Dopo giorni di agitazione e scontri tra le due comunità religiose, quella buddista e quella musulmana, il governo dello Sri Lanka, lo scorso 6 marzo, ha deciso di proclamare lo stato di emergenza. Il 75% della popolazione è di religione buddista, ma esistono anche altre comunità, quali ad esempio quella cristiana, induista e per l’appunto quella musulmana che è composta da circa il 9% dell’intera popolazione. Gli scontri tra le due parti esistono ormai da decenni ma, all’indomani della fine della guerra civile nel 2009 dove persero la vita circa 100 mila persone, si sono intensificati; la comunità buddista accusa la minoranza musulmana di costringere la popolazione ad una conversione all’islam e di vandalizzare siti archeologici buddisti. Inoltre negli ultimi mesi alcuni nazionalisti buddisti hanno iniziato a protestare a causa della presenza in Sri Lanka di richiedenti asilo di etnia Rohingya provenienti dal Myanmar.
In particolare però la decisione di proclamare lo stato di emergenza rappresenta il tentativo di fermare la violenza esplosa qualche giorno fa a seguito dell’accusa nei confronti di un gruppo di musulmani considerati responsabili dell’uccisione di un uomo appartenente alla maggioranza buddista. Per vendicare l’uccisione dell’uomo sono stati incendiati negozi di proprietà musulmana e alcune moschee, di conseguenza vi è stata, all’inizio, l’imposizione del coprifuoco in due città, ma poco dopo, per evitare la diffusione di sommosse in tutto il paese, si è optato per la dichiarazione dello stato di emergenza, che è stato revocato il 18 marzo dal presidente Maithripala Sirisena, il quale ha dichiarato che la sicurezza pubblica è stata restaurata. Le Nazioni Unite sono intervenute lo scorso 11 marzo, condannando il comportamento della maggioranza buddista nei confronti dei musulmani.
Che cos’è lo stato di emergenza? Da chi viene regolato a livello internazionale?
Lo “stato di emergenza” viene considerato come ultima misura adottata da un governo per restaurare l’ordine in tempo di guerra, in caso di insurrezione generale e disordini o anche a seguito di disastri naturali. Soffermandoci su tale concetto si può fare riferimento ad esso su un duplice livello, quello nazionale e quello internazionale. Nel diritto internazionale lo stato di emergenza è regolato dall’art.4 della Convenzione sui diritti civili e politici del 1966, secondo il quale “in caso di pericolo pubblico eccezionale, un Paese può adottare delle misure che deroghino agli obblighi previsti dalla Convenzione, nei limiti in cui la situazione lo richieda. Tali misure non devono essere incompatibili con gli altri obblighi imposti dal diritto internazionale e non devono comportare discriminazioni di alcun tipo. Inoltre, lo Stato di emergenza non deroga la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, né divieti assoluti quali quelli di tortura, schiavitù e trattamenti inumani. Nel caso in cui una Nazione nomini lo Stato di emergenza, deve darne immediata notizia al Segretariato delle Nazioni Unite e agli altri Paesi firmatari della Convenzione. Nella comunicazione devono essere indicate le informazioni e le misure che verranno adottate durante il periodo proclamato e il motivo di tale scelta. Una nuova comunicazione deve essere fatta, per lo stesso tramite, alla data in cui la deroga viene fatta cessare.”
Per quanto riguarda, invece, il piano nazionale ogni Stato prevede, all’interno della propria legislazione, delle misure riguardanti l’eventuale scelta di derogare agli obblighi per salvaguardare il proprio territorio, il quale stia vivendo un periodo complicato a causa di minacce interne o esterne; come esempio si può far riferimento alla Francia e allo stato di emergenza emanato a seguito degli attacchi terroristici a partire dal 2016.
