Casta o classe? Origini ed evoluzione del sistema castale indiano

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Le recenti proteste delle comunità Dalit (comunemente noti come “intoccabili”) in diverse zone dell’India hanno riacceso i riflettori su un tema scottante e per nulla superato: le discriminazioni castali. Gli scontri che si sono susseguiti nelle ultime settimane testimoniano l’esistenza di tensioni sociali latenti ma ben radicate; la sentenza della Corte Suprema di indebolire alcune misure di protezione nei confronti delle caste più basse è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Gli interrogativi che sorgono al riguardo sono molti; come può un sistema che sembra così arretrato e tradizionale essere sopravvissuto sino ai giorni nostri? Ha ancora senso parlare di caste, come di un sistema retrogrado che va superato? Cosa vuol dire oggi appartenere a una casta, cosa comporta questa particolare forma identitaria?

Innanzitutto occorre precisare che il sistema castale così come lo conosciamo oggi non è lo stesso di sempre, ma ha anzi subito grandi modifiche soprattutto in tempi relativamente recenti. Esso viene spesso visto come elemento caratteristico della società indiana, che da sempre ne contraddistingue l’organizzazione. Se è vero che le origini di questa particolare forma di struttura sociale possono essere rintracciate più di tremila anni fa, non si trattava allora di un sistema così gerarchicamente rigido e statico; al contrario, vi sono diversi manoscritti che testimoniano una notevole mobilità sociale.

I testi religiosi indiani più antichi descrivono il sistema castale come base dell’ordine sociale, secondo il quale la popolazione Hindu viene suddivisa in quattro gruppi principali: Brahmini (traducibile più o meno come “sacerdoti”), Kshatrya (“guerrieri”), Vaishya (“commercianti”) e Shudra (“operai”, lavoratori manuali). In realtà esistono infinite altre caste e sotto-caste, almeno quattromila, a indicare l’estrema eterogeneità e frammentazione della popolazione indiana. Inoltre, tutto ciò non deve indurre a pensare che la società fosse così rigidamente divisa; questa struttura va contestualizzata, soprattutto poiché proviene da testi religiosi, che più che descrivere l’ordinamento della società si ponevano l’obiettivo di individuarne un ordine divino, in cui ogni persona occupasse il proprio posto e servisse la comunità tramite un compito ben preciso.

 

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La piramide del sistema castale indiano – Fonte: Wikimedia Commons

 

L’adozione del termine “casta” con l’accezione che le attribuiamo ancora oggi va tuttavia rintracciata nel periodo del colonialismo britannico. Al loro arrivo, infatti, gli inglesi si trovarono di fronte un vasto insieme di comunità frammentate, ognuna con una propria peculiare identità; non riuscendo ad inquadrare tale realtà, poiché troppo distante dal modello occidentale a cui erano abituati, decisero di adottare il concetto di “casta”, introdotto precedentemente dai colonizzatori portoghesi per indicare le diverse comunità indiane. Nell’ottica di un rafforzamento sempre maggiore del proprio dominio, gli inglesi irrigidirono dunque tale concetto, creando un sistema fortemente gerarchico, che li aiutasse a perseguire i propri scopi; essi infatti scelsero i Brahmini come propri alleati, conferendo loro grandi privilegi, per dominare il resto della popolazione (nonché la maggioranza), costituita dalle fasce meno abbienti, che lasciate a se stesse vennero marginalizzate sempre più.

In sostanza gli inglesi sovrapposero il loro concetto di classe sociale a quello di casta, in un contesto in cui l’appartenenza a una determinata comunità era sì una forma di identità, ma che non implicava rapporti di subordinazione così marcati tra un gruppo e l’altro; era dovuta alla propria occupazione, al proprio ruolo nella società, e come tale era più flessibile. Oggi la casta di appartenenza viene considerata ereditaria, inalterabile. E le conseguenze più gravi investono naturalmente chi da questo sistema è stato tagliato fuori o si trova nei gradini più bassi: le caste inferiori e i cosiddetti “fuori casta” (Dalit), condizione che riguarda oltre duecento milioni di indiani.

