Incastonato tra Arabia Saudita, Iraq e Iran il Kuwait è uno stato di modeste dimensioni con una popolazione di circa 4 milioni di abitanti. Nonostante le dimensioni fisiche e demografiche, i numeri raggiungono quote considerevoli quando si vanno ad analizzare valori come la ricchezza, i livelli di produzione, investimenti e sviluppo.
La scoperta di enormi giacimenti petroliferi ha luogo negli anni ’30 del XXI secolo e lungo i decenni successivi, fino ad oggi, questa materia prima ha trainato lo sviluppo del paese. Uno dei fattori che contribuisce alla fama di apertura e democraticità del Kuwait è la sua costituzione, introdotta negli anni ’60. Nonostante sia riconosciuta la necessità di interventi drastici sul piano politico-istituzionale, la costituzione del 1962 ha garantito e garantisce tutt’oggi al paese un buon sistema di bilanciamento dei poteri.
La dinastia degli al-Sabah detiene in potere sin dal XVIII secolo. Sabah Al-Ahmad Al-Jaber Al-Sabah attuale monarca è stato ministro degli affari esteri dagli anni ’60 fino al 2003, l’Emiro era al vertice del paese già durante l’invasione irachena del 1990 e ha avuto un ruolo di primo piano nella ricostruzione del paese e nella normalizzazione dei rapporti con gli stati vicinanti. Nel 2003 il Kuwait è stato il punto strategico da cui far partire l’invasione statunitense dell’Iraq. Nel 2006 è morto l’Emiro Jaber al-Sabah, la breve parentesi di Saad ci fa comprendere quanto il parlamento disponga di alcuni importanti poteri, in questo caso quello di sostituire l’emiro. Dati i problemi di salute del nuovo monarca, il parlamento ha votato la sua destituzione, aprendo le porte al regno di Sabah.
Una monarchia costituzionale
Il Kuwait è dunque una monarchia costituzionale, il parlamento è il più antico delle assemblee elettive tra gli Stati Arabi. Come abbiamo già detto l’Emiro è il capo di Stato e trasmette la carica in via ereditaria. Il governo è formato da un primo ministro e da un consiglio dei ministri, il quale deve contenere almeno un membro del parlamento. Quest’ultima istituzione, Majlis al-Umma, ha il potere di destituire il primo ministro o qualsiasi membro del consiglio grazie a una serie di procedure costituzionali, sempre secondo la norma base del paese tutti i ministri sono responsabili non davanti al re ma davanti all’assemblea.
Questo rapporto bilanciato tra monarchia e parlamento si concretizza in alcuni punti, come ad esempio:
- Qualsiasi emendamento costituzionale può essere proposto dall’Emiro ma deve essere approvato da più di due terzi dell’assemblea.
- L’assemblea può rimuovere il sovrano
- Qualora la dinastia regnante (nel dettato costituzionale si parla esplicitamente di al-Sabah) vada a designare il successore del monarca in carica, questo dovrà essere approvato dal parlamento, e in caso non raggiunga la fiducia il legittimo erede sarà scelto da una lista stilata dalla stessa dinastia.
- L’Emiro può porre un veto alle leggi dell’assemblea, che l’assemblea può superare con un voto dei due terzi.
Date tali premesse non sono stati rari i casi di conflitto tra Monarchia-Governo e Parlamento. Quest’ultimo è stato sospeso più volte: dal 1976 al 1981, dal 1986 al 1991, per alcuni mesi del 1999, nel 2009 e infine nel 2016.
Più dei due terzi dei residenti in Kuwait non hanno la cittadinanza e quindi neanche il diritto di voto. Prima del 2005 solo il 15% dei cittadini aveva questo diritto, nel progressivo aumento dell’elettorato il parlamento ha inserito anche le donne, che ora hanno diritto all’elettorato attivo e passivo. L’ingresso delle donne nelle istituzioni e nelle assemblee rappresentative ha visto diverse tappe:
- Nel 2005 Massouma Mubarak è stata la prima donna alla guida di un ministero
- Le elezioni del 2008 hanno visto 27 donne candidate, nessuna delle quali ha conquistato un seggio.