Il caso indiano: lo stato di emergenza come strumento per mantenere il potere
Lo stato di emergenza è stato nel corso degli anni anche utilizzato come strumento da parte dei presidenti o primi ministri per evitare e posticipare il proprio allontanamento del governo. È stato questo il caso di Indira Gandhi, primo ministro dell’India, che proclamò lo stato di emergenza nel 1975 e lo trascinò fino al 1977, apparentemente per far fronte alla nascita e alla diffusione di movimenti di opposizione ma in realtà per rimanere al potere dal momento che durante il periodo in cui lo stato di emergenza è in vigore il governo non può essere sciolto. Nella lunghissima costituzione indiana, composta da 395 articoli e 12 allegati, lo “stato di emergenza” è disciplinato dall’art.352 secondo cui in caso di aggressione esterna o insurrezione interna esso può essere proclamato nell’intero territorio o solo in parti di esso. Lo stato di emergenza in India sconvolge l’assetto quotidiano e permette di intervenire con leggi federali in materie in realtà riservate allo stato, sospende molte garanzie e prevede l’impossibilità di sciogliere la Camera Bassa. La grave e singolare situazione verificatasi con Indira Gandhi, che ha per l’appunto permesso alla prima ministra di prolungare il suo governo, ha fatto sì che la costituzione venisse emendata e oggi è consentito ricorrere allo stato di emergenza solo nel caso di insurrezione interna intesa nel senso preciso di ribellione armata ( 44th Amendment Act) .
La delicata situazione delle Maldive
Una caso molto più recente e alquanto preoccupante è quello relativo alle Maldive, dove lo scorso 5 febbraio il presidente Abdulla Yameen ha proclamato lo stato di emergenza di durata iniziale di 15 giorni. La crisi politica nelle Maldive sta attraverso un momento molto delicato, dal momento che vede l’opposizione di due organi centrali per il funzionamento di uno stato, quali il governo e la Corte Suprema. La decisione di ricorrere ad una misura di tale entità è stata determinata, infatti, a seguito della decisione della Corte Suprema di scarcerare alcuni leader dell’opposizione, decisione presa dopo un equo processo. Il presidente ha parlato di cospirazione volta a destituirlo, motivo per cui è stato necessario prendere questa decisione e addirittura procedere all’arresto di due giudici della Corte Suprema.
Anche il Segretario Generale delle Nazioni Unite, il portoghese Guterres, si è detto “preoccupato” per quanto sta avvenendo nell’arcipelago dell’Oceano Indiano e ha esortato il governo a rispettare il primato del diritto procedendo il prima possibile alla eliminazione dello stato di emergenza, ma l’esortazione e le preoccupazioni della comunità internazionale non sono state placate, anzi, al contrario, si è deciso per un’estensione della misura a 30 giorni, nonostante sia chiara la condanna da parte dell’opposizione che giudica questa situazione “illegale”.
Gli esempi che sono stati riportati mirano e riescono a dare solamente in parte l’idea dell’uso e dell’abuso che viene fatto dello stato di emergenza, che come emerso può rappresentare un’arma decisiva per chi decide di ricorrervi. Inoltre è stata fatta solamente menzione dello stato di emergenza a seguito di disastri naturali, che però coincide con realtà completamente differenti sui cui non ci si è voluti soffermare.
Fonti e Approfondimenti:
https://www.aljazeera.com/news/2018/03/sri-lanka-imposes-state-emergency-communal-violence-180306080251131.html 7 marzo 2018
https://www.aljazeera.com/news/2018/03/sri-lanka-condemns-anti-muslim-violence-180311194229544.html 11 marzo 2018
https://www.aljazeera.com/news/2018/03/sri-lanka-lifts-state-emergency-ethnic-tensions-subside-180318065835616.html 18 marzo 2018
Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici, 1966, http://www.ohchr.org/en/professionalinterest/pages/ccpr.aspx
Costituzione Indiana, 1949, http://www.wipo.int/edocs/lexdocs/laws/en/in/in023en.pdf
https://www.aljazeera.com/news/2018/02/maldives-declares-state-emergency-crisis-deepens-180205153207323.html, 6 febbraio 2018
https://www.aljazeera.com/news/2018/02/maldives-extends-state-emergency-30-days-180220165006679.html, 20 febbraio 2018