Particolare attenzione merita la situazione di tali caste inferiori, raggruppabili in Scheduled Castes (SC), Scheduled Tribes (ST) e Other Backward Castes (OBC); quest’ultima dai confini più incerti, ideata per classificare la popolazione non appartenente alle prime due. Alcuni studiosi hanno criticato questa etichetta, affermando che non si può usare la parola “arretratezza” per una casta, ma solamente in riferimento a una condizione socio-economica, e quindi a una classe sociale. Nel complesso, si tratta di circa il 40% della popolazione totale.

Casta e classe sociale sono comunque due concetti che non vanno confusi, seppur sembrino ormai inestricabilmente interconnessi. Non poche sono le storie di successo di Dalit che dal nulla sono arrivati a ricoprire alte cariche al governo o a diventare donne e uomini di successo in campo intellettuale e cinematografico, superando quei confini di casta considerati così spesso rigidi e invalicabili.

Inoltre è ormai noto che tra gli strati sociali più alti si instaurano più facilmente relazioni in base al proprio status socio-economico piuttosto che all’identità castale; allo stesso tempo, molti dei conflitti che avvengono nelle zone rurali del Paese vedono il contrapporsi di soggetti appartenenti alla stessa casta (solitamente Dalit), con i più poveri da una parte e chi è riuscito a ottenere un minimo di avanzamento sociale dall’altra.

A conferma di questa ormai ambigua accezione di casta basti sapere che tale sistema, tradizionalmente associato all’Induismo, in realtà riguarda la totalità della popolazione indiana.  La discriminazione supera infatti i confini delle diverse religioni; gli stessi musulmani hanno adottato una sorta di suddivisione che ricorda molto quella castale e perfino i cristiani indiani si identificano spesso come appartenenti a una determinata casta. 

L’articolo 15 della Costituzione indiana, entrata in vigore nel 1950, condanna ogni discriminazione su base castale: « Lo Stato non può discriminare nessun cittadino per motivi di religione, razza, casta, sesso, luogo di nascita», mentre l’articolo 17 abolisce formalmente l’intoccabilità dei Dalit: « L’intoccabilità è abolita e la sua pratica in ogni forma è proibita. L’applicazione di qualsiasi disabilità derivante dall’ “intoccabilità” sarà un reato punibile dalla legge». In aggiunta, per compensare la marginalizzazione subita negli anni dalle caste inferiori, con l’Indipendenza è stato introdotto un sistema di quote destinato a tali gruppi: esso prevede che il 22.5% degli impieghi pubblici sia riservato ai membri delle SC, ST ed OBC.

Oggi si assiste progressivamente a un declino dell’importanza delle caste. I matrimoni inter-castali sono un fenomeno in lieve aumento; secondo un’indagine dell’India Human Development nello scorso anno sono stati poco più del 5%.

Questo trend riguarda ancora una volta principalmente gli strati sociali più alti della popolazione, mentre le fasce più svantaggiate, specialmente nelle zone rurali, continuano a nutrire un attaccamento più forte alla propria identità castale; le politiche ad hoc e le quote riservate a questa componente della società non fanno che fomentare tale attaccamento.

Ciò che preoccupa è il modo in cui queste etichette identitarie vengono strumentalizzate dai politici, che possono contribuire al rafforzamento di tali divisioni all’interno della società. Spesso i discorsi elettorali fanno appello al senso di identità di determinate caste, promettendo loro benefici, quote riservate e altri privilegi; con la conseguenza che molti votano in blocco in base alla propria casta di appartenenza.

La casta viene oggi additata come concetto pre-moderno, antico e ormai superato, mentre la divisione in classi viene accettata in tutto il mondo come un dato di fatto. La differenza in India è ormai così sottile da venir spesso trascurata; i tentativi succedutisi nel tempo di superare il sistema castale miravano a combattere l’estrema frammentazione della società indiana, non a una sostituzione del concetto di casta con quello di classe. Se però ancor oggi il discorso politico ruota costantemente attorno a queste divisioni sarà impossibile raggiungere la coesione sociale tanto auspicata e il superamento di discriminazioni basate sulle proprie origini.

 

Fonti e Approfondimenti:

http://www.epw.in/journal/1999/27/perspectives/caste-itself-caste-and-class-or-caste-class.html

http://www.epw.in/journal/2016/50/discussion/caste-contemporaneity-and-assertion.html

https://www.foreignaffairs.com/reviews/capsule-review/2002-05-01/castes-mind-colonialism-and-making-modern-india

https://www.foreignaffairs.com/articles/india/2016-03-15/jats-and-new-caste-conflict

 

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