società totalmente in mano a società statali come il Beijing Guo’an in mano al CITC Group e il Tianjin Teda in mano al Tianjin TEDA Group.
In un contesto di questo genere, non sorprende il contratto da 38 milioni all’anno per Carlos Tevez (ex stella della Juventus), o i 25 milioni per Oscar (ex del Chelsea a cui sono andati 70 milioni per il trasferimento), o i 15 milioni all’anno per Graziano Pellè (attaccante della Nazionale italiana). Non stupisce nemmeno che il belga Axel Witzel, nonostante si fosse accordato con la Juventus per un suo trasferimento a giugno, abbia ceduto all’ingaggio di 18 milioni offertogli dal Tianjin Quanjian, squadra allenata da Fabio Cannavaro.
Un’ulteriore spiegazione per queste cifre spropositate risiede nel fatto che per regolamento le squadre cinesi possono ingaggiare al massimo 4 giocatori stranieri all’interno della rosa. Questa restrizione comporta un aumento considerevole nel prezzo dei cartellini dei giocatori di origine cinese. Dunque i club cinesi, trovandosi costretti a sborsare decine di milioni per l’acquisto di un calciatore cinese (oggi ancora decisamente inferiori a quelli europei e sudamericani), sono disposti a sborsare svariati milioni per acquistare quei 4 giocatori stranieri che realmente riescono a portare un impatto decisivo nella squadra.
Conclusioni
Il governo cinese ha lanciato la sua sfida e almeno per il momento sembra possedere le possibilità economiche sia per sviluppare il calcio nazionale, sia per penetrare in quello europeo e sudamericano. Sicuramente l’acquisto di stelle (giocatori ed allenatori) da altri campionati ha aumentato l’attrazione degli spettatori cinesi per questo sport, secondo le ultime statistiche del 2016 la percentuale dei cinesi interessati al calcio è arrivata al 31% nel giro di tre anni. Tuttavia, la vera sfida di Xi e della Cina sarà quella di creare all’interno della società cinese una vera e propria cultura calcistica che comprende, tra l’altro, il tifo organizzato e l’attaccamento viscerale dei tifosi ai colori della propria squadra. Questa è una componente che non si può comprare sul mercato ed è da questo che dipende la riuscita della strategia cinese, perché senza il tifo il calcio non esiste.
Fonti e Approfondimenti:
Il SOGNO CINESE 中国梦 STORIA ED ECONOMIA DEL CALCIO IN CINA – Nicholas Gineprini
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Fai clic per accedere a 2016-Nielsen-Sports-China-and-Football.pdf
https://www.theguardian.com/football/blog/2016/feb/06/china-football-revolution-world-cup
http://www.milanofinanza.it/news/chi-e-sino-europe-sports-201608051449486614
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