La distruzione di siti archeologici e religiosi

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Ora dobbiamo capire che quando il patrimonio culturale è sotto attacco, anche le persone e i loro diritti umani fondamentali sono colpiti”. Queste parole sono state pronunciate da Karima Bennoune, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i beni culturali, a seguito dell’apertura preliminare di un processo da parte della Corte Penale Internazionale per il caso relativo a una presunta distruzione di beni culturali in Mali, a Timbuctù, nel 2012. La relatrice speciale rimarcava, inoltre, il fatto che la devastazione e la rovina del patrimonio archeologico e religioso da parte degli stati e di attori non statali deve essere una questione di interesse e di attiva preoccupazione per la comunità internazionale.

Nel marzo 2016 la Corte Penale Internazionale (CPI) ha iniziato il primo processo della storia relativo alla distruzione di beni culturali considerata come crimine di guerra. Nella fattispecie, si fa riferimento al processo contro Ahmad al-Faqi al-Madhi, estremista islamico accusato di aver distrutto, nel 2012, dieci luoghi sacri nella città maliana, alcuni dei quali annoverati tra i beni patrimonio dell’UNESCO. L’imputato si è poi autonomamente dichiarato colpevole davanti alla Corte e alcuni mesi dopo è stato condannato a nove anni di carcere. La straordinarietà della questione risiede nel fatto che per la prima volta nella storia la distruzione di beni artistici e religiosi sia stata riconosciuta e sia stata punita come crimine di guerra.

 

Le basi giuridiche della decisione della corte

Innanzitutto bisogna chiarire che cosa si intende per bene culturale. Una definizione chiara e completa è descritta nell’articolo 1 della Convenzione per la Protezione dei Beni Culturali in caso di Conflitto Armato, siglata nella città olandese dell’Aia nel 1954, dove essi vengono definiti come “beni, mobili o immobili, di grande importanza per il patrimonio culturale dei popoli, come i monumenti architettonici, di arte o di storia, religiosi o laici; le località archeologiche; i complessi di costruzione che, nel loro insieme, offrono un interesse storico o artistico; le opere d’arte, i manoscritti, libri e altri oggetti d’interesse artistico, storico, o archeologico; nonché le collezioni scientifiche e le collezioni importanti di libri o di archivi o di riproduzione dei beni sopra definiti.” A questo punto è interessante procedere e analizzare quali siano state le basi giuridiche sulle quali la Corte Penale Internazionale ha potuto procedere alla condanna di al-Madhi. Sono da considerarsi, in questo contesto, due articoli: il primo rintracciabile nella Convenzione di Ginevra, in particolare nell’articolo 53 del I° protocollo addizionale della Convenzione, e il secondo nell’articolo 8 dello Statuto di Roma.

L’art. 53 del I° protocollo prevede che:

                                       Protezione dei beni culturali e dei luoghi di culto
Senza pregiudizio delle disposizioni della Convenzione dell’Aja del 14 maggio 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, e di altri strumenti internazionali applicabili, è vietato:
a) compiere atti di ostilità diretti contro i monumenti storici, le opere d’arte o i luoghi di culto, che costituiscono il patrimonio culturale o spirituale dei popoli;
b) utilizzare detti beni in appoggio allo sforzo militare;
c) fare di detti beni l’oggetto di rappresaglie. 

Per quanto riguarda la seconda fonte, essa è inclusa nel documento di nascita della Corte stessa e ancora più precisamente all’articolo 8, che affida alla suddetta la competenza di giudicare sui crimini di guerra e, tra questi, al comma IV, fa esplicito riferimento a “distruzione ed appropriazione di beni, non giustificate da necessità militari e compiute su larga scala illegalmente ed arbitrariamente“.

Altri riferimenti importanti possono essere individuati nelle due Convenzioni del 1966, la Convenzione internazionale sui Diritti Civili e Politici e la Convenzione internazionale sui Diritti Economici Sociali e Culturali, dove è sancito che gli Stati contraenti devono proteggere le libertà dei cittadini e, nel caso di presenze di minoranze culturali o religiose, queste ultime devono godere della propria cultura e praticare liberamente la propria religione. Nella seconda delle due Convenzioni si legge, inoltre, che ognuno ha il diritto di prendere parte alla vita culturale, il che implica il diritto di tutti di accedere al patrimonio culturale e goderne. La distruzione di siti artistici e religiosi rappresenta, di conseguenza, una violazione di tale diritto.

Come si può intuire, questa sentenza è stata considerata, ed effettivamente indica, un nuovo inizio per la giurisprudenza della Corte in quanto rappresenta un precedente giudiziario e gli articoli che sono stati citati in precedenza hanno ottenuto una prima reale applicazione.

