Un nuovo budget per l’Unione Europea

emiciclo del parlamento europeo
@Guilhem Vellut, Flickr.com, CC BY 2.0

Il 2 maggio la Commissione Europea ha presentato la sua proposta per il nuovo budget dell’Unione per il periodo 2021-2027. Il processo di approvazione sarà lungo e complicato, dati i numerosi interessi politici in gioco.

Cos’è l’MFF

Uno degli strumenti più importanti a disposizione dell’Unione Europea è il suo budget. Chiamato ufficialmente Quadro Finanziario Pluriennale – anche se in gergo è più comune trovarlo sotto l’acronimo inglese MFF, Multiannual Financial Framework – viene adottato all’unanimità dagli Stati Membri e copre un periodo di sette anni.

La sua durata è convenzionale e non stabilita dai Trattati: c’è infatti chi sostiene che sarebbe più opportuno accorciarla a cinque anni, in modo da uniformarla ad altre tempistiche comunitarie come le elezioni del Parlamento Europeo. Questo documento risulta particolarmente significativo, dato che va a stabilire quelle che saranno le priorità e gli obbiettivi perseguiti dall’Unione, allocando più o meno risorse ai diversi programmi nei vari settori politici.

Occorre precisare che il budget dell’Unione Europea non ha le caratteristiche dei normali budget nazionali. Non dovendosi occupare di questioni fondamentali quali la salute dei cittadini, la difesa dei confini e la stragrande maggioranza delle politiche sociali – controllate dagli Stati membri – risulta molto ridotto in termini relativi e rappresenta circa l’1% del Prodotto Interno Lordo dell’intera Unione. Inoltre, esso è inteso come un budget d’investimento, nel senso che di fatto viene interamente speso nei programmi che si propone di finanziare. Ogni eventuale volontà di risparmiare va stabilita in sede di definizione.

Il gioco del budget

Nella preparazione del budget la Commissione Europea gioca un ruolo politico di primo piano, in quanto spetta e lei iniziare le negoziazioni ufficiali presentando una proposta iniziale per l’MFF: questo primo passo è avvenuto il 2 maggio, con la presentazione da parte del Commissario per il Budget Günter Oettinger.

Il suo lavoro non è di natura esclusivamente economica, ma contiene anche una forte componente politica che rappresenta uno dei principali limiti all’efficacia del budget stesso. Le sue risorse infatti non vengono allocate solo tramite criteri oggettivi quali la massima efficienza possibile o il corretto livello di governance, ma a risultare determinante nelle negoziazioni finisce per essere la volontà dei singoli Stati membri di non “perdere” il gioco del budget.

Questo è dovuto dal modo in cui è finanziato il budget stesso. Le cosiddette “risorse proprie” tradizionali, che vengono riscosse dall’Unione senza effettuare un passaggio intermedio dagli stati membri, consistono nei dazi per i prodotti che attraversano i confini esterni e in tasse sull’IVA, ma rappresentano solo una percentuale minore del totale. Il grosso del budget è infatti coperto dalla terza risorsa propria, una tassa imposta sugli stati membri a seconda dal proprio Prodotto Nazionale Lordoin modo che gli stati più grandi e ricchi paghino di più. Perciò gli stati cercano di sborsare il meno possibile o di ottenere quanti più fondi riescono, a seconda della propria situazione.

Date queste premesse, è dunque semplice individuare le diverse fazioni che compongono lo scacchiere del budget. La linea di frattura principale è quella che divide il gruppo cosiddetto “frugale” da chi invece preferirebbe che il budget europeo si ingrandisse. Se i primi pongono l’accento sull’efficienza, sostenendo come non ci sia bisogno di aumentare i contributi nazionali per poter “ottenere di più spendendo meno” e che siano necessarie profonde riforme strutturali per l’MFF, i secondi considerano i fondi europei fondamentali per la propria crescita e per colmare il divario che ancora esiste tra le varie regioni europee.

Non sorprende dunque che il primo gruppo (Paesi Bassi, Danimarca, Austria e Svezia), sia composto da contributori netti. Ciò vuol dire che la cifra che questi versano per il budget comunitario è superiore a quella che viene reinvestita nei loro territori. Al contrario, i secondi sono riceventi netti e vedono nei fondi europei un guadagno cui non sono disposti a rinunciare. La logica si basa sul fatto che gli stati più ricchi spendano di più in segno di solidarietà a quelli più poveri, dato che la crescita economica degli stati membri più deboli implica un guadagno per tutta l’Unione, al di là della logica delle posizioni nette di bilancio.  Sebbene nessuno metta in formalmente in dubbio questo concetto, passare dalla solidarietà espressa a parole a quella effettiva è sempre difficile.

La proposta della Commissione

Occorre a questo punto esaminare la proposta presentata da Oettinger il 2 maggio, tenendo conto che non si tratta di un documento finale, ma di una base per le prossime negoziazioni.