- Le elezioni del 2009 hanno visto 16 donne candidate, quattro delle quali hanno raggiunto il risultato sperato divenendo così le prime donne elette al parlamento del Kuwait.
I partiti nel paese esistono solo di fatto, in quanto sono solo formalmente vietati. Nel Majlis esistono blocchi parlamentari che rispondono a precise logiche rappresentative portando avanti interessi, ideologie e “fratture” della società.
Partiti secolari:
- Progressive Kuwaiti Movement
- National Democratic Alliance
- Kuwaiti Democratic Forum
- Popular Action Movement
- Popular Action Bloc
- Civil Democratic Movement
- Youth Associacion of Kuwait
Islamisti Sunniti:
- Hadas, Fratelli Mussulmani in Kuwait
- Islamic Salafi Alliance
Islamisti Sciiti:
- National Islamic Alliance (radicali)
- Justice and Peace Alliance (moderati)
Libertà di stampa
Il paese detiene uno tra i più alti livelli di libertà di stampa nella regione mediorientale, tale record tuttavia va incontro a evidenti contraddizioni che “Freedom House” nel suo rapporto descrive.
Il rapporto del 2016 giudica come “parzialmente libera” la stampa del paese, con un punteggio di 59/100 per quanto riguarda libertà di stampa e 20/30 per quanto riguarda i sistemi legali a difesa del diritto.
La libertà di espressione è tutelata dagli articoli 36 e 37 della costituzione, ma solo nei modi e nelle condizioni definite dalla legge ordinaria. Il legislatore ha dunque operato entro i margini costituzionalmente previsti con degli interventi che di fatto bloccano e sanzionano alcune scelte editoriali. E’ proibito criticare l’Emiro, rivelare informazioni segrete o private e pubblicare testi che incitino il rovesciamento del regime. Criticare l’Islam comporta pene superiori a un anno e multe fino a €70’000. Nel caso in cui un illecito venga compiuto da un autore anche l’editore è responsabile.
Dal 2015 anche internet è stato sottoposto a nuove leggi le quali comportano misure restrittive della libertà di espressione nel web. L’articolo 6 della “cybercrime law” equipara la legislazione del web a quella su carta in materia di pene. Inoltre il Kuwait non ha nessuna legge che garantisca il diritto di accedere a documentazioni officiali.
Il Governo può censurare libri, film e quotidiani considerati moralmente offensivi. Oltre alle misure legali, sono frequenti atti di violenza fisica e tortura da parte delle forze dell’ordine verso i giornalisti.
L’immigrazione e lo sfruttamento dei lavoratori
Abbiamo visto come buona parte dei residenti in Kuwait non siano in realtà cittadini, gran parte sono lavoratori provenienti dall’estero. Questo enorme numero di immigrati nel paese è tollerato dai cittadini Kuwaitiani non per benevolenza ma per un istituto criticato dalle organizzazioni a difesa dei diritti umani, la “Kafala”.
I lavoratori provenienti dall’estero, nello specifico lavoratori poco qualificati che svolgono attività umili, sono totalmente dipendenti dai loro datori di lavoro. Un lavoratore proveniente dall’estero deve avere uno “sponsor” Kuwaitiano che è responsabile del suo permesso di soggiorno e del suo status legale. Molti datori di lavoro abusano di questa posizione, impedendo anche ai lavoratori di lasciare il paese. Contromisure legali sono assenti e poco efficaci tanto da far lievitare sempre di più l’abuso di questi lavoratori. La pratica della Kafala è contraria a diverse convenzioni internazionali riguardanti la tutela dei lavoratori, la schiavitù e i diritti dei minori.
Nei paesi del Goulf Cooperation Council sono circa 25 milioni gli stranieri che vivono e lavorano sotto questo regime proveniente dal diritto islamico (Kafala vuol dire adozione). Il Quatar nel 2016 è stato l’unico stato del GCC a iniziare un processo che porterà alla fine della Kafala.
Fonti e approfondimenti:
http://www.constitutionnet.org/country/constitutional-history-kuwait
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