Il caso Mali è tornato qualche giorno fa sotto i riflettori quando, in data 31 marzo 2018, è stato consegnato dalle autorità maliane alla Corte Penale Internazionale Al Hassan Ag Abdoul Aziz Ag Mohamed Ag Mahmoud, capo della polizia islamica tra aprile 2012 e gennaio 2013, sospettato di crimini di guerra e contro l’umanità, tra cui la distruzione di siti sacri e l’applicazione di una politica di matrimoni forzati che ha causato schiavitù sessuale e violenza su donne e ragazze. Nuovamente la Corte ha fatto riferimento alla distruzione dei beni culturali come un crimine di guerra.

 

Casi irrisolti: Palmira, ALeppo e molti altri

Se da una parte il caso Mali ha rappresentato per la Corte e, più in generale, per il diritto internazionale un punto di partenza importante, dall’altra va notato che la Corte, dopo tale sentenza e fino al 31 marzo 2018, non è stata più incaricata di risolvere un caso relativo alla distruzione dei beni culturali e ciò non perché non vi siano stati avvenimenti tali. Purtroppo la lista è ricca e, solo per fare alcuni esempi, possono essere ricordati il tempio romano di Palmira in Siria e la città di Aleppo con la sua moschea degli Omayyadi, detta anche Grande Moschea di Aleppo.

Bisogna precisare che la Siria non ha mai ratificato lo Statuto di Roma e, di conseguenza, non è membro della Corte e ciò comporta per la Corte stessa l’impossibilità di avviare di propria iniziativa un’analisi sui crimini commessi in Siria o da parte di cittadini siriani. All’interno dello Statuto è stato, però, riservato un potere speciale al Consiglio di Sicurezza dell’ONU relativo alla possibilità per quest’ultimo di attivare la giurisdizione della Corte in relazione a situazioni particolari che hanno visto la violazione e la commissione di crimini a prescindere dal luogo in cui essi siano stati commessi o dalla nazionalità dei responsabili. Situazione, in ogni caso, difficile da sbrogliare a causa del blocco all’interno del Consiglio delle Nazioni Unite.

Per concludere, è importante considerare che la mancata presenza di colpevoli da portare a processo e la conseguente assenza di processi possono rappresentare un passo indietro non solo per la Corte Penale Internazionale ma, più in generale, per la giustizia internazionale e per tutta la comunità internazionale.

 

 

Fonti e Approfondimenti

Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, http://www.cirpac.it/pdf/testi/Statuto%20di%20Roma%20della%20Corte%20Penale%20Internazionale.pdf ,  17 luglio 1998

Convenzione Internazionale relativa ai diritti economici , sociali e culturali https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19660259/201503130000/0.103.1.pdf , New York 16 dicembre 1966

Convenzione Internazionale relativo ai diritti civili e politici, https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19660262/201110270000/0.103.2.pdf, 16 dicembre 1966

Protocollo aggiuntivo alle convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali, http://files.studiperlapace.it/spp_zfiles/docs/20041031182655.pdf , 8 giugno 1977

UN news, https://news.un.org/en/story/2016/03/523612-when-cultural-heritage-under-attack-human-rights-are-under-attack-un-expert, 4 marzo 2016

http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2018/04/01/mali-consegna-jihadista-a-cpi_69ec571f-fe03-4163-8c0e-9f4471ee85eb.html , 1 aprile 2018

https://www.31mag.nl/corte-penale-dellaja-caso-mali-consegnato-il-sospetto-al-hassan-e-accusato-di-crimini-di-guerra-e-contro-lumanita/, 4 aprile 2018

https://www.nytimes.com/2015/10/09/opinion/cultural-destruction-as-a-war-crime.html , 8 ottobre 2015

http://www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/DestructionShrines.aspx , 24 settembre 2012

peace palace library blog, https://www.peacepalacelibrary.nl/2018/04/mali-war-crimes-suspect-mr-al-hassan-makes-initial-appearance-before-the-icc/ , 5 aprile 2018

Convenzione per la Protezione dei Beni Culturali in caso di Conflitto Armato, http://unescoblob.blob.core.windows.net/documenti/cd7415bf-1146-4199-a573-4d7bab1f7e60/Convenzione_conflitto_armato_italiano%201954.pdf , L’Aia 1954

https://dirittointernazionaleincivica.wordpress.com/2017/06/06/i-crimini-contro-i-beni-culturali-dalla-condanna-di-al-mahdi-ai-crimini-culturali-in-medio-oriente/ , 6 giugno 2017

http://parentesistoriche.altervista.org/beni-culturali-diritto-internazionale/ , 14 ottobre 2017

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