Le due voci principali riguardano la cosiddetta Politica di Coesione, il cui scopo è di colmare il divario economico tra le diverse regioni europee – anche all’interno di stati membri ricchi: il Sud Italia è uno dei grandi beneficiari di tali fondi – e la Politica Agricola Comune, che sostiene i redditi degli agricoltori europei, di norma inferiori a quelli del resto dei lavoratori. Si tratta di due politiche tradizionali e redistributive: ciò vuol significa che non vanno a creare direttamente un valore aggiunto, ma che piuttosto spostano denaro da paesi più ricchi a più poveri.

Specialmente la PAC è da sempre fortemente criticata. Molti sostengono che il denaro versato a Bruxelles per la PAC si limiti a ritornare negli stati membri nelle medesime quantità per non causare problemi politici.  Ciò implica una perdita di tempo, un inutile passaggio burocratico e una perdita di efficienza, dato che i singoli stati hanno meno libertà di investire tali fondi – pur conoscendo meglio le proprie dinamiche regionali. Senza contare gli effetti negativi per le economie dei paesi in via di sviluppo né che i principali beneficiari sono le aziende agricole più potenti. Gli stati membri più poveri sono refrattari a tagli a queste due voci, specialmente a quelli alle politiche di coesione.

Nonostante ciò, la proposta della Commissione prevede una riduzione di circa il 5% per entrambe, in modo da coprire parte del vuoto lasciato dal Brexit e da finanziare altri progetti orientati a modernizzare il budget. Più investimenti verrebbero infatti destinati all’innovazione, alla digitalizzazione e al completamento del mercato unico, con tanto di raddoppiamento dei fondi Erasmus+. La maggior parte degli studiosi considera positivi maggiori investimenti europei nell’innovazione, dato che progetti su scala continentale – come il satellite GALILEO – richiedono una cosiddetta massa critica di fondi notevole, raramente alla portata dei singoli stati membri.

Una voce interessante è quella relativa ai fenomeni migratori e alla gestione dei confini: lo stanziamento qui è di 33 miliardi di euro per il periodo 2021-27, quasi triplicato rispetto ai 12 miliardi dello scorso MFF. Il motivo è chiaro e legato alla crisi migratoria iniziata nel 2015; ciò che stupisce è l’idea della Commissione di creare un corpo di 10.000 guardie costiere europee a partire dalle attuali 1.200 unità. Come in altri casi, gli stati interessati – Italia e Spagna in prima posizione – hanno criticato la scelta, preferendo ricevere fondi per poter poi gestire i confini a livello nazionale piuttosto che vedere la propria autorità scavalcata da corpi europei, con potenziali conseguenze negative per l’efficacia degli interventi.

I fondi legati alle dimensioni esterne rimarranno in larga parte invariati, con le novità principali rappresentate da una drastica semplificazione dei programmi disponibili, con undici di loro accorpati in un unico strumento, e dall’inclusione del Fondo di Sviluppo Europeo (EDF), finora gestito dagli stati membri, all’interno del budget.

Una proposta accettabile?

Considerate le ampie differenze all’interno dell’Unione, è chiaro come la Commissione debba cercare un punto mediano che possa essere un compromesso per tutti. Che il budget non verrà diminuito, come chiedono i “frugal four”, sembra essere certo: il loro leader storico, la Germania, si è schierato a favore dell’aumento del budget. Allo stesso tempo, tutti sembrano essere scontenti: i più ricchi vedono di buon occhio i tagli a coesione e PAC, ma non gradiscono l’aumento complessivo, mentre l’esatto opposto accade nei paesi più poveri, che condannano la “mancanza di ambizione” della Commissione nel proporre tagli alle politiche tradizionali.

A ciò si aggiunge il tentativo della Commissione di legare lo stanziamento di fondi al rispetto dei principi democratici dell’Unione: una stoccata ben poco celata nei confronti di Polonia e Ungheria, le cui crisi di legalità sono oggetto di grave preoccupazione a Bruxelles. Allo stato attuale quindi, dato il requisito dell’unanimità, quest’ultima proposta è con molta probabilità destinata a fallire, anche se non è da escludere che la Commissione possa trovare dei modi per aggirare il problema.

Nel complesso la proposta della Commissione, con le dovute modifiche, potrebbe essere approvata senza troppi stravolgimenti. Ciò che sembra certo è che le tempistiche sforeranno la deadline proposta da Ottinger per il prossimo maggio, quando si terranno le elezioni del Parlamento Europeo.

 

Fonti ed approfondimenti:

Commissione Europea  –  Un bilancio moderno al servizio di un’Unione che protegge, dà forza e difende

POLITICO  –  Commission to propose €1.279T EU budget

 

 

 

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